Speciale per Africa ExPress
Costantino Muscau
Milano, 17 giugno 2015
Come ha fatto Joseph Blatter, detto Sepp, ad affascinare, sedurre, conquistare le 56 federazioni calcistiche africane aderenti alla Fifa? Orologi, cioccolato, dadi per brodo?
L’Europa, il Canada, gli Stati Uniti gli votano compatti contro. L’Africa (in compagnia dell’Asia) invece si schiera compatta con lui. Da quasi 20 anni. E questi voti sono decisivi. Così, lui, Sepp, bwana buono svizzero, pure stavolta ( il 29 maggio scorso), riesce a farsi eleggere (ed è la quinta consecutiva!) presidente della massima organizzazione calcistica mondiale, la FIFA, pur scossa da un colossale scandalo di corruzione e tangenti. Pochi giorni dopo (il 2 giugno) si dimetterà, ma intanto resta in carica fino almeno fino alla fine del 2015, sempre che non cambi idea e sempre con voti decisivi dell’Africa.
Ma con quali arti magiche questo settantanovenne padre – padrone – padrino del football planetario è riuscito, e riesce, ad avere il supporto dell’intero continente nero? Orologi, cioccolato, dadi per brodo? Sono infinite le ragioni – afferma chi conosce bene l’Africa – per cui ci si rivolge a uno stregone: amore, salute, lavoro, protezione dal malocchio, denaro….
Ecco, limitiamoci a quest’ultima voce. Seguiamo la pista dei soldi e capiremo le ragioni di un amore profondo, appassionato, non disinteressato.
Certo, inutile sentire il parere di Fikile Mbalula, 44 anni, ministro dello Sport sudafricano, perennemente grato per aver ospitato gli ultimi mondiali di calcio. Sarebbe come chiedere a un corridore di Formula 1 che cosa ne pensa dei limiti di velocità in pista! Mbalula , infatti, non solo nega di aver versato 10 milioni di dollari di tangenti per avere i Mondiali, ma chiarisce: “Blatter è un buon amico del Sud Africa. Non ci nascondiamo dietro un dito. Ci ha assegnato la Coppa del mondo. La Storia lo ricorderà”. E allora proviamo a partire da più in alto, da Issa Hayatou.
Issa Hayatou, 69 anni il 9 agosto, padre di 4 figli, è un massiccio e distinto signore, di nobile, ricca, potente stirpe camerunese. Tanto per dire: è figlio di un sultano, fratello di un ex capo del governo, una famiglia ancora influentissima nel nord del Paese.
Per non sfigurare, dopo esperienze in atletica e basket, Issa è diventato capo del calcio locale; quindi, nel 1988, presidente della “Confederation of African Football” (CAF), l’organo amministrativo, organizzativo e di controllo dell’intero calcio africano. Ed è al settimo mandato.
Non basta: è il vicepresidente della Fifa, ovvero il braccio destro del dimissionario Blatter che ha cercato di scalzare nel 2002, uscendone sconfitto, ma che imperterrito continua a difendere e supportare.
Il dottor Issa (ha anche ricevuto una laurea ad honorem dalla Ladoke Akintola University of Technology in Ogbomosho, stato di Oyo in Nigeria) nella Fifa ricopre la carica di presidente della influente commissione Finanze. Al rientro da Zurigo, al termine dalla 65° assemblea della Fifa, nella quale il 29 maggio Blatter è stato rieletto per la quinta volta presidente, Issa Hayatou dichiara: “Perché l’Africa appoggia così fortemente Blatter? Perché lui ha veramente aiutato il nostro continente”.
E sciorina fatti concreti: “Ha assegnato all’Africa la Coppa del mondo del 2010, ha organizzato corsi di addestramento, ha consentito la realizzazione di impianti sportivi. Son queste le regioni del nostro sostegno, nulla di più, contrariamente a quanto si crede”.
Issa Hayatou glissa sulle accuse di corruzione mosse dalla giustizia Usa, che vanno a macchiare proprio l’assegnazione dei mondiali al Sud Africa (tangente di 10 milioni di dollari per togliere la sede al Marocco), oltre a respingere sdegnosamente i sospetti che sono stati avanzati su di lui dalla stampa inglese.
