In Sicilia la centrale europea per la guerra alle migrazioni mediterranee

Antonio Mazzeo
Catania, 1° giugno 2015

Bruxelles estende a 138 miglia nautiche a sud della Sicilia l’area delle operazioni militari e d’intelligence di Frontex, amplia il budget finanziario per il “contenimento” delle imbarcazioni di migranti e istituisce a Catania una centrale mediterranea dell’agenzia per il controllo delle frontiere esterne Ue.

“L’area operativa dell’operazione Triton viene estesa così sino a 80 chilometri dalla costa libica ma le unità aeree e navali potranno fare ingresso nelle acque del Paese su richiesta d’intervento per operazioni di soccorso e salvataggio”, ha riferito il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri.

“Il centro di coordinamento di Triton – ha aggiunto Leggeri – sarà aperto prima possibile a Catania dove le autorità locali ci hanno offerto una sistemazione che i nostri ufficiali hanno trovato idonea. La base regionale di Catania costituisce un progetto pilota, che potrà essere replicato anche in altri Stati membri, e riguarda i cosiddetti hotspot, i centri proposti dalla Commissione dell’Unione europea nella sua Agenda per l’immigrazione dove concentrare gli sbarchi dei migranti e sottoporre questi ultimi a un primo screening. L’idea è di mettere a punto un sistema in cui il porto di sbarco è vicino al centro di prima accoglienza, dove i migranti saranno intervistati ed ospitati per un breve periodo prima di essere trasferiti”.

Secondo le prime indiscrezioni sarebbero già cinque gli hotspot individuati in Sicilia (Augusta, Catania, Lampedusa, Porto Empedocle e Pozzallo), mentre i team di Frontex coordineranno le attività di Triton dal centro di Catania in “stretto contatto” con le autorità civili e militari italiane e i funzionari dell’Ufficio di polizia europeo “Europol”, dell’Unità di cooperazione giuridica “Eurojust” e dell’Agenzia europea per l’asilo “Easo”.

“La ragione per la quale ho fatto questa proposta all’Italia – spiega Fabrice Leggeri – sta nel bisogno di avere, a livello locale, ufficiali in grado di coordinare e mettere a punto le dimensioni tecniche e logistiche del lavoro per le attività di seconda linea, quelle condotte cioè dagli intervistatori sul campo (screeners e debriefers), che possono individuare migranti con informazioni di intelligence importanti per Europol, impegnata nell’operazione contro i trafficanti Jot Mare o chiedere l’intervento di Easo per i soggetti vulnerabili”.

Parallelamente al potenziamento del ruolo sicuritario e repressivo di Frontex e delle altre agenzie europee (il giurista dell’Università di Palermo, Fulvio Vassallo Paleologo ha denunciato in particolare come con i nuovi piani Ue “l’Agenzia per l’asilo Easo viene indirizzata verso l’assolvimento di attività di polizia, soprattutto nella fase dello sbarco e del fotosegnalamento con il prelievo delle impronte digitali”), Fabrice Leggeri annuncia che a partire dalla prossima estate il dispositivo Triton schiererà tre aerei, sei navi d’altura, dodici pattugliatori e due elicotteri.

“Abbiamo fortemente aumentato il numero di mezzi nel Mediterraneo centrale per sostenere le autorità italiane nel controllo delle frontiere marittime e per salvare vite, troppe delle quali sono già state tragicamente perdute quest’anno”, spiega il direttore esecutivo di Frontex. “Intensificheremo anche i nostri sforzi per smantellare i network di trafficanti, attraverso l’impiego di nove team di specialisti in debriefing. Il ruolo di questi ufficiali è particolarmente importante perché raccolgono informazioni di intelligence sui criminali in Libia e in altri Paesi di transito”.

La Commissione europea assegnerà a Frontex altri 26,25 milioni di euro per rafforzare le operazioni Triton e Poseidon (quest’ultima è in corso nell’Egeo e in territorio greco), da giugno fino a fine 2015. Conti alla mano, il budget annuale di Triton supererà quest’anno i 38 milioni di euro, mentre a Poseidon saranno destinati complessivamente 18 milioni. Bruxelles prevede di finanziare le due operazioni anche per il prossimo anno con altri 45 milioni. Sino ad oggi quasi tutti i paesi dell’Unione, con esclusione di Bulgaria, Cipro e Ungheria si sono impegnati a fornire personale e mezzi alle missioni d’intelligence nel Mediterraneo centrale.

