Speciale per Africa ExPress
Federico Franchini
Ginevra, 5 marzo 2015
I suoi locali hanno sede al numero 42 della prestigiosa Rue du Rhône di Ginevra, una via famosa per le banche, le gioiellerie e i negozi di orologi di lusso. All’esterno della palazzina nessuna placca indica la presenza di questa società attiva nel commercio di materie prime. Solo una volta arrivati nell’atrio si può scorgerne il nome all’entrata di un ascensore: Philia. Un appellativo che non dice niente. Nemmeno a chi conosce bene tutti i segreti della piazza di trading petrolifero ginevrina, la più importante del mondo.
Eppure, negli ultimi due anni, la piccola e sconosciuta Philia ha ottenuto il diritto esclusivo per esportare il petrolio raffinato della Repubblica del Congo (o Congo-Brazzaville). Un diritto che ha permesso a questa società di generare una cifra d’affari di oltre 170 milioni di dollari. Il successo di Philia nel Paese africano è ambiguo. Il Congo-Brazzaville è un Paese notoriamente corrotto dove il petrolio genera l’80 per cento dei ricavi pubblici. Che si tratti di produzione o di commercializzazione, gli accordi petroliferi sono gestiti da un piccolo gruppo di persone vicine al presidente Denis Sassou-Nguesso. Conclusi nella più grande opacità i contratti sul petrolio favoriscono dei partner scelti sulla base di criteri dubbiosi. Come è possibile che Philia, società creata nel 2012, guidata da perfetti sconosciuti nel settore, abbia ottenuto il monopolio dell’esportazione del petrolio raffinato congolese generando profitti milionari?
Per saperlo occorre fare un passo indietro.
UNA LETTERA ANONIMA
Aprile 2014, Losanna. Presso la sede di Losanna dell’Organizzazione Non Governativa svizzera “Dichiarazione di Berna” viene recapitata una lettera anonima. Al suo interno un contratto petrolifero. Datato 30 maggio 2013 il documento è siglato tra la Philia SA e la raffineria di Stato congolese, la Coraf (Congolaise de raffinage), appartenente al 100 per cento alla società petrolifera pubblica SNPC (Société nationale des pétroles congolais). Il contenuto della busta è il punto di partenza per un’inchiesta approfondita condotta da questa ONG specializzata nello svelare le pratiche corrotte del commercio di materie prime. Nel corso dei mesi seguenti la misteriosa fonte, nel frattempo dichiaratasi, continua a inviare a Losanna documenti, fatture, contratti e conti bancari. Materiale che, in seguito, sarà mostrato a diversi trader e operatori della piazza ginevrina i quali ne confermano l’autenticità.
KIKI IL PETROLIERE
Il primo contratto recapitato a Losanna porta la firma dell’amministratore delegato della Coraf: Denis-Christel Sassou-Nguesso. Suo padre Denis dirige il Congo-B dal 1979 (tranne la parentesi di Patrice Lissouba tra il 1992 e il 1997). Soprannominato “Kiki il petroliere”, Denis-Christel è un amante del lusso: conduce Maserati, Bentley e Porsche e adora vestirsi bene. La leggenda narra che cambi tre camicie al giorno e che si vanti di portarle una volta sola. Poi le butta via. Non sappiamo se sia vero, ma è dimostrato dalle autorità francesi che, tra il 2005 e il 2011, Kiki ha speso quasi 500.000 euro in una famosa boutique di lusso parigina.
Sono anni che gli inquirenti francesi seguono le tracce della dinastia Sassou-Nguesso. Gli investigatori transalpini stimano che, dal 2005, il presidente e la sua famiglia, avrebbero speso in Francia almeno 60 milioni di euro provenienti dal denaro pubblico per finanziare il loro stile di vita stravagante. Se è impossibile risalire all’origine di questo denaro non vi è dubbio che questa ricchezza è generata dal petrolio, il cui controllo è gestito dal clan al potere. Una decina di anni fa un tribunale di Londra aveva già dimostrato come Kiki avesse svenduto, a proprio vantaggio, importanti quantità di petrolio ai trader svizzeri Glencore e Vitol.
PRATICHE SOSPETTE E BENEFICI MILIONARI
Pubblicata lo scorso primo marzo, l’inchiesta della Dichiarazione di Berna mostra il ruolo parassitario di Philia SA e le implicazioni di Denis-Christel Sassou-Nguesso. Kiki il petroliere è il direttore generale aggiunto della SNPC nonché amministratore generale della Coraf. Grazie a questa carica è lui che sceglie gli intermediari cui vendere i prodotti raffinati.
