Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 22 luglio 2015
Si è aperto lunedì scorso (20 luglio) a Dakar, capitale del Senegal, il processo contro Hissène Habré, ex-presidente del Ciad dal 1982 al 1990. Il vecchio dittatore settantaduenne, dovrà rispondere di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e torture. Durante la sua presidenza del terrore furono uccise quarantamila persone, decine di migliaia gli scomparsi, migliaia le vittime di tortura.
E’ considerato un processo storico: per la prima volta un leader africano dovrà rispondere dei suoi atti in un altro Paese africano. Habré si è rifugiato nel Senegal nel 1990 dopo essere stato deposto dall’attuale presidente del Ciad, Idriss Deby Itno.
Sarà giudicato a Dakar, da un tribunale appositamente creato dall’Unione Africana (UA) “Chambres africaines extraordinaires” (CAE), in virtù di un accordo con il presidente del Senagal, Macky Sall; Habré dovrà rispondere dei suoi atti di fronte ad un collegio di giudici composto sia da magistrati senegalesi, sia provenienti da altri Stati africani ed è presieduto da Gberdao Gustave Kam del Burkina Faso. L’UE è il maggiore finanziatore di questo processo, insieme a Belgio, Francia, Olanda, Ciad, USA, UA.
Per questo processo, il Senegal ha dovuto modificare le sue leggi e adottare la giurisdizione universale per permettere di giudicare uno straniero per atti commessi fuori dal suo territorio. Dal canto suo il Ciad ha autorizzato i magistrati del CAE di svolgere indagini in loco.
L’istruttoria per quello che é stato definito il “Processo dell’Africa, è stata aperta nel luglio 2013. “In questi due anni quattro commissioni rogatorie hanno ascoltato quasi duemilacinquecento vittime e una sessantina di testimoni”, ha precisato in questi giorni il procuratore generale del CAE, Mbacké Fall.
Oltre quattromila vittime, direttamente o indirettamente colpite, si sono costituite parte civile. Uno degli avvocati che rappresenta le vittime, Assane Dioma Ndiaye, ha sottolineato: “Fatti del genere non possono restare impuniti” e Clément Abaïfouta, presidente dell’associazione delle vittime contro la repressione politica nel Ciad (AVCRP), ha auspicato : “Spero finalmente di comprendere perché sono stato arrestato trent’anni fa. Ho passato l’inferno in galera per lunghi quattro anni”.
Fatou Bensouda, presidente della Corte Penale Internazionale si è espressa in questi termini: “E’ necessario che l’Africa protegga le vittime e non gli autori di efferati crimini”.
“Il fatto stesso che un presidente sarà giudicato da un tribunale africano per crimini contro l’umanità e di guerra, segna l’inizio di una lunga marcia verso la sovranità giudiziaria in questo Continente”, ha specificato Alioune Tine,direttore di Amnesty International per l’Africa occidentale.
Dal suo arresto in Senegal nel 2013, Habré ha sempre negato ogni suo coinvolgimento circa le accuse che gli sono state rivolte e ha rifiutato qualsiasi collaborazione con la Corte. Lunedì mattina è stato portato in tribunale con la forza, come ha dichiarato il suo avvocato francese François Serres ai reporter di “Le Monde”.
Ad attenderlo all’entrata del tribunale molti cialdini suoi sostenitori. Appena arrivato in aula, Habré ha urlato: “Abbasso l’imperialismo, abbasso il nuovo colonialismo”, provocando così una sospensione del processo di tre ore. Habré ha ordinato ai suoi avvocati di non partecipare alle udienze e Kam, presidente del Tribunale speciale, ha dovuto nominare dei difensori d’ufficio. Per permettere loro di prendere visione degli atti, il processo è stato rinviato al 7 settembre 2015.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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