Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 9 novembre 2015
Il Burundi è sull’orlo del baratro. L’ultimatum del presidente Pierre Nkurunziza ai dissidenti di consegnare le armi se non vogliono essere trattati da traditori e nemici dello Stato, è scaduto sabato a mezzanotte e immediatamente sono cominciati i rastrellamenti nei quartieri di Bujumbura abitati dal tutsi.
Le forze speciali sono andate casa per casa, ma – secondo fonti contattate nella capitale – gli agenti non hanno trovato nessuno: la popolazione è fuggita in massa per evitare di essere massacrata. Si devono registrare però nove morti in un bar dove un commando armato è entrato sparando all’impazzata.
La situazione ricorda quella del Ruanda, il Paese limitrofo che presenta la stessa composizione etnica del Burundi, maggioranza hutu e minoranza tutsi, dove in 100 giorni i radicali hutu sterminarono quasi un milione di tutsi e di hutu moderati.
E proprio dal Ruanda il presidente Paul Kagame, tutsi che nel ’94 vinse la guerra contro gli hutu bloccando il genocidio, è arrivato un avvertimento al suo omologo burundese Nkurunziza. Se inizia il massacro, ha velatamente minacciato Kagame, le truppe ruandesi, militari bene equipaggiati e addestrati, interverranno.
Gli stessi suoi amici hutu hanno tentato un colpo di stato (fallito) per bloccare le sue aspirazioni. Anche la comunità internazionale ha criticato il leader che comunque se n’è infischiato dei consigli di lasciar perdere. Stanotte rischia di essere decisiva. Nei giorni scorsi si sono sentite dichiarazioni inquietanti, che ricordano quelle sentite in Ruanda nel 1994: “Li distruggeremo, li annienteremo, li ammazzeremo tutti”. A Bujumbura si teme che i massacri possono cominciare da un momento all’altro.
Massimo A. Alberizzi
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