Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
Milano, 24 agosto 2015
Ai campionati mondiali di atletica , Ghirmay Ghebreslassie, ufficialmente appena diciannovenne , ha smosso, anzi abbattuto, il sole e le altre stelle della gara suprema.
Il giovanissimo eritreo, quasi omonimo di Gebrselassie, la leggenda etiope del mezzofondo (al punto che qualche sito internazionale gli ha sbagliato il cognome) ha sorpreso tutti e ha spento nell’ordine: il sole dei 42,195 metri, ovvero Denis Kimetto, 31 anni, keniota, detentore del record del mondo sulla distanza, ritiratosi; la superstar Wilson Kipsang, 33 anni, altro keniota, plurivincitore di maratone, ex record del mondo e medaglia di bronzo alle olimpiadi di Londra, nel 2012; l’altra superstar Stephen Kiprotich, 26 anni, ugandese, campione olimpionico a Londra e mondiale a Mosca nel 2013, giunto sesto; Lelisa Desisa, 25 anni, vincitore ben due volte della maratona di Boston (compresa quella della strage nel 2013), classificatosi al settimo posto. Non solo: con un tempo non eccezionale (2 ore, 12 minuti e 27 secondi a causa dei 30 gradi di temperatura e dell’umidità all’80%) ha messo in riga anche un altro titolatissimo atleta, l’etiope Yemane Tsgay , giunto secondo, e l’ugandese Munyo Solomon Mutai, terzo.
L’immagine che resterà nella storia di questi XV campionati del mondo di atletica leggera (22-30 agosto) e , sicuramente, in quella dell’Eritrea, paese piccolo e povero, ricco solo di disperati che fuggono (circa 5 mila persone al mese) da un regime durissimo e dalla miseria, è quella di questo maratoneta minuto dalle orecchie a sventola e baffi accennati, che solitario entra nel Nido (lo stadio di Pechino), afferra la bandiera verderossoazzurra, e dopo il traguardo imbarazzato non sa dove andare a causa di un’organizzazione deficitaria. E poi innalza sulla testa un foglio bianco su cui si legge questa scritta sbilenca: mai arrendersi finchè vivo (never give up till I live).
Ghirmay è il più giovane campione del mondo in una prova disputata su strada e ha portato al suo martoriato Paese la prima medaglia d’oro mondiale della sua storia. Ufficialmente compirà 20 anni a novembre e non sarebbe dovuto essere lì, nella notte fra il 21 e il 22 agosto, ma chino sui libri. “I miei genitori avrebbero preferito che andassi avanti negli studi, che facessi bene l’università – ha dichiarato nel suo inglese scheletrico come lui – ma io ho preferito fare il maratoneta e diventare un grande atleta più che un bravo studente. Quando hanno capito le mie potenzialità, mi hanno incoraggiato e questa medaglia è una grande sorpresa per loro. Non riesco a esprimere quello che provo. Mi sono trovato bene, qui in gara, faceva caldo proprio come al mio paese. Nelle maratone cittadine ci sono i battistrada per 25 o 30 chilometri e quindi da solo te ne restano da fare 12. Qui è stato molto più difficile, ma noi eritrei non molliamo mai fino al traguardo!”. La conferma a queste parole si può trovare nella classifica finale della maratona di Pechino: al nono posto compare un altro eritreo, Amanuel Mesel, 24 anni, nato ad Asmara, ma residente in Svizzera. Mesel è un ottimo atleta, ma “speravo di fare meglio in questa gara – ha confessato – soprattutto per i 40 mila eritrei che vivono in Svizzera e che si aspettavano tanto da me. Sono comunque felice di essere nella top ten dato che è la mia prima partecipazione e orgoglioso della nostra vittoria”.
La sorpresa vera, comunque, è Ghirmay ed è doppia se si pensa che questa era la quarta maratona della sua giovane carriera. Pur essendo sceso in strada fin da adolescente, il suo esordio internazionale risale ad appena tre anni fa.
E’ giunto sesto nella maratona di Chicago nell’ottobre 2014, si è ritirato alla maratona di Dubai (gennaio), e ha conquistato la seconda posizione nell’aprile di quest’anno in quella di Amburgo con un tempo niente male per uno sbarbato (2h 07’e 47”). Neppure il suo allenatore, scopritore, padre-padrino (in senso buono) di tanti altri campioni africani, Jos Hermens, 65 anni, olandese, specialista del mezzofondo negli anni ’70, credeva in questa vittoria. “Mi aspettavo finisse fra i primi 5, non che arrivasse primo. Quando però gli ho passato una bottiglietta d’acqua al km 40 ho capito che era fresco e che poteva vincere”.
Ghebreslassie è profondamente riconoscente verso il suo coach, che portandolo nel suo centro di addestramento in Olanda, gli ha cambiato la vita. “Grazie a lui e alla federazione eritrea ho avuto la possibilità di qualificarmi a questi campionati del mondo. – ha dichiarato il quasi imberbe trionfatore – Se lavori duramente, puoi raggiungere l’obiettivo che ti sei fissato. Me ne sono convinto al 34° km, quando ho deciso di passare all’attacco. Ecco, la mia medaglia d’oro è un messaggio di incoraggiamento non solo per l’Eritrea ma per tutti i giovani e gli atleti di tutto il mondo: che niente è impossibile nella vita, se ci si impegna a fondo”.
Per la nuova star della maratona, ora l’appuntamento è a Rio de Janeiro, alle Olimpiadi del 2016. Allora vedremo se la nuova stella continuerà a splendere o se si è trattato di una splendida cometa, ma passeggera.
Costantino Muscau
c.muscau@alice.itil
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