Shebab somali sequestrano un bus in Kenya e ammazzano a sangue freddo 28 passeggeri

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Parata 1Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi

22 novembre 2014

Almeno 28 persone, 19 uomini e 9 donne, sono state ammazzate a sangue freddo questa mattina da un gruppo di integralisti somali – i sanguinari shebab filiale di Al Qaeda nell’ex colonia italiana – che, entrati in Kenya nel distretto nordoccidentale di Mandera, hanno sequestrato una corriera di linea diretta a Nairobi, con a bordo 60 passeggeri. Il bilancio rischia di salire perché tra i molti i feriti alcuni sono in fin di vita.

I sopravvissuti hanno raccontato che i miliziani, un centinaio (si sono loro stessi definiti shebab) hanno ammazzato immediatamente quattro poliziotti che viaggiavano in uniforme . Poi hanno separato i somali dai kenioti. A questi ultimi hanno fatto recitare versetti del Corano e rivolto domande sulla dottrina islamica. Chi sbagliava le risposte veniva ammazzato con un colpo di pistola alla testa. Subito dopo il massacro, il commando è fuggito verso la frontiera con la Somalia, che corre poco lontano.

Mappa manderaLo stringer di Africa ExPress a Nairobi ha raccontato che secondo le prime indagini, tra i morti c’è un piccolo gruppo di insegnanti in vacanza, che stava andando a trovare le famiglie nella capitale keniota.

L’attacco arriva dopo che le autorità keniote all’alba di lunedì scorso hanno effettuato due raid in altrettante moschee di Mombasa, Masjid Musa e Sakina, conosciute per le loro posizioni estremiste e per i sermoni che incendiano gli animi dei loro sacerdoti. Durante il rastrellamento la polizia ha sequestrato armi leggere e bombe a mano, arrestato 251 giovani radicali, alcuni ancora in carcere.

Infatti in tarda mattinata è arrivata la rivendicazione degli shehab firmata dal loro portavoce: Ali Mohamud Rage, da qualche parte all’interno della Somalia, nelle zone controllate dai ribelli: “I nostri mujaheddin hanno colpito a Mandera per vendicare l’attacco contro i nostri fratelli delle moschee di Mombasa”, c’e scritto in un documento inviato anche ad Africa ExPress.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
 

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