Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
Milano, 16 novembre 2015
L’atterraggio rischia di essere rovinoso. Un mito sportivo africano dopo una lunga rincorsa, uno stacco prodigioso e un volo eccezionale potrebbe crollare miseramente.
Lamine Diack, ex campione senegalese di salto in alto, primo presidente non europeo della Associazione internazionale delle Federazioni di Atletica (Iaaf), ha forse fatto il passo, anzi il salto, più lungo della gamba?
A 82 anni, al termine di una carriera sportiva, politica e dirigenziale ai massimi livelli locali e mondiali, deve difendersi da un’imputazione infamante: aver coperto, o peggio, ricattato, atleti russi dopati in cambio di molto denaro. Chi dice 200mila euro, chi (come il quotidiano sportivo francese L’Equipe) addirittura 1 milione di euro.
È stato sottoposto a controllo giudiziario, ma gli è stata concessa la libertà, dopo 36 ore di arresto, dietro versamento di una cauzione di 457 mila euro, con l’obbligo di non lasciare la Francia. In più la commissione etica del Comitato olimpico internazionale ha chiesto la sua sospensione provvisoria. E lui si è dimesso dalla carica di membro onorario del Comitato.
Mercoledì 4 novembre scorso questo distinto, massiccio signore dai capelli cotonati, vero “collezionista” di presidenze e onorificenze, è finito sotto il tiro della magistratura “esagonale” (come sarcasticamente l’ha definita un quotidiano senegalese) per “corruzione passiva e riciclaggio aggravato”.
Il Sepp Blatter nero è stato tirato dentro l’inchiesta aperta in Francia dopo la segnalazione della Agenzia mondiale antidroga e che in questi giorni sta facendo tremare il mondo dell’atletica russa, e non solo russa.
Da boss onnipotente per 16 anni dell’Atletica mondiale (ecco perché è stato paragonato allo svizzero patron del calcio mondiale) a boss del malaffare – secondo il procuratore nazionale parigino per i reati finanziari e il giudice istruttore antitangenti Renaud Van Ruymbeke – in nome di quello sport che proprio lui, Diack, o monsieur “Le Presì” (come era chiamato) voleva e predicava pulito.
“Il doping è un flagello, una vera calamità – dichiarava nell’agosto scorso Lamine Diack, che durante i suoi tre mandati presidenziali consecutivi (un record, battuto solo dal suo predecessore, l’italiano Primo Nebiolo) era riuscito a imporre il passaporto biologico – Quando la gente comincia a dubitare di quello che vede, lo sport è morto”. In realtà, sono la sua vicenda e la collegata inchiesta dell’Agenzia antidoping mondiale (Wada) sull’atletica russa a mettere in serio pericolo sia la credibilità della regina dello sport moderno sia l’onore e la dignità del Senegal, di cui era un fiore all’occhiello, sia della sua famiglia.
Eh sì, perché, monsieur le Presì è sospettato di essere al centro di una rete di corruzione internazionale assieme a due dei suoi 15 figli: Papa Massata e Khalil. Con la complicità – sostiene l’accusa – di Habib Cissè, avvocato di origine senegalese affermatosi a Parigi, consigliere giuridico del Presidente; di Gabriel Dollè, un ultrasettantenne medico ex responsabile del programma antidoping dell’Iaaf di Valentin Balakhnicev, già presidente della federazione russa di atletica nonché ex tesoriere dell’Iaaf; e di Alexey Melnikov, allenatore degli atleti di Mosca.
Tutto sarebbe partito nel 2011 quando Pape Massata avrebbe recuperato la lista degli atleti russi sospettati di essersi dopati. Avrebbe passato, quindi, l’elenco alla Federazione russa di atletica, che se ne serve per ricattare i “drogati”: “Se pagate vi copriamo le anomalie nel passaporto biologico e presso l’Iaaf e quindi non sarete squalificati”. Un esempio concreto: la maratoneta Lilya Shobukova avrebbe versato, in tre rate, ben 569 mila dollari, tra gennaio e luglio 2012, all’allenatore Alexey Melnikov.
Il denaro – secondo l’accusa – passava per Singapore in una società di Papa Massata Diack. Poiché – sostiene sempre l’accusa – i principali collaboratori del Presidente erano implicati in questo circuito, Lamine Diack non poteva non sapere.
Di fronte a sospetti così gravi e incredibili su un uomo che ha fatto dello sport pulito suo vanto e bandiera, il quotidiano britannico Independent ha commentato : “Talvolta un’accusa è così vergognosa che trascende la vergogna stessa. Se Lamine venisse giudicato colpevole, supererebbe la più torbida delle canaglie”.
(continua 1)
Costantino Muscau
c.muscau@alice.it
Crediti foto:
Lamine Diack
“Lamine Diack Doha 2012” di Doha Stadium Plus Qatar from Doha, Qatar – Lamine Diack. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.
Mappa del Senegal
“Sg-map” di Dubaduba – CIA Worldfactory. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
“Senegal (orthographic projection)” di Flappiefh – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
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