La Coppa d’Africa e le galere: Roberto Berardi ancora in isolamento nella Guinea Equatoriale

Speciale per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Firenze, 17 gennaio 2015

Oggi, 17 gennaio 2015, si dà il via alla Coppa d’Africa (CAN) in Guinea Equatoriale: dopo la clamorosa rinuncia in extremis del Marocco (ufficialmente a causa dell’epidemia di ebola) era stato il governo nguemista a farsi avanti per ospitare nuovamente la competizione internazionale. Addirittura, fonti molto vicine al Presidente della FIFA Sepp Blatter affermano che senza l’intervento di Obiang questa edizione della CAF sarebbe probabilmente stata cancellata.

Mentre gli occhi del mondo si posano ignari sul piccolo paese subsahariano, che ha mobilitato una macchina propagandistica e di controllo sociale molto ben rodata (dalle città di Malabo, Mongomo e Bata sono letteralmente scomparsi i più disperati, le baraccopoli rase al suolo, i percorsi per turisti e giornalisti perfettamente organizzati, gli oppositori incarcerati o fatti sparire), Roberto Berardi resta confinato in una putrida cella del Bata Central, il fatiscente carcere della città di Bata.

Detenuto da 24 mesi, in isolamento da 12, a Berardi è preclusa qualsiasi misura atta ad alleviarne la sofferente detenzione, illegale per lo stesso diritto guineano (che prevede al massimo 60 giorni di isolamento): all’imprenditore italiano si aggiungono in queste settimana decine di medici, oppositori politici, giovani universitari e persino esponenti non allineati dello stesso regime di Malabo. A lamentare un inasprimento della repressione e una nuova pesantissima stretta sui diritti umani e civili in Guinea Equatoriale è Ponciano Mbomio Nvò, legale dell’imprenditore italiano e di molti degli oppositori al regime nguemista.

Ponciano ha rivelato a un sito dell’opposizione in Spagna, Diariorombe.es, l’aumento del livello di repressione nel Paese proprio con l’avvicinarsi dell’inizio della competizione internazionale: gli Obiang non vogliono problemi e, tra l’altro, pretendono di avere gli stadi pieni. Per questo è stato lo stesso Teodoro Obiang, presidente dal 1979, a imporre alle aziende straniere in Guinea l’acquisto di biglietti per la CAN, dopo avergli dato il benservito sui pagamenti arretrati della pubblica amministrazione circa un mese fa: fu sua figlia, presidente della Camera di Commercio in Guinea, a dichiarare il governo di Malabo “insolvente” con le imprese straniere. Nelle casse mancano soldi, nonostante lo stile di vita faraonico del clan presidenziale.

Fortunatamente ci sono network che non si lasciano ingannare dal fumo negli occhi gettato dalla propaganda nguemista: persino la CNN, il giorno prima l’inizio della Coppa d’Africa, ha pubblicato sul suo sito un articolo nel quale racconta la vicenda di Roberto Berardi, il “prigioniero personale del vicepresidente Teodorin”. Vicepresidente al quale è stato chiesto un contraddittorio, ovviamente negato.

L’immagine del rampollo Teodorin è quella sulla quale si concentra maggiormente il regime: sono in molti a pensare a una prossima rinuncia (entro l’anno 2015) del padre Teodoro Obiang al “trono” di Malabo. Coprirne le vergogne, la vita dissoluta, l’ingente patteggiamento con l’anticorruzione americana (30 milioni di dollari, tra i quali ci sono quelli frodati alla società Eloba che aveva costituito proprio con Berardi, cosa che dimostrerebbe l’innocenza dell’imprenditore italiano), il carattere violento e intransigente e i metodi da “mafia nigeriana” con coloro i quali si mettono lungo il suo percorso, è fondamentale per il clan Obiang per la perpetrazione della stirpe alla guida del piccolo paese africano.

Intanto Berardi continua la sua detenzione con la dignità di chi non ha più nulla da perdere, nell’assordante silenzio della diplomazia italiana (che ieri si incensava per la liberazione in Siria delle due giovani cooperanti lombarde, dimenticando che quello è stato un lavoro di intelligence) e della stampa nazionale, che sembra voler gettare nell’oblio del carcere anche gli ultimi scampoli di professionalità.

Per Roberto Berardi restano gli amici preoccupati per sua sorte ignota: molti sono i dubbi sulla sua liberazione, una volta scontata la pena, visto l’atteggiamento sin qui mantenuto dai suoi carcerieri, che spesso gli negano persino il cibo e l’acqua senza che nessuno protesti ufficialmente con il governo di Malabo. Insomma, nella totale impunità.

Andrea Spinelli Barrile
Skype: djthorandre
twitter @spinellibarrile

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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