NEWS ANALYSIS
Africa ExPress
Washington, 18 giugno 2015
Secondo fonti contattate a Washington, il governo americano sta esercitando forti pressioni (anche se definite “amichevoli”) sul nuovo presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, affinché riapra un caso di corruzione che coinvolge contratti riguardanti l’impianto di liquefazione NLNG (Nigeria Liquefied Natural Gas), in Bonny Island, risalenti al 1990.
Coinvolte nel caso criminale, oltre all’italiana SNAM Progetti, la francese Technip, il gruppo statunitense KBR e la giapponese JGC, società che avevano pagato ben 132 milioni dollari a funzionari nigeriani per vincere l’appalto per la costruzione della struttura. Per evitare un processo negli Stati Uniti, l’ENI, società che controlla la SNAM Progetti, e la Technip avevano scelto di pagare una multa di circa 500 milioni di euro.
Ma quando l’ammenda è stata pagata nessun funzionario nigeriano è stato punito dal governo del presidente Umaru Yar’Adua, morto di malattia mentre era ancora in carica. Le tangenti sono state sborsate durante i mandati presidenziali di Sani Abacha (l’ultimo dittatore militare morto avvelenato), Abdulsalami Abubakar e Olusegun Obasanjo. Sono gli anni in cui l’attuale amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, occupava un posto di rilievo nelle attività della società petrolifera italiana in Nigeria.
Le autorità americane vogliono vederci chiaro e hanno chiesto a Buhari, che è stato eletto con la promessa di combattere la corruzione in Nigeria e con l’aiuto (dicono le malelingue, ma c’è da crederci) del Dipartimento di Stato e del Pentagono, di riaprire il dossier. L’Eni e la sua consociata rischiano di tornare alla sbarra e questa volta in America.
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