Centrafrica, le multinazionali e il saccheggio delle grandi foreste pluviali

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 18 luglio 2015

Incredibile ma vero: mentre l’ONU, i governi occidentali spendono centinaia di milioni di Euro per riportare la pace nella Repubblica Centrafricana, questi stessi governi non sono riusciti a controllare il mercato illegale di legname pregiato, proveniente dalle foreste pluviali dell’ex colonia francese. http://www.africa-express.info/2014/07/22/targeting-cars-predators/

Il caos nel Centrafrica è cominciato nel marzo 2013, quando gruppi ribelli si sono riuniti sotto una stessa sigla, Seleka (per lo più musulmani),  hanno defenestrato il presidente François Bozize e al suo posto hanno portato al potere il proprio comandante, Michel Djotodia.

Dopo il colpo di Stato, molti ribelli Seleka si sono spostati nella regione delle foreste pluviali e non hanno tardato a entrare in affari con grandi società occidentali di legname. Secondo un rapporto dettagliato di Global Witness, un’organizzazione non governativa britannica, queste società hanno, almeno in parte, finanziato questa orrenda guerra civile, pagando 3,4 milioni di euro nel 2013 ai ribelli. Soldi che sono stati utilizzati per comprare armi, uccidere e terrorizzare la popolazione civile, assoldare bambini soldato, stuprare le donne, ridurre alla fame interi villaggi e comunità.

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Nella regione delle grandi foreste pluviali operano alcune piccole aziende di legname, che si rivolgono principalmente al mercato locale, mentre la maggior parte delle concessioni sono state affidate  a grandi aziende straniere , tra loro l’ IFB (Industrie Forestière de Batalimo) di origine francese,  SEFCA (Société d’Exploitation Forestière Centrafricaine) con capitale libanese  e la  Vicwood (cinese). Il 99 per cento dell’esportazione del legno viene gestito da loro.  I maggiori clienti sono la Germania, che importa un terzo del legname centrafricano, mentre la Francia il venti per cento.

Dal rapporto della Global Witness emerge che SEFCA ha pagato più o meno trecentottantamila euro immediatamente dopo il colpo di Stato al governo di Michel Djotodia, pur di poter continuare a sfruttare la selva ad esportare illegalmente il legname dal Paese. Inoltre tutte e tre le ditte hanno versato con una certa regolarità somme importanti sui conti di Seleka: si trattava di vere e proprie tangenti in cambio di protezione nelle aree dove operano le società, scorte armate, lasciapassare per blocchi stradali.

Tutto ciò è di dominio pubblico a Bangui, la capitale della Repubblica centrafricana. Infatti, un gruppo di esperti, nominati dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, scriveva nel loro rapporto nel luglio 2014: imprenditori stranieri hanno pagato seimila euro mensilmente ai comandanti di Seleka, in cambio di protezione ai loro siti a Bangui.

Ora il gruppo Seleka non è più al potere ma i versamenti vengono effettuati ugualmente: questa volta a favore degli anti-balaka (per lo più formato da cristiani e animisti). Le elezioni sono alle porte, chissà se si terranno, se il nuovo governo sarà in grado di riportare la pace in questo Paese così travagliato (http://www.africa-express.info/2015/06/19/centrafrica-fissate-le-elezioni-per-ottobre-ma-corruzione-e-violenza-comandano-ancora/), dove fino al 1979 fa regnava l’imperatore della francofonia,  il sanguinario  Jean Bedel Bokassa, anzi meglio sua maestà Bokassa I, quello che si dice fosse antropofago.

Eppure fino a pochi anni fa il governo della ex-colonia francese applicava un piano per lo sfruttamento forestale rigido e all’avanguardia: le concessioni venivano rilasciate alle società straniere solo dopo un attento esame direttamente dal Consiglio dei ministri e erano sottoposte a controlli regolari, nonché alla firma di una carta dei doveri e degli obblighi.

Dall’inizio del conflitto, il commercio di legname pregiato ha superato ampiamente quello dei diamanti; un’enorme quantità di tronchi viene importato annualmente, in modo illegale, in Europa. A nessuno interessa la provenienza del pregiato materiale, come lo conferma l’intervista a una responsabile della francese “Tropica-bois”, con sede a Nizza, la maggiore cliente di SEFCA, che ne anche proprietaria al cinquanta per cento: “Ah sì, l’Africa è questa. Non ci importa molte delle guerra laggiù. Ce ne sono sempre. Non attaccano noi bianchi. Non è nostro compito evitare questi conflitti”.

Totale indifferenza verso un popolo, nei confronti della morte di migliaia di persone, di un milione tra sfollati e rifugiati: quel legno è di ottima qualità, il prezzo è accessibile e il guadagno è notevole, dunque, non interessa se è macchiato di sangue?

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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