Speciale per Africa ExPress
Blessing Akele
Milano, 1° ottobre 2015
Come promesso il presidente della Nigeria, Mohammadu Buhari, ha presentato ieri la lista dei ministri che comporranno il gabinetto del suo governo. Aveva promesso che entro il 30 settembre 2015, avrebbe indicato i nomi e così è stato. La notizia è stata diffusa del portavoce del capo dello Stato, Femi Adesina, che ha parlato da New York, dove Buhari si trova per partecipare ai lavori dell’Assemblea generale dell’ONU.
Scorrendo la lista dei futuri ministri, si apprende che il presidente ha tenuto per sé (come abbiamo già scritto subito dopo il suo insediamento, il 29 maggio 2015 http://www.africa-express.info/2015/06/14/nigeria-promesse-parole-e-annunci-nelle-parole-del-nuovo-presidente-buhari/ ) il dicastero del Petrolio. L’aveva anticipato e ha mantenuto la promessa.
E’ bene ricordare che Buhari ha giurato di combattere senza quartiere la corruzione endemica nel Paese e ritiene che l’unico modo per incidere significativamente sia quello del suo diretto coinvolgimento nella gestione del settore petrolifero che incide per il 90 percento delle risorse economiche nigeriane ed è la prima e principale fonte di degenerazione del sistema politico. Come ministro delle risorse petrolifere, dice di voler combattere l’emorragia che affligge le entrate dovute alle royalty perché non finiscano più nei conti all’estero dei politici e dei burocrati corrotti ma siano spese realmente per la collettività.
La Nigeria National Petroleum Company (NNPC), solo nel 2014, ha sottratto alle casse dello Stato qualcosa come 20 miliardi di dollari. Quell’enorme montagna di denaro, sparito nelle mani di pochi potentati corrotti che spesso agiscono con il sostegno delle banche estere, avrebbe potuto essere impiegato per creare servizi e strutture per i cittadini, tra i più poveri del pianeta.
Il presidente Buhari, ex militare, ex dittatore e oggi democratico convinto, ha contribuito a fondare la società petrolifera nigeriana, NNPC nel 1977, ricoprendo egli stesso la carica di ministro del petrolio, sotto il regime dittatoriale di Olusegun Obasanjo. Successivamente, negli anni ’90, è stato a capo del Petroleum Trust Fund (PTF), sotto il regime del sanguinario dittatore Sani Abacha.
Buhari, è stato molto cauto nella scelta dei ministri (la lista dovrà essere approvata dal parlamento nei prossimi giorni), tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Baba go-slow” (papà lumaca). Tra le altre novità, vi è la riduzione dei numeri dei dicasteri. Dal “poltronificio” che era, sotto la presidenza del suo predecessore Goodluck Jonathan, ora il numero è decisamente ridotto. Il presidente aveva per primo dato il buon esempio, obbligando il suo emolumento e ordinando ai capi tradizionali, gli oba, gli enogie, gli obi, i sultani, di fare altrettanto.
La Nigeria, che in questi giorni ha negato l’ingresso al segretario della Lega Matteo Salvini, è affetta da problemi sociali ed economici severissimi. Salvini ha sostenuto che voleva andarci per portare sviluppo e investimenti. E’ curioso che gli sia stato impedito l’ingresso se l’intenzione realmente fosse stata questa, visto che il Paese ha bisogno di investimenti esteri sani, concreti e non propagandistici.
Secondo fonti dell’ambasciata nigeriana a Roma, Salvini non ha richiesto un regolare visto d’ingresso. Perché? Voleva forse entrare in Nigeria da irregolare per provare l’ebrezza della clandestinità in terra africana? La domanda è pertinente , anche perché il motivo ufficiale del suo respingimento (e quello del gruppo di imprenditori del nord che si portava appresso) resta un mistero.
La Nigeria vuole industrie e posti di lavoro. I nigeriani hanno fame e la soffrono. In settembre il vice presidente Osinbanjo, ha ammesso che 100 milioni di suoi concittadini vivono al di sotto della soglia di povertà e altre decine di milioni sono poveri. Quasi il 90 per cento dei 160 milioni di abitanti si trova nello stato di bisogno. Questo spiega perché i giovani, ma non solo, scappano dal Paese. Non è solo Boko Haram e la paura che suscita ad angosciare la gente. Soprattutto la fame, la mancanza di lavoro e di prospettive giocano un ruolo determinante sulle coscienze e sulla indecente realtà quotidiana della popolazione. Il terrorismo non è il problema principale della Nigeria. Al primo posto della classifica ci sono la corruzione onnipresente, la fame pervasiva, la povertà dilagante.
Ora Buhari è anche il capo del dicastero più importante (in quanto genera, come abbiamo detto qui sopra, il 90 percento delle entrate statali) e prestigioso del Paese. Non avrà quindi alcun alibi né potrà scaricare su altri le responsabilità, qualora il suo piano anti-corruzione dovesse fallire. Naturalmente, se dovesse riuscire nell’impresa, il successo sarà tutto suo e sarà riconosciuto come il padre e salvatore della patria.
La messa in carreggiata della Nigeria dovrebbe comportare anche la riduzione della spinta all’immigrazione.
Il Primo ottobre scorso la Nigeria ha compiuto 55 anni d’indipendenza dalla colonia inglese. Forse le celebrazioni sono state improprie e, in realtà, non c’è nulla da celebrare, se non la perfetta disorganizzazione della cosa pubblica per l’assoluto senso d’irresponsabilità finora tenuto dalla classe dirigente, politica ed economica, del Paese.
Tuttavia, il minimo ottimismo che si può nutrire risiede soltanto nella volontà dell’attuale presidente Buhari di fare una pulizia generale e completa nelle stanze del potere. Proprio per questo non possiamo che unirci al coro anche noi, augurando alla Nigeria: Happy Independence!
Blessing Akele
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