Speciale per Africa-ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 19 aprile 2015
Secondo le stime dell’UNHCR sono quasi 1600, scriviamolo anche a chiare lettere: milleseicento, i morti nel Mediterraneo dal 1° Gennaio 2015 al 19 aprile 2015. Una cifra da capogiro, mentre i migranti approdati in Italia nello stesso periodo sono 16.618.
Nell’ottobre 2013 morirono in un naufragio vicino Lampedusa 366 persone, altri venti dispersi, mai ritrovati. Il mondo intero si era indignato. All’unisono “i grandi della terra” avevano promesso: “Non succederà mai più”.
E’ successo ancora e ancora. Questa notte la tragedia: tra 700 e 950 persone annegate. Numeri ancora incerti, non sappiamo nulla sulle persone annegate, nemmeno il loro Paese d’origine. Sappiamo che erano stipati su un peschereccio battente bandiera egiziana e che i più ora sono morti. Secondo le prime ricostruzioni sarebbe partito dall’Egitto per la Libia. Vicino a Zuaru avrebbe imbarcato tra i 700 e 950 migranti. Tra loro anche duecento donne e tra quaranta e cinquanta bambini, come ha riferito un superstite, originario del Bangladesh, questa sera alla Procura di Catania.
Un bell’affare per l’armatore, trafficante, che per ogni passeggero incassa più o meno milleseicento dollari. Sì, è un trafficante di esseri umani, che si arricchisce grazie a chi fugge da governanti dittatori, dai signori della guerra, dalla miseria nera. Il profugo scappa per sopravvivere, perché vuole vivere. Non diventa rifugiato perché ha deciso di esserlo. Un rifugiato non sceglie. Spesso non ha altra scelta.
Il trafficante non è che l’ultimo aguzzino di una lunga catena. Per raggiungere le coste libiche il migrante deve attraversare mezzo continente. Nascondersi, trovare punti di appoggio, affidarsi a guide, talvolta corrotte, pronte a venderlo al miglior offerente, spesso con la collaborazione di polizia o militari. Per la sua liberazione i familiari, specie se ha congiunti all’estero, devono sborsare somme ingenti. Basti ricordare la tratta del Sinai (http://www.africa-express.info/2013/12/08/un-rapporto-sulle-tragiche-verita-sinai-rapimenti-maltrattamenti-torture-e-se-la-famiglia-non-paga-il-riscatto-la-morte-ma-leritrea-continua-negare/).
Giunto in Libia il più delle volte viene arrestato oppure cade in mano a bande armate. Sostanzialmente cambia poco. I carcerieri distribuiscono botte e poco pane. Uno degli sport preferiti degli aguzzini è lo stupro. Per essere liberati bisogna pagare.
La zia di una ragazzina eritrea poco più che adolescente ha raccontato ad Africa ExPress: “Lula, mia nipote, è stata fortunata. Una volta arrivata in Libia ha subito trovato un passaggio per l’Italia. Non è né stata arrestata, né stuprata come succede regolarmente. In tre giorni è arrivata da Khartum a Tripoli”.
Dopo quest’ultima tragedia l’Italia, l’Europa, il mondo s’indignano nuovamente. Quali saranno le promesse questa volta? Si parla della difficile situazione in Libia, impossibile fermare gli sbarchi, impossibile trovare un interlocutore valido e credibile nella Libia di oggi.
Ma il vero problema non è la nostra ex-colonia. Lo sanno bene i nostri politici, anche se, a lor dire, bisogna combattere in primo luogo i trafficanti di uomini. Sanno bene che il problema sta a monte, nel Paese d’origine dei profughi, governati da dittatori corrotti, anche se formalmente eletti – con brogli e truffe – dal popolo. Ma noi con questi tiranni facciamo affari d’oro (http://www.africa-express.info/2014/08/28/renzi-africa-business-di-stato-e-rappresentanza-di-gruppi-industriali/), non solo l’Italia, l’Europa, tutto l’Occidente, senza dimenticarci della Cina e dei Paesi del mondo arabo.
Un sistema che abbiamo incentivato, senza tener conto delle sofferenze terribili degli abitanti di quei Paesi africani, così lontani da noi.
Il Mar Mediterraneo è diventato l’olocausto dell’era moderna. Tutti sapevano, ognuno si è girato dall’altra parte.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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