Speciale per Africa ExPress
Barbara Ciolli
25 ottobre 2015
Dal Senegal al Burkina Faso della difficile transizione al deposto presidente Blaise Compaoré, al Kenya, alla Guinea e alla lunga catena di Stati senza libertà d’espressione, contro la censura. Gli hacker di Africtivistes, una 70ina di esperti della Rete tra blogger e mediattivisti di 27 Paesi africani e anche qualche specialista e appassionato europeo, si ritrovano a Dakar dal 26 al 28 novembre per fondare la Lega africana per la democratizzazione (il manifesto:http://www.africtivistes.org/!/index.php/les-africtivistes/les-web-activistes-d-afrique-a-dakar).
Mente e iniziatore della start up è il senegalese Cheikh Fall (nella foto), web manager, giornalista e blogger, “hacker civile” come ama definirsi, che per le Presidenziali del 2012, con una ventina di blogger, ha lanciato la piattaforma informatica Sunu 2012 per monitorare sulla trasparenza del voto. Dopo le elezioni, l’osservatorio neutrale è diventato una finestra di controllo aperta ai cittadini, per vigilare su tutti i processi democratici in Senegal: verificare l’operato del governo, seguire l’agenda delle promesse. Poi, esportare la cyber democratizzazione fuori.
Per Cheikh Fall, che ha presentato il suo progetto in Italia all’Internet Festival, le nuove tecnologie sono un canale molto efficace in Africa per diffondere informazioni e formare coscienze e attivismo civile, “in pochi immaginano che esiste più di una carta sim per abitanti del continente, l’utenza di telefonia mobile è superiore al 100%”, spiega ad Africa Express. La digitalizzazione e l’accesso a Internet restano appannaggio di pochi. Ma, nel bene e nel male, i giovani che studiano sono molto attratti e stimolati dall’informatica, e in Africa esiste una realtà vivace di sviluppatori di software e start-up interessanti.
Computer e smartphone sono per gli africani quello che nel Secondo dopoguerra è stata la tivù per gli occidentali. “Per i governi che non vogliono cittadini consapevoli, liberi di votarli o no, gli hacker sono i nuovi terroristi. La libertà d’informazione uccide i regimi, e per questo attivisti come me sono stati feriti alle manifestazioni in Kenya, tempo fa anche in Senegal. In Congo i giornalisti sono stati picchiati e arrestati”, racconta Cheikh Fall “la piattaforma lanciata in Guinea dove stanno imparando centinaia di blogger è stata hackerata”.
Capita molto spesso in Africa che un sito con informazioni scomode sulla politica e sullo stato del Paese sia oscurato. “La sorveglianza elettronica è molto stretta. Un giornale può sparire dalla Rete con un attacco informatico o essere censurato dalle autorità, è molto frequente. L’accesso a Internet viene tolto. Anche in Camerun, per esempio”, continua, “è limitato, non si vuole che la gente apra gli occhi e cambi lo status quo”. Ma i web attivisti possono fare la differenza, i nuovi mezzi di comunicazione sono più forti dei boicottaggi e anche lentamente ampliano l’accesso alle informazioni.
Per Cheikh Fall è Internet la strada da battere per cambiare l’Africa, risvegliare la popolazione contro i golpe tentati, come in Burkina Faso, e creare sviluppo economico. Certo, l’illegalità diffusa e la mancanza di regolamentazione hanno creato centrali di spam e frodi informatiche che dall’Africa mietono vittime anche in Europa. Ma il continente delle riserve di coltan e delle discariche di computer veicola un sistema di mobile-banking sorprendentemente capillare: alla casse si può pagare con un sms, dai cellulari si trasferiscono piccole somme che raggiungono i villaggi rurali più sperduti, spingendo anche l’economia del microcredito.
Innovazione e tradizione camminano vicine, Facebook è un social network molto usato e gli Africtivistes scommettono sulla rivoluzione digitale. In Guinea, dove si è votato questo ottobre, è in corso un loro progetto di monitoraggio elettorale. Altri gruppi di hacker civili, come gli Ushaidi in Kenya e i Lwili in Burkina Faso, sono in azione.
Barbara Ciolli
barbara.ciolli@tin.it
@BarbaraCiolli
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