Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
Milano, 18 novembre 2015
La parabola di Lamine Diack sembra ricalcare fedelmente le 4 fasi del salto in lungo: rincorsa, stacco, volo e atterraggio.
RINCORSA – È nato il 7 giugno 1933 a Rebeus, uno dei più antichi, popolari e popolosi quartieri di Dakar, a poca distanza dal centralissimo Le Plateau. Rebeus è noto anche per l’omonimo carcere dove è rinchiuso , per corruzione, Karim Wade, figlio dell’ex presidente Abdoulage Wade . In questa prigione alla fine dello scorso ottobre un gruppo di detenuti ha iniziato lo sciopero della fame per protestare contro le lunghe e immotivate carcerazioni preventive, le condizioni disumane e il superaffollamento: costruito per accogliere 800 persone, ne ospita quasi 2400.
La partenza di Diack è, sia detto con tutto il rispetto, ad handicap. Diack , infatti, soffre fin da piccolo di una forma di rachitismo. Eppure si butta nello sport: scende in campo, come calciatore, e, poi, in pista, come saltatore . Riesce a conquistare un titolo di campione di Francia con 7,63 metri nel 1958 (l’indipendenza del Senegal risale al 1960) e a conservare il record del salto per 3 anni nell’Africa occidentale con un primato personale di 7,72 nel 1959, quando vince le Universiadi francesi.
“Come ho potuto io, Lamine Diack, il rachitico – scherzava nell’agosto scorso con un giornalista di “Jeune Afrique ” – divenire campione di Francia di salto in lungo?”. Il suo sogno di partecipare alle Olimpiadi di Roma nel 1960, però, sfuma a causa di un incidente a un ginocchio. Il futuro “Presì” deve interrompere la sua carriera agonistica.
LO STACCO – L’incidente non lo demoralizza. Lamine cambia terreno, entra nel calcio. E avviene lo “stacco” dalla pista per fare l’ingresso nel campo non meno impegnativo della carriera dirigenziale sportiva. Nel 1963-1964 è direttore tecnico del forte club Foyer France Senegal (l’attuale Asc Diaraf Dakar) , quindi presidente (lo resterà fino al 1994); poi dirige i ” Leoni della Teranga”, ovvero la nazionale calcistica, dal 1964 al 1968, con la partecipazione a due coppe d’Africa delle Nazioni e l’approdo in finale nel 1968. Nel 1974 entra nel Comitato olimpico senegalese, di cui diventa presidente nel 1985. (Questa carica la terrà fino al 2002). E’ la prima presidenza, cui ne seguono molte altre, che alla fine giustificheranno l’appellativo affibbiatogli di “Presì”, presidente per eccellenza.
IL VOLO – E’ proprio negli anni ’70 che Lamine prende il volo. Un’ascesa inarrestabile: i suoi modi felpati, la sua semplicità lo portano a conquistare consensi anche al di fuori dello sport. E così diventa sindaco di Dakar dal 1978 al 1980, deputato dal 1978 al 1993, fra le fila del partito socialista di Leopold Sèdar Senghor e due volte ministro, oltre che vicepresidente della Camera dei deputati.
Contemporaneamente alla carica di primo cittadino occupa quella di presidente della Federazione di atletica del Senegal (1974-1978) e (1985-2002) del Comitato nazionale olimpico. Non solo: nel 1973 comincia la sua lunga presidenza della confederazione d’ atletica dell’Africa, (la lascerà nel 2003).
Nel 1976 entra nel Comitato esecutivo dell’Iaaf e nel 1991 sale alla vicepresidenza. Nel 1999 succede, per acclamazione, all’italiano Primo Nebiolo, deceduto improvvisamente dopo ben 18 anni di comando della Associazione internazionale di atletica. La sua elezione venne definita storica. Era stato scelto per la prima volta un africano a dirigere una grande federazione sportiva internazionale, che, dalla sua fondazione (1912), era stata retta solo bianchi europei.
