Speciale per Africa ExPress
Blessing Akele
Benin City, 12 giugno 2015
Dall’insediamento della nuova amministrazione del generale ex golpista Muhammadu Buhari, il 29 maggio scorso in Nigeria, non sembra che le previsioni fatte da molti osservatori si stiano realizzando.
Una decina di giorni prima della transizione democratica al nuovo governo, il Pease è piombato in un’acuta crisi petrolifera con il prezzo di benzina che ha sfiorato i 2 euro al litro e in alcune metropoli, come Lagos e la capitale Abuja, ha superato questa soglia.
I petrolieri battevano cassa per ottenere il sussidio concordato con il governo precedente di Goodluck Jonathan e siccome i milioni di dollari non arrivavano hanno ritenuto che l’arma migliore per costringere al pagamento fosse quella di sabotare gli interessi della collettività. Risultato si è acuito così, lo stato di bisogno, di povertà e di indigenza dei cittadini comuni. Il braccio di ferro tra governo e petrolieri è ancora in corso.
Delle 97 naira, poi diventate 87, annunciate a gennaio, dal Ministro Deizani Alison Madueke, come nuovo costo della benzina (era una buona notizia d’inizio anno probabilmente come parte della campagna elettorale), il prezzo è passato oggi tra le 120 – 150 naira (circa un euro) al litro. Questa spesa grava pesantemente sul già magrissimo bilancio familiare dei nigeriani. Per questo motivo, l’inizio del governo di Buhari non è stato dei migliori e sembra che il Paese annaspi nel più completo buio pesto.
Dei 170 millioni circa di abitanti della Nigeria, molto meno di 10 millioni hanno potuto seguire in televisione l’inaugurazione del nuovo governo. Un altro numero esiguo avrà seguito l’avvenimento via radio (con le pile). La radio è in Nigeria il maggiore mezzo di comunicazione di massa: il 70 percento della popolazione usa la radio per informarsi e restare aggiornata.
Previsioni buone sul governo di Buhari ancora non ce ne sono. I giorni precedenti all’insediamento, il gruppo di Boko Haram ha proseguito con i suoi attachi terroristici dando una tregua di qualche giorno solo il 27, 28 e 29 maggio, per poi riprendere immediatamente dopo, le sue azioni nefande nel nordest. L’ultimo attacco stato registrato il 4 giugno a Shetimare, nella provincia di Kaga, nello Stato del Borno.
Buhari consapevole che ormai la situazione della sicurezza nazionale è sfuggita di mano o, comunque, è divenuta incontrollabile, come primo atto da presidente e capo delle Forze armate, ha imposto il trasferimento del quatiere generale dell’esercito da Abuja a Maiduguri, la città dove è nato Boko Haram e dove rimarrà fino a che il gruppo terrorista sarà sconfitto.
Inoltre, i suoi primi due viaggi all’estero da Presidente, sono stati in Niger, prima, e in Chad, subito dopo. Questo, per la rilevanza strategica di queste due nazioni nella lotta al terrorismo e specificamente per il ruolo che questi due Paesi possono giocare nel contenimento del movimento, dei suoi membri e delle loro risorse, dentro e fuori dalla Nigeria.
Altro punto dolente è quello della corruzione dominante. Le promesse elettorali di lotta senza quartiere a questo cancro che divora la società nigeriana, sono ancora agli annunci sulle azioni che il nuovo governo intende prendere. Ma Buhari ha voluto precisare a scanso di equivoci, che non scatenerà la caccia alle streghe. In questa frase sembra che si sia già cambiato il programma: le mani in pasta sono diverse, ma non cambia la pasta e la lotta alla corruzione vera potrà aspettare. Magari si colpirà qualcuno da utilizzare come capro espiatorio.