E prosegue papale papale: “Il denaro che la Fifa attribuisce alle associazioni nazionali calcistiche (sono 209, ciascuna con diritto di un voto, mentre 6 sono le confederazioni continentali, ndr) è uguale per tutte, grandi o piccole, compresa la ricca Germania. Io sono presidente della commissione Finanze e di quella dello Sviluppo. E in queste commissioni avviene questa equa distribuzione. Ciò, però, irrita le grandi associazioni. Esse sono convinte di meritare più fondi. L’Africa è ben cosciente di questa situazione che le permette di veder sviluppare il suo calcio e le sue infrastrutture”.
In effetti, sotto Blatter, i fondi per lo <sviluppo> calcistico in Africa sono aumentati di ben 40 volte. E il ras del pallone si è guadagnato la lealtà africana. Bloomberg, in una sua inchiesta, ha parlato di un sistema “puramente elettorale”, o “clientelare di potere”. Che grosso modo, come si evince dal FIFA Financial Report 2014, (pubblicato sul sito della Federazione), si può riassumere così: “Nei quattro anni fiscali conclusi nel dicembre del 2014, la FIFA ha avuto entrate di 5,72 miliardi di dollari dalla vendita dei diritti televisivi e dalle sponsorizzazioni. Di questi, 358 milioni sono andati alle squadre, mentre i Mondiali hanno avuto spese in carico alla FIFA di circa 2,22 miliardi di dollari (il Brasile ne ha spesi circa 10). In generale nello scorso decennio, grazie all’aumento delle proprie entrate, la FIFA è stata in grado di accumulare una riserva di 1,52 miliardi di dollari, partendo praticamente da zero”.
L’enorme disponibilità di soldi si è riflessa anche nell’approvazione di molti programmi di finanziamento relativi al calcio in Paesi piccoli e poveri. Ad esempio, prendiamo il Ciad, che, come ha ironizzato la BBC, non è certo una potenza calcistica. Una nazione dove il calcio è scarsamente diffuso e che non ha proprio molte chances di partecipare a un Mondiale. Nella classifica mondiale stilata dalla Fifa è al 172° posto, ovvero molto, molto in fondo.
Ebbene, dal 2011, il Ciad ha ricevuto fondi per 26 progetti che spaziano dalla costruzione di campi sportivi a un centro tecnico, a una nuova sede della federazione calcistica, da seminari sul marketing alla preparazione degli arbitri.
Il potere di Blatter, però, come ha ricordato correttamente Luca Pisapia su “Il Fatto quotidiano”, non può essere ridotto a una mera questione criminale, nonostante le inchieste della FBI e della autorità svizzere sulla FIFA. Il suo potere viene letto molto diversamente, a conferma, potremmo malignare, che in Africa, prima o poi, tutti finiscono per cedere alle tentazioni della magia. Bianca, nera, solida o liquida che essa sia.
Intervistato dalla BBC, Amaju Pinnick, fresco presidente della Nigerian Football Federation, ha ribadito: “Blatter ha dimostrato una grande sensibilità verso l’Africa e ci ha dato tanto, tanti programmi di sviluppo”.
Amaju Pinnick ha 44 anni, è molto diverso, anche fisicamente, da Issa: laureato in Scienze politiche e pubblica amministrazione, è il 15° dei 19 figli di un papà poligamo, sposato, padre di 3 bambini, appartiene all’etnia Itsekiri del Delta Niger in Nigeria. Anche la sua carriera di manager calcistico, però, è cresciuta all’ombra del bwana Blatter, di cui è stato un diretto collaboratore. “Senza Blatter – ha aggiunto alla BBC – non avremmo goduto di così tanti benefici. Ciò che Blatter porta avanti è equità, uguaglianza, imparzialità fra le nazioni. Noi non vogliamo imboccare strade diverse”.
