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Eritrea, torna l’Inquisizione e chiede autodafé: “Ho sbagliato avete il diritto di punirmi”

Speciale per Africa Express
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 11 settembre 2015

Non basta pagare il pizzo del 2 per cento, ora i rifugiati eritrei che fuggono dalla dittatura intollerante e disumana che governa il loro Paese, devono anche ammettere di aver sbagliato e dichiarano solennemente di accettare con sottomissione la punizione che il governo deciderà di infligger loro. Incredibile, sembra di essere tornati ai tempi dell’Inquisizione dove il condannato per eresia veniva messo al rogo, senza nessuna pietà e nel nome di Dio.

Ma in Svizzera i servitori della tirannia non hanno vita facile. Il governo della confederazione considera estorsione e ricatto il pagamento del 2 per cento mensile del proprio salario. Insomma, una tassa illecita quella che viene incassata dal consolato di Ginevra. Africa ExPress ne ha già parlato dettagliatamente qualche mese fa (http://www.africa-express.info/2014/12/19/svizzera-e-illegale-la-tassa-del-due-per-cento-che-gli-eritrei-pagano-alla-loro-ambasciata/. Chi non la paga non può ricevere i servizi consolari e rimane abbandonato come un apolide. Niente rinnovo del passaporto, niente possibilità di tornare in patria, niente assistenza per pratiche e attività. Neanche un certificato di nazionalità.

In Svizzera hanno trovato una nuova casa, un futuro, quasi ventimila eritrei. Sono fuggiti dalla dittatura, dal servizio militare (il “national service” che si sa quando comincia, ma non quando finisce, eppure i tentacoli del tiranno Isaias Afeworki arrivano persino nella tranquilla Confederazione. Le sue spie sono ovunque, spesso sono i traduttori, i mediatori culturali che lavorano nei vari Cantoni.

La ricevuta del pagamento del 2 per cento viene rilasciata dal Consolato di Ginevra, che da qualche tempo, per paura dei controlli delle autorità elvetiche, lo fa pervenire direttamente ai parenti dell’interessato in Eritrea. Tale ricevuta deve essere esibita ogni qualvolta le autorità eritree la richiedono. Se i familiari non ne sono in possesso, possono perdere il posto di lavoro, essere ridotti alla fame con il ritiro della tessera alimentare e altro. Ammesso e non concesso che il pagamento del 2 per cento sia un reato, l’espiazione della pena viene assegnata ai parenti.

Ma non finisce qui. L’eritreo fuggito dalla sua patria deve firmare un documento di pentimento, di autoaccusa e accetta una punizione per aver commesso il “grave” reato di essere fuggito dalla dittatura. La dichiarazione recita testualmente: “I, whose name is written above, confirm that previously given personal information is true; and I regret having committed and offense by not completing the national service and I am ready to accept appropriate to punishment in due course”.

Questa lettera si firma direttamente al consolato eritreo a Ginevra, in caso contrario, non solo non si possono rivedere i parenti, ma coloro che sono rimasti a casa, devono pagare molto caro questo rifiuto. Lo stato di polizia di stampo nazista non perdona chi sgarra.

Il tutto avviene nel più assoluto silenzio, i rifugiati hanno paura di parlare, temono le ritorsioni, vendette, rappresaglie e violenze, che il regime della nostra ex-colonia potrebbe esercitare sui congiunti.

Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, si sol dire: una giovane eritrea ventiseienne, residente a Lugano, quando le sono stati chiesti duemila franchi svizzeri di tassa, compresi gli arretrati, non ha taciuto. Ha pagato il pizzo al consolato, poi ha rivelato il fatto, con tanto di documentazione attestante, alla stampa ticinese.

L’Eritrea si sta svuotando. Si stima che ogni mese cinquemila e più eritrei lascino la loro patria rischiano di perdere la vita nel viaggio della speranza. Il paranoico dittatore Isaias Afeworki resta a capo del partito unico, il Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia. Peccato che il Paese non goda né di democrazia, né di giustizia, entrambi inesistenti. Nella nostra ex-colonia regna il dolore, la tortura, la paura.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

Nelle prime due foto il documento di autodenuncia che gli eritrei devono firmare, poi una ricevuta del 2 per cento versato e infine un volantino di propaganda del regime 

L’inchiesta di Enrico Casale sul pizzo chiesto agli espatriati eritrei dal loro governo

Eritrea, lo stato che ricatta i suoi cittadini all’estero
http://www.africa-express.info/2013/05/03/eritrea-lo-stato-che-ricatta-i-suoi-cittadini-allestero/

Eritrea, i ricatti e le minacce a chi, residente all’estero, non paga la tassa del 2 per cento
http://www.africa-express.info/2013/05/04/eritrea-i-ricatti-e-le-minacce-a-chi-residente-allestero-non-paga-la-tassa-del-2-per-cento/

Eritrea, la lunga mano della dittatura che torchia i suoi cittadini anche all’estero
http://www.africa-express.info/2013/05/05/eritrea-la-lunga-mano-della-dittatura-che-torchia-i-suoi-cittadini-anche-allestero/

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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