La composizione del nuovo gabinetto dei ministri è ancora in fieri, in divenire. Pochi giorni fa il portavoce del presidente Mallam Garba Shehu, ha riferito che Buhari chiede tempo e pazienza ai cittadini per la formazione della compagine. Tuttavia, ha già cominciato a stilare una prima lista di 15 consiglieri, che è stata inviata al Senato per l’approvazione. Il 3 giugno si è diffusa la notizia secondo cui il presidente starebbe per affidare a se stesso, il decastero del Petrolio e Gas, unica fonte rilevante dell’introito nazionale. Non vuole nominare in quel posto persone che non godono della sua fiducia. L’ha comunicato alla Reuters il braccio destro del presidente, il quale ha aggiunto: “Il settore del petrolio e gas in Nigeria è così sporco che nessuno della classe dirigente ha le mani sufficientemente pulite per guidare il ministero e operare il cambiamento necessario”.
Bisogna ricordare che, Buhari stesso ha familiarità con il settore, tenuto conto che, durante il regime militare di Sani Abacha, ha ricoperto la carica di Capo del Petroleum Trust Fund e sotto il regime dittatoriale di Olusegun Obasanjo, era il Ministro del Petrolio e Gas. L’obiettivo annunciato dall’odierno presidente ex golpista e ora presidente democratico Buhari è di rivitalizzare il settore della raffinazione del greggio che risulta inesistente viste le condizioni decrepite delle raffinerie presenti.
Pur essendo l’ottavo produttore di petrolio al mondo, la Nigeria non ha raffinerie in grado di produrre carburanti quindi deve importare benzina e gasolio con il risultato che dipende dagli umori dei petrolieri, che ora si sono trasformati in “sabotatori”. I lavoratori del settore petrolifero, a loro volta, hanno chiesto al Presidente di mettere chi vuole a capo della NNPC (Nigerian National Petroleum Corporation), l’ente petrolifero di Stato, equivalente all’italiana ENI, ma non un politico. Gli hanno poi ricordato di rispettare il contratto firmato con i nigeriani secondo cui avrebbe creato nuovi posti di lavoro (due milioni per l’esettezza), la maggior parte dei quali destinata ai giovani.
Buhari aveva anche indicato il settore privilegiato per la riforma: l’agricoltura, un settore che la maggioranza dei giovani del mondo (e quindi anche della Nigeria) schivano, anche se poi, per necessità, si adeguano.
Per dare ossigeno alle casse dello Stato, il presidete sta predisponendo anche il taglio dei costi della politica, a partire dal suo stipendio, che sarà ridotto del 50 percento. Intende poi tenere i ministri fuori dalla gestione diretta degli appalti pubblici, come ha riferito il capo dei servizi della Federazione, Dantali Kafasi. E per sottolineare la serietà della nuova amministrazione nella lotta alla corruzione, vuole riaprire il caso Halliburton, che vede pezzi da novanta della classe dirigente nigeriana (ex vice presidente della Repubblica Federale, ex ministri) e affaristi di uguale livello degli Stati Uniti d’America, coinvolti in una frode di oltre 300 milioni di dollari, nell’ambito di un progetto truccato nel settore del gas naturale liquefatto.
Lo slogan del nuovo governo è: “Change”, cioè cambiamento, svolta in italiano. Un’inversione di rotta auspicato da molti nigeriani. Nel frattempo però si assiste ad annunci e previsioni sconfortanti. Il partito di governo All Progressive Congress, APC ha comunicato al mondo nel suo sito ufficiale – e l’ha fatto in una maniera assolutamente moderna, innovativa e tecnologica – di aspettare. Infatti, si vede una pagina con il simbolo di “Avvio”, usato nei computer, ingranditata a tutta pagina con scritte le seguenti parole: “Restarting Nigeria: this may take several months. Please wait… ” E sotto la barra che segnala la progressione dell’avvio, si legge: “1% done”. Messaggio chiarissimo e lanconico. Ci vuole tempo, aspettate. Ma che sarà mai questa svolta?
Blessing Akele
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