Addolorato della dipartita di Blatter si è detto Kalusha Bwalya, 52 anni, che non è uno qualunque nel mondo calcistico africano. E’ stato una vera star del pallone: come calciatore, viene considerato il più forte di sempre nel suo Paese (della cui nazionale è stato anche allenatore) e nel 1988 è stato nominato giocatore africano dell’anno. Ora è il presidente della Football Association of Zambia (FAZ), corrispondente alla Federcalcio italiana, oltre che esponente di spicco della Fifa e del CAF. Reduce dall’assemblea di Zurigo, dove ha guidato la delegazione zambiana di 3 uomini, nell’apprendere delle dimissioni del bwana svizzero ha twittato: “Il suo gesto gli fa onore, ma arreca un danno al calcio mondiale. E’ un giorno triste per il calcio. Sepp avrà sempre il mio rispetto, perché ha migliorato il gioco del calcio cui ha dedicato oltre 40 anni”. Parole nobili.
Peccato che lo stesso Kalusha non sia immune da sospetti di corruzione: prima li ha definiti spazzatura, poi ha ammesso di aver accettato 80 mila dollari per votare il Qatar quale sede dei Mondiale nel 2022. Ora è sotto inchiesta della commissione anticorruzione e pare che non abbia intenzione di tornare a Zurigo, per non finire nella rete della Fbi e delle autorità elvetiche.
Non è da meno il suo vicepresidente, Boniface Mwamelo, che nell’estate del 2013 è finito sui giornali locali per due episodi di cronaca, uno spiacevole, l’altro drammatico. Prima si è trovato “impigliato” in un’inchiesta per truffa riguardante la Mobile Telefone Networks (MTN), il gigante della telecomunicazione locale, sponsor della federazione calcistica nazionale; poi la sua ex moglie ha tentato il suicidio, perché il suo amante l’ha sedotta, mettendola incinta, e abbandonata, non mantenendo la promessa di sposarla. Mwamelo – dicono le cronache locali – ha cercato di far da paciere, ma, fallita la mediazione, ha cacciato di casa la sua ex signora, non senza averle prima sequestrato il telefonino.
Per Boniface, “Blatter è un uomo d’azione che lascia un’eredità ammirevole e ineguagliabile. Grazie a lui, la FIFA ha investito tanto, lui ha avuto un ruolo cruciale nello sviluppo del calcio in buona parte dei Paesi del Terzo Mondo, nel nostro Paese e in molti altri dell’Africa. E’ stato eletto democraticamente e la gente deve accettare il risultato dell’urna, che Blatter piaccia o non piaccia”.
Lo Zambia, che nella classifica mondiale del mondo pallonaro è al 68° posto, in effetti, come il succitato Ciad, è il classico esempio di beneficiario del programma detto “Goal” della FIFA.
Questo programma, dal 1999, ha realizzato circa 1000 programmi in tutto il mondo, ma soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Qualche esempio: in Zambia sono stati investiti 800 mila dollari (circa 730 mila euro) per fondare il Centro tecnico nazionale, nella capitale Lusaka, con 23 camere da letto, mensa e cucina. Nel 2001 è stato costruito il quartiere generale per la federcalcio zambiana per la modica somma di 555 mila dollari; tra il 2003 e il 2010 sono stati donati 700 palloni dell’Adidas.
Per non parlare di campi sportivi, corsi di addestramento. Si capisce perché sul sito della Federazione Sepp sia stato raffigurato a fianco di un uomo che porta la scritta: ”Sepp Blatter. L’unico uomo che si prenda cura dei problemi dell’Africa”. (Poi la foto è stata rimossa).
Eppure non è solo una questione di vil denaro. C’è chi si spinge anche oltre e vede nel lungo regno di Blatter un colpo allo storico eurocentrismo della FIFA e legge il supporto africano a Blatter come una forma di lotta all’imperialismo e al colonialismo.
Il primo e più convinto sostenitore di questa tesi è il già citato Fikile Mbalula, ministro dello sport del Sud Africa: “Gli imperialisti occidentali si atteggiano a gendarmi del mondo. Noi abbiamo combattuto e sconfitto il colonialismo e continuiamo a lottare contro l’imperialismo in qualsiasi forma esso si manifesti. Noi crediamo nel multilateralismo, non nell’unilateralismo”. Il pallone come strumento di liberazione.
