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Centrafrica, fissate le elezioni per ottobre, ma corruzione e violenza comandano ancora

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 19 giugno 2015

Finalmente è stata annunciata la data delle prossime libere elezioni nella Repubblica Centrafricana: 4 ottobre 2015 referendum costituzionale, 18 ottobre 2015 prima tornata elettorale delle legislative e delle presidenziali, 22 novembre 2015 eventuale secondo turno.

Si inizierà con il censimento elettorale alla fine di giugno per la durata di un mese, impresa certamente non facile, in un Paese devastato da oltre un anno e mezzo da una guerra civile che ha prodotto quasi un milione di sfollati e rifugiati e migliaia di morti. E secondo l’ultimo rapporto del Programma alimentare mondiale (PAM), cinquantamila bambini soffrono di malnutrizione, dei quali ventiquattromila piccoli in forma molto grave.

Morto strattonatoMorto strattonato

Il cibo, è momentaneamente il bene più prezioso nel CAR, dove anche militari francesi di MINUSCA ( United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic)  sono stati accusati di violenze contro minori; i piccoli erano usciti da un campo per profughi vicino all’aeroporto di Bangui, la capitale, in ricerca di pane.

Il compito principale dei caschi blu nela Repubblica Centrafricana consiste nel cercare di disarmare i vari gruppi armati,  affiliati a Séléka (vi aderiscono per lo più musulmani) o agli anti-balaka (in maggioranza cristiani e/o animisti). Secondo una ricerca condotta da Kasper Agger, ricercatore che opera sul campo, i leader dei vari gruppi non hanno nessun interesse a deporre le armi; l’attrattiva economica in gioco è assai cospicua. I gruppi ex-Séléka e anti-balaka si finanziano anche grazie al traffico illecito di minerali, estorsioni, uccisioni e altre forme di violenza, specie nelle aeree dove ci sono le miniere aurifere e diamantifere. Si stima che il pizzo imposto dalle bande armate frutti annualmente da 3,83 a 5,8 milioni di dollari.

Altre entrate provengono da richieste di denaro in cambio di “protezione” a semplici cittadini, a villaggi interi, a viaggiatori e uomini d’affari, a organizzazioni locali e istituzioni e naturalmente anche  per consentire il transito delle merci.

In particolare gli ex-Séléka impongono una tassazione, un pedaggio, sulle strade nei territori sotto il loro controllo, intascando così tra 1,5 a 2 milioni di dollari ogni anno.

Gli anti-balaka, molto attivi specie nella parte occidentale del Paese, incassano dal canto loro tasse illegali per l’utilizzo delle strade, estorcono denaro ai villaggi rurali e chiedono somme una tantum,  che variano da seicento a mille dollari,  in cambio di protezione.

Elaborare strategie preventive mirate per interrompere l’auto-finanziamento dei gruppi e pene severe per i miliziani, in particolare per i loro capi, le compagnie e tutti gli attori coinvolti nella corruzione, sono misure indispensabili per porre fine a questa grave crisi che affligge il Paese dal dicembre del 2013.

Sì, elezioni e referendum costituzionale sono alle porte. Chissà se il prossimo governo dimostrerà le capacità e la volontà di impugnare saldamente il timone per traghettare  fuori dalla tempesta della disperazione e della violenza questo disgraziato Paese.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

Gold, diamonds, timber: targeting CAR’s predators

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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