Scappano dai Boko Haram e si rifugiano in Niger: scoppiano i campi profughi

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 13 marzo 2015

Emergenza Boko Haram anche in Niger dove quasi centomila persone si sono rifugiate dalla vicina Nigeria negli ultimi due anni: i profughi sono in parte nigeriani, in parte nigerini, ex-espatriati economici che ritornano nel loro Paese. Ora, dopo gli ultimi attacchi nelle città nigerine di Bosso e Diffa, si stima che le persone in fuga siano centocinquantamila, cinquantamila sono gli sfollati.

Un mese fa il governo del Niger ha decretato lo stato di emergenza per la regione di Diffa, colpita all’inizio di febbraio dai terroristi di Boko Haram, penetrati dalla vicina Nigeria. Si sospetta inoltre, che molte cellule dormienti si siano riattivate nell’ex colonia francese.

Testimoni raccontano che Diffa, capoluogo della provincia omonima, sembra una città morta, nulla funziona più, né trasporti, né i servizi essenziali. La popolazione e i rifugiati sono scappati nelle campagne, o verso la città di Zinder.  “Per ragioni di sicurezza, l’ONU ha dovuto sospendere gli aiuti umanitari ai rifugiati”, ha dichiarato M. Monder, un portavoce dell’ONU alla fine di febbraio.

Anche la Croce Rossa denuncia lo stato di totale miseria cui vivono i profughi. La maggior parte è arrivata dalla Nigeria solo con gli abiti che indossavano. Sfiniti dalla fuga, disperati per la perdita di familiari e amici e terrorizzati sono arrivati in Niger in cerca di protezione. Ma i tentacoli dei Boko Haram arrivano ormai anche nei Paesi confinanti.

Zinder, città nel sud del Niger, che ha accolto un gran numero di profughi nigeriani giunti da Diffa (400 chilometri a est) vive con la paura delle minaccia degli infiltrati dei Boko Haram. Un impiegato di una ONG straniera racconta ai reporter di AFP: “Qualche giorno si è presentato alla moschea un uomo con un turbante; non lo avevamo mai visto in precedenza. Abbiamo chiesto di allontanarsi, di andarsene. E’ questo il clima che respiriamo ormai. Dobbiamo essere molto prudenti”.

Dall’inizio di febbraio, dopo la sanguinosa incursione dei terroristi a Diffa, le strade di ingresso nella città di Zinder, che conta trecentocinquantamila abitanti, sono controllate da decine di poliziotti. Moto, camion, macchine particolari, minibus e pullman vengono ispezionati minuziosamente.

Kalla Moutari, governatore della Regione spiega ai reporter di AFP: “Queste attente perquisizioni e i controlli, sono di vitale importanza. Ci permettono di intercettare persone che si infiltrano tra i rifugiati. Finora abbiamo arrestato una decina di presunti militanti Boko Haram, subito trasferiti presso il nucleo antiterrorismo nella capitale Niamey”.

In una lettera aperta di due giorni fa l’Organizzazione Non Governativa SOS Villaggi dei bambini parla di un’emergenza umanitaria drammatica in Niger: insicurezza alimentare, malnutrizione, flussi migratori, epidemie. L’ufficio di SOS in Niger ha lanciato un appello umanitario per Diffa, in particolare per i bambini, che rappresentano il 48 per cento dei rifugiati giunti in questa provincia. Molti di loro sono non accompagnati, traumatizzati, denutriti, ammalati.

Benedetta Niederhaeusem, responsabile emergenze dell’organizzazione per l’Africa occidentale e centrale ha spiegato: “Urge la protezione dei minori contro la violenza, lo sfruttamento sessuale, la discriminazione. E’ necessario identificare quanto prima i bimbi non accompagnati e ricongiungerli alle loro famiglie. Stiamo inoltre predisponendo un piano sanitario e nutrizionale”.

Salifou è un ragazzino di tredici anni, magro, pelle e ossa. “Sono arrivati degli uomini armati. Hanno sparato, ucciso i miei fratelli, mamma e papà. Ora sono solo al mondo”, ricorda.

Un’altra donna racconta: “Sono iniziate le doglie, quando sono arrivati i terroristi, mio marito era introvabile. Ho legato il maschietto di due anni dietro la schiena, ho preso per mano le mie due bambine e siamo scappati nella foresta. Ho partorito il mio quarto bambino da sola. Ora sono qui nel Niger, terra straniera, con quattro figli da crescere. Non so dove sia mio marito, non so se è ancora vivo”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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