Alti lai contro l’arroganza occidentale vengono anche da Kwesi Nyantakyi, banchiere, avvocato, capo della Associazione calcistica ghanese, oltre che padrone di una squadra della locale serie A (la All Stars). Intervistato dalla BBC ha commentato: “Gli occidentali pensano che gli africani siano corrotti e facilmente influenzabile nelle loro decisioni. In realtà sospetto che l’Occidente voglia trasformare la FIFA in qualcosa di simile alle Nazioni Unite , dove il potere reale è concentrato nelle mani di 5 potenze nucleari, ciascuna delle quali ha il diritto di veto. La FIFA non ha una tale concentrazione di potere al suo vertice. Ciascuna federazione ha un voto, a prescindere dalla sua dimensioneo dal potere del paese che rappresenta”.
Isha Tejan-Cole Johansen, presidente della federazione calcistica della Sierra Leone, va ancora oltre: per lei Blatter è la sintesi di una figura paterna-carismatica. In una lunga intervista alla Cnn ha dichiarato: “Il Blatter che conosco io dal 2003 non è un tiranno né un dittatore. Vedo in lui una figura paterna. Fin dal primo giorno in cui misi piede a Zurigo, fui accolta da lui con gioia, si sedette al mio fianco e cominciò a parlarmi della Sierra Leone. Lui si è preso a cuore il continente africano, la sua gente, la sua cultura. ‘Siete sottovalutati, nonostante il vostro talento’ – mi disse – e userò il mio potere perché diventiate una forza che debba essere tenuta nella giusta considerazione”.
Isha Johansen è un’imprenditrice che si divide fra Freetwon e Chelsea (Londra) ed è una delle due sole donne al mondo a essere a capo di una Federcalcio (l’altra è Lydia Nsekera, presidentessa del “Burundi Football Association”). Isha Johansen, una fine ed elegante signora di età indefinita (impossibile conoscere la sua data di nascita!) è anche uno dei nomi che circolano quale possibile successore dello stesso Blatter: “Perché no, se dovesse succedere sarebbe bello – ha detto commentando i rumors che la riguardano – Mi darebbe fastidio , però, se venissi scelta perché sono donna e non perché lo merito. Sono contro le quote rosa>.
Ma non tutto è oro quel che luccica. Anche Isha Jhoansen viene contestata in Sierra Leone , la sua gestione messa sotto accusa e sospettata di aver ceduto, pure lei, alla suadente melodia del dollaro. Il suo peggior nemico è Ismail Al-Sankoh Conteh, viceministro dello Sport, che, sostengono i media africani, non ha mai avuto peli sulla lingua. “Ho perso completamente fiducia nella leadership di Sepp Blatter – ha dichiarato -. Lo sviluppo del calcio in Sierra Leone continuerà a fare grossi passi indietro se il governo Blatter insisterà nell’appoggiare Isha Johansen. L’abbandono di Blatter è una buona notizia per il calcio africano e un chiaro segnale ai dirigenti perché rispettino imparino a essere affidabili e trasparenti. E’ un messaggio di moralità a tutte le associazioni calcistiche, che la corruzione e le alleanze scellerate non devono essere tollerate e ogni accordo finanziario deve essere attentamente controllato”.
La voce di Al Sankoh Conteh è una delle poche fuori dal coro africano di sostegno a Blatter. Ad essa si unisce quella di Simataa Simataa, ex presidente della “Football Association of Zambia” (FAZ). “Tante opere sono state realizzate grazie al denaro della FIFA, ma la percezione che si è avuta è fossero soldi di Blatter. In realtà tutto sarebbe stato fatto comunque, con Blatter o senza Blatter. Il problema vero sono le regole e l’etica, che purtroppo sono andate declinando sotto la sua leadership”. Sia Al Sankoh-Contehm, sia Simataa Simataa, però, non votano a Zurigo. Ed è verosimile che sarà difficile scalzare il bwana svizzero.
Nonostante le sue dimissioni, nonostante le inchieste sul (presunto) malaffare calcistico mondiale, Blatter ha continuato a ricevere messaggi di supporto dalle Federcalcio di Asia e, soprattutto, dell’Africa che gli chiedono di tornare sui suoi passi .
Blatter, onorato di questo appoggio, non escluderebbe di rimanere al suo posto. “Titì, nun ce lassà”, gridava una tribù africana al protagonista di un vecchio e celebre film impersonato da Nino Manfredi, che stava per tornarsene in Italia. Ecco, lo stesso grido sembra giungere ora dal continente nero al bwana svizzero. Potenza di uno stregone bianco.
Costantino Muscau
c.muscau@alice.it
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