Allarme attentato in Kenya: gli shebab pronti a colpire un obbiettivo clamoroso

Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 29 ottobre 2015

La polizia del Kenya ha lanciato un avvertimento su possibili imminenti attacchi terroristici contro obiettivi civili e sensibili nel Paese, da parte del gruppo al Shebab che opera dalla Somalia ma ha anche importanti cellule segrete nell’ex colonia britannica. Le forze dell’ordine keniote sono state messe in stato d’allerta, hanno confermato ad Africa ExPress fonti del ministero dell’Interno a Nairobi.

Secondo quanto è emerso dalle indagini dello spionaggio keniota, potrebbe essere colpita una caserma dell’esercito o della polizia o un ministero in una regione periferica o anche nella stessa Nairobi. I terroristi vogliono compiere un’azione dimostrativa per far vedere che sono ancora ben presenti e radicalizzati in Kenya. Insomma sembrerebbe che stiano preparando qualcosa di eclatante, tipo l’attacco del Westgate del settembre 2013.

In un rapporto che Africa ExPress ha potuto leggere si dice che i terroristi potrebbero scegliere un obbiettivo clamoroso problematico da difendere e dove l’invio di rinforzi o assistenza medica può essere complicato. L’attacco potrebbe essere preceduto dall’esplosione di uno o più veicoli imbottiti di petrolio seguito dal rapido dispiegamento di un commando armato con mitra e fucili automatici.

Una visita a Eastleigh, il quartiere somalo di Nairobi dove gira un fracasso di armi e dove, come sostiene qualcuno, si nascondono diversi terroristi, mostra comunque che la capitale è calma e tranquilla. La gente si assiepa nelle strade e non fa nessuna particolare attenzione al “muzungu”, cioè al bianco, che passa. Al New Hotel Milano che è anche ristorante, nel centro del rione, si mangiano le specialità dell’ex colonia italiana compresa la pasta al pomodoro (devo dire che non è particolarmente invitante) e il pollo arrosto con patatine fritte (idem). Gli avventori sono tranquilli mentre in altre occasioni (come durante l’attacco al Westagate) la tensione si tagliava con il coltello e una certo timore attanagliava anche il cronista.

Poco lontano dal “Milano” c’è la moschea Abubakar, frequentata dai più duri e puri fedeli di Allah e dove la polizia ha fatto diversi rastrellamenti alla ricerca di terroristi e loro fiancheggiatori. Dicono che lì i sermoni dei predicatori alle funzioni del venerdì siano particolarmente violenti e agitino con una certa foga gli animi. Hassan, il manager (come si autodefinisce), è gentile e cortese, ma non si lascia sfuggire una parola sui frequentatori del tempio.

Spiega che si deve parlare con il comitato spirituale, con il portavoce, o qualcuno degli imam. Nessuno comunque è presente e lui ribadisce di non saper niente. Alla domanda, lo so, banale, “Ci sono terroristi qui?”, sorride con aria sorniona e scoppia a ridere muovendo il braccio destro come per ricacciare indietro la questione: “No, certo che no; noi non ci occupiamo di queste cose!”.

Anche nella moschea Jamia, nel centro di Nairobi, tutto è calmo e tranquillo e non c’è segno di tensione. A mezzogiorno è gremita per la preghiera. Non ci sono pericoli. Ma c’è una cosa cui si deve stare molto attenti: che non ti rubino le scarpe da lasciare, è un obbligo, all’ingresso.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

Le foto scattate a Eastleigh e al City Market, vicino alla moschea Jamia, sono di Luca Noto

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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