Speciale per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Roma, 25 marzo 2015
Erano le 5:30 di sabato mattina, 21 marzo, quando Fabio e Filippo Galassi, due cittadini italiani, padre e figlio, dipendenti del gruppo Rangerbourg a Bata, in Guinea Equatoriale, venivano visti uscire di casa con alcune valigie: fermati da una guardia di sicurezza dell’azienda per cui lavorano, la General Works, i due sono stati accusati di aver tentato di trasferire all’estero alcuni fondi della stessa società.
Sabato pomeriggio, al Tribunale di Bata, avrebbe dovuto tenersi la prima udienza di un concordato tra alcune imprese creditrici e la stessa General Works, che da diversi mesi non paga gli stipendi ai propri dipendenti e le fatture ai fornitori: a novembre infatti lo Stato della Guinea Equatoriale ha dichiarato ufficialmente l’insolvenza con le aziende creditrici, con molti appalti pubblici dati in gestione proprio al gruppo Rangerbourg e alla General Works.
“Quando ci siamo resi conto che sia lui che suo figlio stavano scappando con sei valigie, li abbiamo inseguiti e fatti arrestare” racconta Hassan, uno dei dipendenti della General Works, citato da Diario Rombe, che ha avvisato la polizia. Perquisiti nel commissariato di Bata, ai due non è stato trovato nulla di compromettente nè addosso nè all’interno delle valigie. Sabato pomeriggio però un giudice ha deciso per emettere un ordine di carcerazione per entrambi, che in questo momento si trovano in stato d’arresto: Fabio Galassi nel carcere militare di Bata, dove è detenuto un altro italiano, l’imprenditore Roberto Berardi, ed il figlio Filippo nel commissariato di Bata, dove Berardi fu detenuto illegalmente e in isolamento per 21 giorni.
Alle autorità consolari italiane è stato impedito di vedere i due Galassi e non è stato fornito loro neppure un preciso capo di imputazione: non ufficialmente i due sono accusati di aver tentato di trasferire fondi all’estero. Un’accusa mossa pochi giorni fa anche nei confronti dell’ex-allenatore dello Nzalang, la nazionale nguemista, Adoni Goikoetxea, bloccato in aeroporto a Malabo mentre trasferiva soldi in Spagna (a suo dire il suo compenso per la Coppa d’Africa, completamente sequestrato), liberato dopo qualche ora.
Secondo altre informazioni in possesso di Africa ExPress ieri mattina sono stati convocati al Tribunale di Bata i direttori delle più importanti aziende straniere che operano in Guinea Equatoriale: il clima nel paese nguemista ricorda quello che portò all’evacuazione di tutti gli stranieri dalla Costa d’Avorio nel novembre 2004.
Il dittatore Teodoro Obiang venerdì scorso ha firmato lo stato d’emergenza (Estado de Sitio), che generalmente viene decretato solo in caso di invasione, guerra o guerra civile: dalla fine della Coppa d’Africa nel piccolo paese subsahariano il regime ha messo in atto una stretta repressiva molto dura nei confronti dei cittadini stranieri: brutali arresti di chi viene trovato senza documenti, espulsioni collettive, torture pubbliche rivolte in particolare a cittadini camerounensi e gabonensi.
Il pretesto adottato dal regime nguemista è lo spauracchio Boko Haram, che opera ad oltre 1600 km dal confine nord della Guinea Equatoriale: gli uomini di Obiang ci avevano già provato durante la Coppa d’Africa, quando Crisantos Obama Ondo (più noto come Ondo Cris, ambasciatore a Roma presso la FAO e personaggio molto controverso) aveva denunciato un sedicente complotto messo in atto da parte di alcuni oppositori al regime, che avrebbero trovato un malato di ebola disposto a recarsi in Guinea Equatoriale durante la competizione sportiva internazionale per rovinare “la festa” agli Obiang. Panzane prive di fondamento ma che offrono al regime il pretesto per lo stato d’emergenza: l’obiettivo, in verità, è mettere a tacere l’opposizione.
Molti esponenti politici avversi al regime, tra cui il noto Guillermo Nguema Ela, sono stati arrestati e messi in condizione di non nuocere (isolati dai militari agli arresti domiciliari o in carcere): questa mattina 7000 studenti della UNGE (l’Università della Guinea Equatoriale) hanno convocato una manifestazione per chiedere le dimissioni del ministro dell’istruzione e della scienza Lucas Nguema Esono Mbang (che è anche secondo vicepremier). La reazione dei militari è stata violenta: 20 studenti sono detenuti nei locali dell’Università e, secondo Diario Rombe, una giornalista della rivista Ekos, Ana Modjo Ela, è stata duramente “avvertita” di non passare informazioni fuori dal paese.
Andrea Spinelli Barrile
Skype: djthorandre
twitter @spinellibarrile
Nelle foto Fabio e Filippo Galazzi, poi Filippo e infine Fabio
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