Speciale per Africa ExPress
Barbara Ciolli
25 agosto 2015
Le organizzazioni per i diritti umani si sono mobilitate per l’avvocato e attivista algerino Rachid Mesli, arrestato il 19 agosto alla frontiera con la Svizzera dalla polizia italiana che ha eseguito un mandato di cattura internazionale per «terrorismo» emesso dalle autorità di Algeri.
Il 25 agosto la Corte d’Appello di Torino ha fissato un’udienza per valutare se autorizzare o meno l’eventuale estradizione in Algeria di Mesli, ex rifugiato politico in Svizzera ora cittadino francese con una lunga storia di battaglie civili e anche legali contro i militari algerini, dai quali ha subito processi sommari e detenzioni arbitrarie.
Stranamente la richiesta di estradizione non è ancora arrivata, è possibile che il mandato di cattura pendente dal 2000 sia una forma d’intimidazione. La sua esecuzione è una procedura d’obbligo dell’Interpol, scattata durante un normale controllo dei documenti al traforo del Gran San Bernardo, che Mesli stava attraversando per andare in vacanza con la moglie e il figlio.
In passato l’avvocato algerino era stato fermato anche in Gran Bretagna e Germania e poi rilasciato. In attesa delle decisioni dei magistrati, la Corte d’Appello di Torino ha convalidato l’arresto, ma disposto la sua scarcerazione dalla casa circondariale di Brissogne (Aosta) e l’obbligo di dimora ad Aosta. Mesli è direttore legale e tra i fondatori dell’ong Al Karama, con sede in Svizzera, che dal 2004 si batte contro i casi di torture, detenzioni arbitrarie, scomparse e uccisioni nel mondo arabo.
All’arresto ha ricevuto l’immediato sostegno anche delle sezione elvetica di Amnesty international, che ne reclama la “liberazione immediata”, denunciando il rischio di “altre persecuzioni”. Mesli non è persona gradita in Algeria: appartiene a quella categoria di avvocati che crede nella giustizia e nei diritti di tutti e che in passato ha difeso anche i detenuti islamisti vittime di abusi. Inclusi i leader storici del Fronte islamico di salvezza (FIS) Abbassi Madani e Ali Belhadj.
Nel 1996 Mesli venne prelevato dall’auto con le armi da assalitori risultati poi membri delle forze di sicurezza, incarcerato illegalmente, picchiato e minacciato di morte. Per tre anni il legale rimase in prigione senza possibilità di difendersi in un processo valutato poi ingiusto da osservatori indipendenti. La sua detenzione, cassata come illegale anche dalla Corte suprema algerina, finì per effetto di una grazia presidenziale, dopo l’apparente accettazione di Mesli di un compromesso.
Poi però l’avvocato e attivista dei diritti umani avrebbe passato alle ong internazionali documenti che possono far finire alcuni militari davanti al Tribunale penale internazionale (TPI) dell’Aja. Nel 2001 Mesli ha anche presentato alla Commissione ONU sulle detenzioni arbitrarie di Ginevra i casi dei due leader fondamentalisti del FIS. Da allora sono rimontate le accuse di appartenenza a un “gruppo terroristico armato” attivo all’estero, per le quali sono in vigore l’ordine di cattura e la condanna a 20 anni in contumacia.
“L’Algeria mi vuole arrestare solo per ragioni politiche, ma ho fiducia nella giustizia italiana, ha magistrati competenti e indipendenti. Non sono in una dittatura araba”, ha dichiarato l’attivista. Amnesty lo ha adottato come prigioniero di coscienza. Nella sua vita a Ginevra, l’attivista e legale ha co-fondato diverse ong per la difesa dei diritti umani come Justitia Universalis e Rachad, per rovesciare il governo algerino attraverso una resistenza di massa non violenta. Anche Al Kamara porta avanti centinaia di battaglie legali dei famigliari delle vittime di abusi, torture e violazioni, anche in sede dell’ONU.
Ma dalle rivolte della Primavera araba, l’ong è oggetto di ripetute accuse e bandi. Nel 2012 il direttore esecutivo Mourad Dhina, anche lui algerino, è stato detenuto per sei mesi in Francia su una richiesta d’estradizione delle autorità algerine, giudicata poi lacunosa di prove e incoerente. Nel 2013, il cofondatore Abd Al-Rahman al Nuaimi, banchiere islamista qatarino, è stato inserito nella lista del Tesoro americano come “terrorista finanziatore di al Qaeda”.
Barbara Ciolli
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