EDITORIALE
Massimo A. Alberizzi
31 dicembre 2015
Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari appena arrivato il potere nello scorso maggio aveva solennemente promesso di sconfiggere al più presto i terroristi di Boko Haram. Aveva perfino fissato una data: entro il 31 dicembre. Aveva aggiunto anche alcuni dettagli, come l’impegno a riportare a casa le 275 studentesse rapite a Chibock il 14 aprile del 2014.
Ieri ha sostenuto – ma senza alcuna enfasi – che i jihadisti “sono tecnicamente sconfitti”, elegante allocuzione per ammettere che per ora la battaglia è perduta ed ad avere la meglio sono stati gli avversari.
E’ vero che i militanti di Boko Haram sono stati cacciati da città e villaggi e non controllano più fette di territorio che prima amministravano con il pugno di ferro, ma è anche vero che in Nigeria, specialmente nel nord lo stillicidio di attentati quotidiani continua imperterrito. L’altro ieri l’ultimo: una ragazzina ha fatto saltare la sua cintura esplosiva in un mercato. I morti sono quindici e i feriti altrettanti.
Ieri i quotidiani nigeriani cercavano di spiegare ai loro lettori perché, nonostante gli stanziamenti a favore dell’esercito e della polizia, la guerra al terrorismo ha perso le sue battaglie. I commenti erano tutti unanimi: il problema è la corruzione dilagante. Gran parte del denaro stanziato per addestrare le squadre antiterrorismo e per dotarle di nuovi e sofisticati armamenti non è arrivato a destinazione ma si è fermato nelle tasche ( e nei conti all’estero, aggiungiamo noi) di politici e generali sempre famelici nel distrarre fondi pubblici. Incurante del fatto che la struttura sociale nigeriana si sia disintegrata la classe dominante nigeriana si è arricchita e continua ad arricchirsi a dismisura.
Militari corrotti vendono armi ai terroristi, i quali le usano per compiere attentati. È un circolo vizioso che continua giorno dopo giorno. Il presidente Buhari non riesce a bloccare questa contiguità tra militari e terroristi.
Americani, francesi e comunque gli occidentali, tempo si sono offerti di aiutare il governo nigeriano a individuare e distruggere i covi dei fondamentalisti. Hanno messo a disposizione i loro sofisticati mezzi di indagine, anche aerea, una collaudata rete di intelligence, nonché un piccolo nucleo di addestratori.. Si sono sentiti rispondere con un cortese e secco diniego, ma soprattutto ostentando un grande orgoglio di facciata che nasconde complicità con il terrorismo: grazie facciamo da soli. Il terrorismo non si combatte così.
Massimo A. Alberizzi
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I Boko Haram nigeriani scendono in Libia per dar manforte ai miliziani dell’ISIS