Speciale per Africa ExPress
Barbara Ciolli
07 luglio 2015
In sordina, con i riflettori puntati sulla crisi greca, il primo di luglio è decollata la missione militare europea, a guida italiana, contro i barconi e gli scafisti dei migranti che salpano dalla Libia. L’operazione internazionale si chiama EUNAVFOR MED e, tecnicamente, al momento è una missione navale e d’intelligence operativa, ristretta ai Paesi dell’Unione europea e alle acque del Mediterraneo. Ma è concepita per allargarsi. La conduce l’Italia, nella persona dell’ammiraglio Enrico Credentino (nella foto qui sotto), già a capo, nel 2012, dell’operazione EUNAVFOR anti-pirateria Atalanta, al largo della Somalia.
Il quartier generale delle operazioni è a Roma, vicino all’aeroporto militare di Centocelle. Nella prima fase, per la ricognizione, la vigilanza e lo scambio di informazioni tra le forze dell’ordine dei Paesi UE e quelli di destinazione, di origine e di transito dei migranti, è impegnato un migliaio di uomini. Cinque navi da guerra, due sottomarini, tre aerei, due droni e tre elicotteri sono stati dispiegati dalla dozzina di Stati membri che partecipano a EUNAVFOR MED, tra i quali la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, la Spagna e la Polonia. La piattaforma di comando e coordinamento è la portaerei italiana Cavour.
Questo e altro si muove nella calda estate di un Mediterraneo mai così affollato di navi militari dall’intervento in Libia del 2011. Nel piano di Bruxelles per l’emergenza migranti rientrano anche la missione Triton (la versione europea, meno accogliente, di Mare Nostrum), una missione allargata di sorveglianza e salvataggio al largo di Lampedusa, con altri uomini e altri mezzi degli Stati UE, e il rafforzamento di Frontex, l’agenzia europea che blinda le frontiere della “Fortezza Europa”, espellendo i cosiddetti “migranti economici”.
EUNAVFOR MED è il braccio dichiaratamente militare di Triton e, in generale, della cortina di Frontex. A Catania Europol, Frontex e Triton hanno aperto un ufficio comune (la cosiddetta EURTF, Task force regionale dell’Unione europea), nella Sicilia hangar di droni per le guerre Nato in Africa e in Medio Oriente. Ma EUNAVFOR MED potrebbe essere molto di più. Da tempo l’Italia non fa infatti mistero di voler capitanare un intervento militare in Libia, sotto l’egida dell’Onu, anche con truppe a terra. Così come gli Stati europei non fanno mistero di voler scaricare sull’Italia una nuova guerra in Nord Africa.
La Nato, nel caso, ha promesso che darà una mano. Va premesso che per riaprire il fuoco sul suolo libico occorre il non facile via libera delle Nazioni Unite all’uso della forza. In particolare il sì della Russia in Consiglio di Sicurezza ONU che, quattro anni fa, accettò la risoluzione vaga contro Muammar Gheddafi promossa dalla Francia interventista di Nicolas Sarkozy, avendo poi a pentirsene. Non è l’unico freno. Solerzia inglese a parte nel respingere migranti nel Mediterraneo e nell’aiutare l’Italia a scrivere il testo per Palazzo di Vetro, le Nazioni Unite intendono prima chiudere la partita politica in Libia. Così da avere un governo d’emergerza a Tripoli, o perlomeno forze libiche di riferimento, che autorizzino l’ingerenza straniera.
Ai negoziati in Marocco, grazie alla mediazione dell’inviato dell’ONU Bernardino Leon, c’è stata una schiarita tra gli emissari delle principali fazioni libiche in lotta tra loro. I rappresentanti di Tobruk e gli alleati di Zintan hanno firmato un’intesa con i nemici di Misurata, vicini agli islamisti di Tripoli, e con altri gruppi indipendenti per “lavorare alla creazione di un governo di unità nazionale”. Per l’occasione il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha sottolineato l’importanza del “sostegno italiano” a questo “primo risultato”, augurando, entro il 6 luglio, cioè domani, “un accordo sottoscritto anche dai rappresentanti del parlamento di Tripoli”.
Si spera che, dopo l’apertura del governo esiliato di Tobruk, anche l’esecutivo della capitale libica riveda le posizioni contrarie alla missione UE. In Europa tutto procede secondo i programmi. EUNAVFOR MED è stata licenziata in fretta il 22 giugno dai Ministri degli Esteri riuniti in Lussemburgo, senza aprire un dibattito perché il varo era stato concordato in precedenza dagli ambasciatori dei Paesi membri. Il 3 luglio, in piena crisi greca, il Consiglio del Ministri italiano ha poi decretato il via libera all’operazione, per la quale l’UE ha stanziato quasi 12 milioni di euro per i primi due mesi di attività. “La missione europea anti-scafisti è una nuova guerra in Libia?”, si interroga in Parlamento l’opposizione del Movimento 5 Stelle.
Le intenzioni sembrano davvero quelle. Il 20 luglio i Ministri degli Esteri UE torneranno a riunirsi in Consiglio, per quanto un rapido salto di qualità a Palazzo di Vetro sia improbabile. Dopo i tira e molla dei cosiddetti laici di Tobruk, gli islamisti di Tripoli hanno acquisito credibilità tra i diplomatici dell’ONU, ma più volte gli interlocutori libici hanno bluffato ai negoziati. L’intesa in vista potrebbe nuovamente saltare e le cinque potenze con potere di veto (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina) potrebbero litigare sulla Libia in Consiglio di Sicurezza.
Ma è vero anche che lo scenario internazionale è sempre più cupo, la situazione potrebbe rapidamente precipitare. A un anno dall’ascesa dell’ISIS, la sicurezza si è sensibilmente deteriorata, sia nei Paesi islamici sia in Europa. Pur mantenendo un low profile, in giugno gli Stati Uniti hanno sganciato un drone ad Agedibia, in Libia, snodo centrale della rotta criminale di migranti e traffici illeciti da Kufra verso Tripoli, nell’obiettivo (probabilmente fallito) di colpire lì il bandito dei banditi e superterrorista algerino Mokhtar Belmokhtar. Ex di al Qaeda nel Maghreb, vicino ad Ansar al Sharia libica, forse passato all’ISIS.
Poco dopo c’è stata la nuova strage in Tunisia, al resort di Suossi. Uno dei due complici dell’autore sarebbe in Libia, dove proliferano i campi d’addestramento dei jihadisti, pronto, secondo il padre, a imbarcarsi per l’Europa. “Abbiamo l’ISIS alle porte”, ha allarmato il presidente tunisino Beji Caid Essebsi, decretando lo stato d’emergenza nel Paese. In Libia l’Isis ha perso forza, sconfitto da al Qaeda nella sua base di Derna. Ma i suoi combattenti sono mobili, sconfinano in Tunisia e in Egitto, avanzando in Sinai nonostante le massicce operazioni antiterrorismo dei militari.
Raffreddato un fronte se ne aprono subito altri, caldissimi. Che farà tra qualche mese l’Italia, in prima linea nel Mediterraneo?
Barbara Ciolli
barbara.ciolli@tin.it
@BarbaraCiolli
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