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I tuareg litigano tra loro: barcolla il trattato di pace in Mali

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I.  Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 4 settembre 2015

L’ONU, la MINUSMA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali), la mediazione internazionale e le autorità maliane hanno fortemente condannato le violenze scoppiate il 15 agosto 2015 ad Anéfis, a centoventi chilometri da Kidal, nel nord del Paese, tra militanti della coalizione dei movimenti per l’Azawad (CMA) e il Gruppo Autodifesa Tuareg Imghad e Alleati (GATIA), contrari all’autonomia o separazione  dell’Azawad, cioè filo governativi. Gli Imghad costituiscono la più grande tribù tuareg nel nord del Mali. Il fondatore di GATIA, El Hadje Ag Gamou, è l’unico generale Tuareg in seno all’esercito maliano.

La scaramuccia tra i due gruppi si è trasformata in un vero e proprio combattimento con parecchi morti e feriti nella zona di Kidal, capoluogo di Regione e feudo del CMA.  Per evitare che la situazione sfuggisse di mano, il 18 agosto 2015 e fino a nuovo ordine, l’ONU ha dichiarato Kidal e l’area intorno alla città per un raggio di venti chilometri, come zona di sicurezza.

Ora i due gruppi cercano di scaricare la responsabilità dell’inizio degli scontri gli uni sugli altri.

Una fonte della sicurezza regionale ha riferito: “Siamo preoccupati per il seguito, soprattutto per le armi pesanti utilizzate da entrambi i gruppi. Durante il periodo delle piogge molte strade sono inutilizzabili nel Nord per le organizzazioni di traffici illeciti. Una delle poche strade praticabili si trova proprio nel settore dove hanno avuto luogo i combattimenti, dunque quasi certamente uno dei motivi degli scontri è il controllo sui traffici illeciti”.

Ora proseguono le trattative affinché il gruppo GATIA abbandoni la città di Anéfis, dopo averla “liberata” dai ribelli del CMA. La loro ritirata incondizionata è stata chiesta anche dal governo di Bamako, dalla mediazione internazionale e dall’ONU. Il 26 agosto scorso il gruppo ha dichiarato di non voler lasciare la città senza la presenza di truppe dell’esercito maliano e di MINUSMA.

Il 23 agosto 2015 il CMA ha fatto sapere che avrebbe sospeso la propria partecipazione ai lavori del comitato incaricato di seguire il trattato di pace, firmato definitivamente da tutte le parti interessate il 20 giugno 2015 (http://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/).

Non si sono verificati altri scontri da quando GATIA ha occupato Anéfis, ma la situazione resta tesa e compromette la sicurezza del Paese e la piena attuazione dell’accordo di pace.

Ed è per questo motivo che il presidente del Mali, Ibrahim Boubakar Keita, ha raggiunto il suo omologo, Abdekaziz Bouteflika ad Algeri domenica scorsa: discutere con lui la completa attuazione del trattato di pace nel nord del Mali. L’Algeria ha avuto il ruolo leader durante la lunga mediazione internazionale per arrivare alla firma dell’importante accordo, che finalmente prevede una riconciliazione e pace durevole tra le parti.

Malauguratamente i punti essenziali sono ora nuovamente messi in forse, dopo la ripresa delle ostilità tra alcune fazioni.

I due presidenti hanno anche parlato di altri problemi. Infatti è loro intenzione di incrementare la cooperazione militare, quella sulla sicurezza e la lotta contro il terrorismo. Inoltre vogliono elaborare un programma speciale per lo sviluppo economico per le regioni del nord del Mali e delle zone di confine.

I problemi di questo travagliato Paese sono molteplici. Il 1° settembre 2015 sono stati uccisi due soldati dell’esercito maliano ad un check point a Timbuktù, un altro è stato ferito e un quarto risulta introvabile insieme ad un automezzo militare. Sono stati attaccati da persone armate ancora non identificate. Un atto di terrorismo fortemente condannato dal governo che chiede a tutte le parti coinvolte di rispettare l’accordo di pace.

Grazie all’intervento delle truppe internazionali, i gruppi jihadisti  legati ad al- Qaeda, che controllavano gran parte del nord del Paese, sono stati scacciati nel gennaio 2013. A tutt’oggi ci sono ancora alcune zone che fuggono al controllo dell’esercito e ai militari della coalizione internazionale e contro i quali i jihadisti hanno sferrato un assalto dietro l’altro negli ultimi mesi, mentre il Paese sta cercando faticosamente di ricostruire la pace.

Anche il 3 settembre, verso le 18.00, l’ennesimo attacco terrorista. Un gruppo di soldati delle forze armate è caduto in un’imboscata a Diafarabé, nella Regione di Mopti. Un soldato è stato ucciso, altri sette sono stati feriti, un altro disperso. Un portavoce del ministero della Difesa in un breve comunicato ha annunciato che per il momento i colpevoli non sono ancora stati formalmente identificati.

Mentre si susseguono le violenze, nel Paese è iniziato il periodo delle piogge. Forti inondazioni hanno causato il crollo di diverse case nella zona di Goa, un morto e diversi feriti. Sempre a causa delle importanti precipitazioni, si è rovesciato un battello sul Niger che trasportava alcune decine di passeggeri da Mopti a Niafunké. Diciannove persone sono annegate, quattro risultano disperse e settanta sono state salvate.

Dal 31 ottobre 2015 e per la durata di tre mesi ha luogo la biennale della fotografia e della diaspora africana a Bamako, curatrice è la nigeriana Bisi Silva. Sarebbe dovuto essere l’evento dell’anno, almeno dal 30 ottobre al 4 novembre 2015,  giornate dedicate ai professionisti del mestiere, in particolare a quelli francesi che avevano già confermato la loro presenza nella capitale maliana. Un grande apparato di sicurezza era già stato mobilitato per quei giorni. Con la firma dell’accordo di pace, si pensava di poter finalmentevoltare pagina. Gli ultimi gravi avvenimenti, l’insicurezza e l’instabilità che si respira nuovamente in tutto il Paese, hanno fatto cambiare idea ad una dozzina di redazioni parigine: nessuno dei loro inviati stampa sarà  presente all’evento per motivi di sicurezza.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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