Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 25 maggio 2015
Qualche mese fa Robert Mugabe ha festeggiato in grande stile, come ogni anno, il suo compleanno. Solo diverse migliaia di amici intimi hanno partecipato al ricevimento, organizzato in un grande albergo vicino alle cascate Vittoria. In tavola è stato servito ogni ben di dio, i vini più pregiati, carni prelibate. Il catering è stato curato in ogni dettaglio dal proprietario del resort e dal fedelissimo di Mugabe, Tendai Musasa. La moglie Grace, di 41 anni più giovane di Mugabe, sopranominata Gucci Grace , si è presentata alla festa forgiando i soliti abiti di superlusso.
Il vecchio leader ha compiuto 91 anni lo scorso 21 febbraio e la sua salute comincia a cedere. Qualche mese fa è caduto a Harare. Le foto hanno fatto il giro del mondo e così il satrapo ha licenziato una decina di bodyguard, perché non hanno saputo garantire la sua privacy.
Un party megagalattico, malgrado la grave crisi economica che affligge il Paese. Le scarse piogge di quest’anno daranno un poverissimo raccolto, specialmente nel sud del Paese. Per sopravvivere molti agricoltori saranno costretti a vendere capre e galline. Il governo minimizza e non dichiarerà lo stato di emergenza. I privati importeranno il mais per il fabbisogno delle città, mentre il governo si occuperà delle necessità per le aree rurali.
Si stima che il ventitré per cento delle terre coltivate, prevalentemente a mais, non produrranno alcun raccolto in questa stagione. E, in mancanza di assistenza, il venti per cento delle famiglie si troveranno in grave difficoltà alimentare, con un’alta o addirittura acuta percentuale di malnutrizione da luglio fino a settembre, se non oltre.
Da febbraio 2015 ad oggi il prezzo del mais è cresciuto del quarantaquattro per cento nei distretti del sud.
Ora la maggior parte degli agricoltori gironzola per le città in cerca di un’occupazione. Non ha nulla da fare, senza un soldo e con grande tentazione di scapare in Sudafrica in cerca di fortuna, di un lavoro, per sfamare la famiglia, è grande.
Ad Harare, capitale dello Zimbabwe, la situazione non è migliore. Una decina d’anni fa Mugabe ha cacciato tutti gli abitanti da Komboyatswa, una baraccopoli. Ora quasi tutti sono tornati. Non avevano altro posto dove andare. La maggior parte degli abitanti si guadagna da vivere vendendo frutta, verdura e dolci lungo le strade di Harare e qualcuno è emigrato in Sudafrica per scappare dalla povera e misera economia locale.
C’è sempre una lunga fila alle stazioni delle corriere che partono quotidianamente per Johannesburg. I più non hanno il necessario permesso di lavoro. Ma non importa, partono lo stesso: Sanno che in patria non hanno da mangiare né per se né per la propria famiglia.
Gli analisti sostengono che lo Zimbabwe dovrà importare da ora fino al prossimo anno settecentomila tonnellate di mais per un costo complessivo di duecentoventi milioni di dollari.
Cornelia I.Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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