Un lungo regno di 16 anni in cui Diack si vanta di aver mondializzato la disciplina, di averla aperta all’Africa e all’Asia, di averla allargata alle donne e di aver riempito d’oro le casse dell’organismo : le sponsorizzazione e le vendite dei diritti televisivi hanno portato un miliardo di euro e le riserve finanziarie della Iaaf (che ha sede a Monaco di Montecarlo, nello stupendo palazzo Belle Epoque Villa Miraflores) a 67 milioni di dollari. “Quando nel 1976 sono entrato nella Iaaf – ricordò Diak in agosto tracciando un bilancio del suo mandato con l’agenzia France Presse – la sfida impegnativa era la democratizzazione della istituzione e lo sviluppo dell’atletica nel mondo partendo dal suo nucleo europeo e nordamericano.
Nel 2015 penso che, con 214 federazioni nazionali, ciascuna delle quali al congresso dell’Iaaf può contare su un voto, questo obiettivo sia stato raggiunto. Ai Giochi Olimpici e ai Campionati mondiali non c’è stato nessun altro sport che abbia avuto così tanti paesi finalisti e medaglie. Sono fiero che l’Atletica sia diventata lo sport più universale”.
E Diack ha potuto sciorinare i suoi successi, soprattutto favorendo la diffusione dell’atletica in Asia con i campionati mondiali in Giappone (Osaka, 2007) , Corea del Sud (Daegu, 2011), Cina ( 2015, Pechino). L’apertura verso l’immenso mercato asiatico ha portato a considerare i suoi tre lustri passa di governo “una parentesi dorata sul terreno della mondializzazione”.
Durante questa parentesi anche “monsieur le Presì” ha vissuto, giocoforza, una vita dorata fra i gran galà di Montecarlo, incontri con figure mondiali (Putin nel 2011), dirigenti delle multinazionali (Adidas, sponsor in Corea), banche (la russa Vtb altro sponsor in Corea). Tanto attivismo gli è stato universalmente riconosciuto con prestigiose onorificenze : da commendatore dell’Ordine del Leone, senegalese, a grand’ufficiale del Gabon e della Repubblica Centroafrica, dell’Ungheria, a cavaliere della Legion d’Onore della Francia…e altre ancora.
L’ATTERRAGGIO – “Sogno una vecchiaia serena, intento a curare i miei nipotini, a recarmi ogni mattina in moschea, a leggermi il giornale. E a scrivere, dato che ho una lunga storia da raccontare considerando le esperienze sportive e politiche vissute. Mi impegnerò anche per lo sport nelle scuole. C’è tanto da fare in Senegal. Ad esempio recuperare lo stadio del liceo Lamine Gueye di Dakar: qui Pape Gallo Thiam ha battuto il record di salto in alto nel 1950. Ora è un campo di patate”.
Così parlava, in agosto, alla vigilia della conclusione del suo mandato, le “Presì”, intervistato da Jeune Afrique. Era stato già lambito dalle inchieste della tv tedesca Ard e dal quotidiano britannico Sunday Times che accusavano l’Iaaf di lassismo nei confronti di almeno 800 atleti drogati. Un altro scandalo lo aveva sfiorato ancor prima quando era stato tirato in ballo una prima volta, il figlio Papa Massata Diack, 55 anni, che ricopriva in seno alla IAAF l’incarico di responsabile del marketing. Nel dicembre 2014, Massata si era dovuto dimettere perché accusato di corruzione: avrebbe coperto, in cambio di soldi, atleti russi “bombati”.
Mai, però, “monsieur le Presì” avrebbe immaginato di finire lui stesso nel mirino della procura nazionale francese con due accuse gravissime, che gettano ombre fosche sulla sua luminosa carriera. Corruzione e riciclaggio. Ma può una figura così imponente passare impunemente dai massimi onori alla massima infamia? No, la famiglia, il Senegal tutto si è ribellato. Anche nel nome della Negritude (Senghor insegna).
(continua 2)
Costantino Muscau
c.muscau@alice.it
Crediti foto:
Lamine Diack
“Lamine Diack Doha 2012” di Doha Stadium Plus Qatar from Doha, Qatar – Lamine Diack. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.
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