Frontex e la neo costituita centrale operativa di Catania avranno pure il compito di coordinarsi e cooperare con la missione navale EunavFor Med, lanciata il mese scorso dai ministri degli esteri dell’Unione europea contro le reti di trafficanti e scafisti in nord Africa. EunavFor Med avrà sede presso l’Operational Headquarter Ue di Roma, sorto nei pressi dell’aeroporto militare di Centocelle e sarà posta sotto il comando dell’ammiraglio italiano Enrico Credendino, già comandante dall’agosto al dicembre 2012 della Forza navale europea Eu NavFor impegnata nell’operazione “Atalanta” contro la pirateria nelle acque del Corno d’Africa.

Per la task force anti-migranti, di cui si attende l’autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e che sarà operativa molto probabilmente sin dal prossimo 1° luglio, il consiglio dei ministri dell’Ue ha stanziato per i primi due mesi di attività 11,82 milioni di euro. A Eu NavFor contribuiranno fattivamente non più di una decina di paesi: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Slovenia, Spagna, ecc.

Il testo ufficiale approvato a Bruxelles stabilisce che la nuova forza navale dovrà procedere con l’“identificazione e il monitoraggio dei network dei trafficanti attraverso la raccolta delle informazioni e la sorveglianza delle acque internazionali”, mediante l’uso di navi, sottomarini, aerei, elicotteri e droni. “La flagship potrebbe essere una delle due portaerei italiane, la Garibaldi o la moderna Cavour, ma ci sono ipotesi sull’impiego anche come nave-comando di una delle tre unità San Giorgio, San Giusto, San Marco”, scrive Maria Grazia Labellarte sul sito specializzato difesaonline.it.

“Fondamentale in questi casi sarà il ruolo dell’intelligence per quella che sarà l’attività d’intercettazione e rimozione dei barconi. Le informazioni dovranno essere condivise necessariamente dai vari servizi che hanno già una rete ben consolidata ed ampia nell’area libica. È sulla base di queste informazioni – incrociate con le immagini aeree della situazione sul terreno provenienti dai velivoli senza pilota Predator, dai caccia Tornado e da altri aerei da ricognizione – verrebbero pianificati ed eseguiti i previsti blitz delle forze speciali finalizzati a distruggere le imbarcazioni nei porti”.

Aldilà dei proclami buonisti e tranquillizzanti, l’Unione europea si sta preparando infatti a scatenare e gestire direttamente vere e proprie operazioni di guerra nel Mediterraneo centrale e in nord Africa. Alle unità di EunavFor Med sarà assegnato infatti il compito di intercettare e abbordare le imbarcazioni di migranti e richiedenti asilo già in acque libiche e, finanche, di bombardarle e distruggerle in rada.

Nei giorni scorsi, WikiLeaks ha reso noti due documenti riservati elaborati dall’European External Action Service (EEAS) e dal Single Intelligence Analysis Capacity  (SIAC), approvati dal Comitato Militare (EUMC) e dal Comitato Politico e di Sicurezza (CPS) dell’Unione europea, che delineano le pericolose derive belliche della nuova missione anti-migranti in Libia. Nel primo documento, i capi di difesa degli stati membri dell’Ue auspicano un’operazione contro le reti e le infrastrutture di trasporto rifugiati nel Mediterraneo, con la distruzione di barche ormeggiate e lo schieramento della forza militare in Libia per fermare i flussi migratori.

Il secondo documento rivelato da WikiLeaks, dal titolo Raccomandazioni relative al progetto di Concetto di Gestione della Crisi per una possibile operazione PSDC per smantellare le reti di trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo centrale e meridionale, aggiunge che la missione militare di “identificazione, cattura e distruzione delle imbarcazioni prima che esse siano utilizzate dai trafficanti” dovrà avere una durata non inferiore ad un anno, e che sarà ricercata un’“effettiva cooperazione”, specie nel campo dello scambio d’informazioni e intelligence, con gli attori militari, le entità e le autorità che operano nell’area interessata alle operazioni (Onu, Nato, Unione Africana, Lega Araba, “stati terzi come Egitto, Tunisia e se possibile il governo legittimo libico”, le agenzie e le missioni militari Ue nel continente africano). La Nato ha già fatto sapere a Bruxelles di essere disponibile a intervenire nelle operazioni di guerra contro gli scafisti nordafricani, con la giustificazione (mai provata) che “sui barconi dei migranti potrebbero imbarcarsi anche terroristi o miliziani Isis”.

