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Arrestati negli USA i presunti organizzatori del golpe in Gambia

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 6 gennaio 2015

I due maggiori presunti responsabili del fallito golpe in Gambia sono stati arrestati negli Stati Uniti subito dopo il loro ritorno da Banjul (capitale del Gambia).  Cherno Njie , 57 anni, originario della ex-colonia di sua Maestà, è un uomo d’affari del Texas, mentre Papa Faal,  46 anni, con doppia cittadinanza (gambiana e americana), è a capo di un gruppo, al quale fanno  parte una decina di altre persone, residenti sia negli USA, che in Germania e nel Regno Unito.

I due sono apparsi davanti al tribunale lunedì scorso. Il primo a Minneapolis (Minnesota), il secondo nella Corte distrettuale di Baltimora (Maryland). Le accuse mosse contro di loro sono pesanti: secondo il Ministero della giustizia degli USA i due avrebbero collaborato nel tentativo di rovesciare il governo del presidente Yahya Jammeh.

Eric Holder, procuratore generale degli USA, ha sottolineato: “E’ un atto che il governo degli Stati Uniti d’America condanna: cospirazione in un colpo di Stato in un Paese straniero; i due dovranno assumersi tutta la responsabilità del caso”.

L’agente del FBI, Nicholas Marshall, nel suo rapporto spiega che il piano di rovesciare Jammeh sarebbe stato pianificato on-line durante il mese di agosto 2014, con l’intento di riportare la democrazia nel piccolo Stato africano, nel quale regna l’attuale presidente, che ha preso il potere con un colpo di Stato nel 1994. Speravano, forse ingenuamente, che non ci sarebbe stato nessun spargimento di sangue, anzi, erano  convinti che le guardie presidenziali si sarebbero unite a loro. Si erano anche accordati che Njie, il maggiore finanziatore del complotto, sarebbe stato il futuro presidente del Gambia.

Il tentato golpe ha avuto luogo martedì mattina poco prima dell’alba, mentre il presidente era a Dubai. Un disertore, Lamin Sanneh e sei uomini armati fino ai denti sono entrati nel palazzo. Per alcune ore sono state sospese le trasmissioni radio e televisive nel Paese, creando il panico tra la popolazione.  “Le guardie, fedeli al presidente, hanno ucciso tre dei sei uomini armati, incluso il capo, un altro è stato arrestato”, ha raccontato un ufficiale dell’esercito, che ha aggiunto: “La situazione è sotto controllo. Polizia e  forze militari hanno ripreso possesso del palazzo presidenziale poche ore dopo”.

Una dozzina di persone, civili e militari, sospettate di aver partecipato al complotto, sono state arrestate. Altre quattro si sono rifugiate in Guinea-Bissau.

Al suo rientro a Banjul, Jameh, famoso per le sue dichiarazioni contro i gay (“Li ammazzerò tutti come zanzare”), ha sottolineato: “E’ stato un atto terroristico ad opera di dissidenti, residenti negli USA, Regno Unito e Germania e non di un golpe. Le forze armate mi sono fedeli. Nessuno può tentare un colpo di Stato, chi ci prova, è un uomo morto”.

Ban Ki-moon, segretario generale dell’ONU, ha condannato il tentato golpe e ha precisato: “ E’ inconcepibile volersi impossessare del potere in modo incostituzionale. Bisogna rispettare lo stato di diritto”.  E ha aggiunto: “Comunque occorre tener sempre presenti i diritti umani. I colpevoli devono essere giudicati con processi regolari e le indagini devono essere svolte in modo trasparente. L’ONU monitorerà la situazione in Gambia”.

Il 31 dicembre si è anche riunito a porte chiuse il Consiglio di sicurezza dell’ONU per discutere la questione del piccolo Stato africano, dove regna indisturbato da vent’anni l’attuale presidente.

Le preoccupazioni del segretario generale sono ben giustificate, tenendo conto che all’inizio di novembre Jammeh ha vietato agli ispettori dell’ONU di visitare le carceri del Paese, dove torture e uccisioni sono all’ordine del giorno.

Il 6 gennaio la TV di Stato ha annunciato la sostituzione di alcuni ministri nel governo gambiano.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail,it
Twitter: @cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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