È lui quindi che, nel 2013, concede alla sconosciuta società ginevrina il diritto esclusivo di esportazione del petrolio raffinato in Congo-B. Si tratta di un contratto a termine, valevole tra il 1° giugno e il 31 dicembre 2013 e rinnovabile di un anno. Secondo i documenti in possesso alla Dichiarazione di Berna, Philia ha ottenuto cinque carichi di petrolio nel 2013. Grazie a ciò, semplicemente rivendendo il combustibile ad altri operatori, il mediatore elvetico ha realizzato una cifra d’affari di 140 milioni di dollari. A questo bisogna aggiungere un carico di nafta e uno di benzina leggera per un totale di altri 35 milioni di dollari di vendite. Tutto questo senza che la società pubblica congolese abbia lanciato nessuna procedura di commessa pubblica.
Il domenicale svizzero le Matin Dimancheha pubblicato un esempio di transazione sospetta. Il 15 ottobre 2013, Philia SA riceve un cargo di 43.981 tonnellate di petrolio da parte dalla Coraf. Lo stesso giorno lo rivende per 29,4 milioni di dollari a un’altra società svizzera, la AOT Trading di Zugo. AOT si occupa di trasportare fisicamente questo petrolio negli Stati Uniti dove si trova l’acquirente finale. Soltanto due mesi più tardi, il 14 dicembre, Philia Sa versa la somma su un conto dello Stato congolese trattenendo però 418.000 dollari di commissione.
Oltre ad un beneficio di quasi mezzo milione di dollari effettuato praticamente senza muovere un dito, la transazione presenta alcuni aspetti dubbiosi. Il pagamento effettuato due mesi dopo non è abituale per questo tipo di operazioni: di norma il denaro deve essere versato entro dieci giorni dopo la fornitura del carico. Grazie a questo margine di tempo favorevole, Philia può finanziarsi gratuitamente senza dovere passare tramite un credito bancario. I contratti tra la società svizzera e la raffineria statale congolese prevedono altre clausole sfavorevoli a quest’ultima. Ad esempio, Philia è autorizzata a prelevare il 2 per cento di margine delle sue operazioni, il doppio di quanto avviene di norma sul mercato.
In totale, i documenti in possesso alla Dichiarazione di Berna dimostrano che, tra maggio e novembre 2013, sono avvenute una dozzina di transazioni di questo tipo. Il beneficio totale di “commissioni” ottenuto da Philia è di 2,8 milioni di dollari.
CHI È PHILIA?
Secondo il registro di commercio del Canton Ginevra, Philia Sa ha come amministratore unico un certo Ikenna Okoli, un banchiere d’affari d’origine nigeriana residente in Svizzera. L’azionista unico di Philia sarebbe però il cittadino gabonese Jean-Philippe Amvame Ndong.
L’ONG non è riuscita a stabilire con certezza che i benefici della società elvetica siano andati a gonfiare le tasche del clan al potere in Congo-Brazzaville. Diversi elementi lasciano però ipotizzare che Jean-Philippe Amvame Ndong intrattiene delle relazioni privilegiate con Denis-Chritel Sassou-Nguesso. Diverse fonti interrogate dall’ONG hanno affermato che i due uomini sono amici e avrebbero passato diverso tempo assieme nel sud della Francia, dove Amvame Ndong ha vissuto per diversi anni.
Contattato dall’organizzazione svizzera, Amvame Ngong afferma laconico: “conosco delle persone. Tutte le persone che lavorano nel settore petrolifero congolese. Ci sono delle discussioni. È normale”. A seguito dell’inchiesta pubblicata dalla ONG Philia ha affidato ad una società di comunicazione la pubblicazione di un comunicato stampa in cui la direzione della società si dice “stupefatta e costernata dalle accuse infondate” di cui è vittima. Philia rifiuta formalmente l’insieme delle insinuazioni “probabilmente indotte in errore da un ex impiegato che aveva tentato d’ottenere dei bonus non dovuti”.
A DISCAPITO DEL POPOLO CONGOLESE
È vero, le transazioni che implicano Philia non hanno all’apparenza niente d’illegale. Resta da spiegare come mai questa sconosciuta società elvetica ha beneficiato di questi contratti particolarmente vantaggiosi in Congo-Brazzaville. Marc Guéniat, responsabile delle inchieste presso la Dichiarazione di Berna, sospetta che Philia agisca su comando di Denis-Chritel Sassou-Nguesso, permettendole d’intascare una parte dei redditi petroliferi del Congo-Brazzaville. “Per la Coraf, la scelta di Philia Sa non è fondata da criteri economici. Al contrario, la raffineria di Stato non soltanto prende dei rischi inutili ma si priva di lucrosi benefici”. Una cosa è certa: il contratto che lega Philia a Coraf avvantaggia la società svizzera a discapito della raffineria statale congolese. A fare le spese di questo genere di pratiche è, ancora una volta, il popolo congolese.
Federico Franchini
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