Intanto è stato reso noto che l’ufficio regionale di Frontex a Catania sarà realizzato nell’ex monastero di Santa Chiara, nella zona del Castello Ursino, restaurato recentemente dal Comune e messo a disposizione dell’Agenzia per il controllo delle frontiere Ue dal sindaco Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale dell’ANCI. “Da oltre un anno sostengo la necessità che  Frontex abbia una sede in Sicilia”, ha dichiarato Bianco. “Nella mia qualità di capo della Delegazione italiana al Comitato delle Regioni dell’Unione europea avevo ribadito la richiesta di un ufficio operativo di Frontex in Sicilia, il 16 aprile scorso a Bruxelles, al direttore generale Immigrazione della Commissione Ue, Mathias Ruete. Adesso, finalmente, si realizza quello che auspicavamo, il salto di qualità della polizia di frontiera europea e lo spostamento dell’attività di Frontex dove serve, ossia nel Mediterraneo, passo importante per dare finalmente una risposta all’emergenza umanitaria che stiamo vivendo in Sicilia”.

Tutt’altro che entusiasta è la valutazione del professor Vassallo Paleologo, uno dei massimi esperti italiani in tema di diritto d’asilo e politiche migratorie. “A Catania arriveranno funzionari di diverse forze di polizia europee che parteciperanno alle operazioni d’identificazione, l’interesse vero che ha spinto l’Europa a creare un avamposto Frontex in Sicilia”, spiega il docente dell’Ateneo palermitano. “Altra missione europea sarà quella di gestire meglio le operazioni di rimpatrio attraverso i voli. In quest’attività Catania non ha nulla da farsi insegnare, perché in passato ha funzionato già come hub di respingimento per migliaia di egiziani. Con le operazioni di rimpatrio con i voli congiunti, Frontex si orienta verso decisioni che vanno ben oltre il suo mandato, dettato dal Regolamento 2007/2004/CE. Inoltre, la Commissione europea sta discutendo, nel segreto più assoluto, sulle nuove regole per prelevare, anche con l’uso della forza, le impronte digitali ai migranti ed ai richiedenti asilo, incluse le persone vulnerabili come i minori non accompagnati e le donne in stato di gravidanza. Si profila un ampliamento dei casi di detenzione amministrativa o di confinamento forzato dei potenziali richiedenti asilo e di tutti i migranti in genere, costretti all’ingresso irregolare o soccorsi in mare”.

A questo scopo potrebbero sorgere in diverse regioni italiane veri e propri hub per l’identificazione e la detenzione amministrativa di migranti e richiedenti asilo: due in Sicilia, gli altri in Calabria, Puglia, Lazio e Campania.

Contro l’apertura della sede mediterranea di Frontex si stanno mobilitando diverse realtà antirazziste siciliane. “L’agenzia Frontex e l’operazione Triton sono programmi militari dell’Unione Europea volti alla chiusura delle frontiere e al respingimento dei migranti, non hanno nulla a che vedere con l’accoglienza e il salvataggio delle vite di chi per fame, guerra e disperazione è costretto ad attraversare il Mediterraneo su barconi insicuri”, scrivono Arci, Catania Bene Comune, Comitato Popolare Experia, La Città Felice, Rete Antirazzista Catanese, Rifondazione Comunista, Unione degli Studenti e Comitati No Muos. “La Sicilia è stata nel corso degli anni sempre più militarizzata: Sigonella, il Muos, i droni, i depositi di armi, i radar di Lampedusa l’hanno trasformata in un arsenale di guerra a cielo aperto; allo stesso modo l’apertura dei CIE e del Cara di Mineo l’hanno resa il più grande lager per migranti d’Europa. Non possiamo accettare un’ulteriore militarizzazione delle nostre coste e dei nostri mari; non possiamo restare a guardare mentre migliaia di donne, bambini e uomini muoiono nel Mediterraneo e l’Europa si preoccupa soltanto di chiudere le frontiere”.

Alla campagna di mobilitazione contro la centrale Frontex in Sicilia sarà dedicata una delle sessioni di lavoro del meeting La fortezza Europa non si festeggia ma si combatte, promosso a Messina il 2 e 3 giugno dal Teatro Pinelli Occupato in concomitanza delle celebrazioni istituzionali (Comune e Università di Messina) del 60° anniversario della Conferenza europea che si tenne nella città dello Stretto per volontà dell’allora ministro degli Esteri, Gaetano Martino.

 Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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