Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
17 maggio 2015
L’ambasciatore eritreo presso l’Unione Africana, Mohammed Idris, e per anni uno dei più alti funzionari del regime, ha lasciato il suo posto e ha accusato la dittatura che governa l’ex colonia italiana, assieme alla Corea del Nord il più repressivo del mondo, di aver tradito gli ideali di libertà e di democrazia che per trent’anni avevano sostenuto la lotta di liberazione. Il diplomatico ha chiesto asilo politico in Etiopia.
Mohammed Idris è l’ultimo di una serie di ambasciatori che sono scappati dall’ex colonia italiana. La notizia, diffusa dalla televisione di Stato etiopica, è stata ripresa da tutti i siti che si oppongono alla dittatura fascista del presidente Isaias Afeworki. Ora ci si aspetta che il fuggitivo riveli i tanti segreti che circondano il regime, compresa la prigione, la cui ubicazione è tenuta rigorosamente nascosta, in cui sono detenuti i ministri, gli eroi e i veterani della lotta di liberazione, arrestati il 18 settembre 2001 e di cui da allora non si sa più nulla.
Ma non solo. Il diplomatico, dalla sua importante posizione all’interno dell’Unione Africana e dall’alto livello occupato all’interno del partito al potere, People’s Front for Democracy and Justice , PFDJ (come si può immaginare se è andato a rappresentarlo in Etiopia, il diplomatico doveva godere dell’ampia fiducia del tiranno) conosce parecchie cose sicuramente interessanti sulle relazioni di Asmara con i gruppi islamici: in particolare deve sapere i dettagli delle relazioni con gli Shebab, i fondamentalisti della Somalia, ai quali secondo le Nazioni Unite, Asmara ha fornito armi, supporto logistico e istruttori militari, e i Paesi del Golfo, Iran compreso. Un ghiotto boccone per l’intelligence americana, che vuol tenere sotto controllo i ribelli islamici somali che si definiscono la branca di Al Qaeda nel Corno d’Africa.
Le galere eritree sono piene di giornalisti, studenti, professori e in genere di dissidenti. Il regime non tollera critiche, i giornali indipendenti sono stati chiusi e i loro reporter cacciati in prigione o si sono rifugiati all’estero. Una parola sbagliata può costare un pestaggio o un po’ di tempo dietro le sbarre.
Una guerra cui ha partecipato anche Mohammed Idris che ha combattuto nel EPLF (Eritrean People’s Liberation Front) assieme al presidente-dittatore Isaias Afeworki. Quindi ha fatto parte di vari governi. Infine era stato nominato ambasciatore presso l’Unione Africana che ha sede nella capitale di quello che Isaias e i suoi estimatori considerano il loro arcinemico, l’Etiopia.
“Un popolo che per anni ha combattuto per la giustizia e la libertà – ha sostenuto Idris in un’intervista con l’ Ethiopian Broadcasting Corporation (EBC), la televisione di Stato Etiopica – ora è soggetto a una totale ingiustizia ed è privato della libertà. Questo mi ha spinto di prendere la decisione di andarmene”.
Asmara non ha ancora commentato la decisione del suo diplomatico. Ora ci si aspetta che altri ambasciatori seguano il suo esempio. Sicuramente su questa lista ce ne sono tre pronti a scappare e a denunciare le malefatte della dittatura. L’opposizione eritrea, nei suoi vari siti ha descritto la fuga come una grande sconfitta del governo di Asmara, accusato, senza mezzi termini, di grossolane violazioni dei diritti umani, compresi omicidi extra giudiziari torture e arresti arbitrari.
Dall’Eritrea i giovani scappano perché non hanno alcun futuro. La gestione arrogante del potere ha portato l’economia al collasso, non c’è lavoro, non ci sono alternative. L’unica cosa certa è un servizio militare nella base di Sawa, dove l’addestramento si sa quando comincia ma non quando finisce. Il militarismo ossessivo, il nazionalismo maniacale ricorda tanto quello del nazismo tedesco prima dell’ultima guerra mondiale.
Chi cerca di scappare e viene riacciuffato viene considerato un traditore della patria e quindi rischia la pena di morte. Ciononostante ogni mese 4 mila giovani eritrei ogni mese scappano nei Paesi vicini, ma il loro sogno è raggiungere l’Europa, trampolino di lancio verso i Paesi scandinavi o nordamericani. Molti però sono costretti a fermarsi in Sudan o in Etiopia dove oggi hanno trovato asilo almeno 90 mila eritrei.
L’opposizione però è divisa. I gruppi armati che lanciano operazioni militari mordi e fuggi sono soprattutto afar, un’etnia originaria della Dancalia, quella striscia lunga e stretta che collega gli altopiani eritrei a Gibuti. L’opposizione politica, invece, conta almeno dieci gruppi. In questo modo la loro incidenza non è grande.
Massimo A. Alberizzi
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