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Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena 13 novembre 2014
“Ebola necessita di risposte che la comunità internazionale non sarà mai in grado di garantire”, sono parole di Antony Banbury, capo della missione ONU Ebola Response (UNMEER), che aggiunge: “Abbiamo bisogno di una rete di comunicazione all’avanguardia, ospedali, reparti di isolamento e cure intensive, medici, infermieri, medicinali, personale addetto alla logistica, ingegneri, cibo, per fare qualche esempio. Inoltre ciò che rende tanto difficile la prevenzione, sono i complicatissimi test per cercare i virus nel sangue. Si perde molto tempo, perché ci vogliono macchinari da laboratorio complessi, personale specializzato, per non parlare delle misure di sicurezza per non essere contagiati. Esiste un kit che può dare il risultato in poche ore. Costa 100 dollari, ma è difficile portarlo nei laboratori mobili, nelle zone rurali”.
La situazione ebola, aggiornata al 12 novembre 2014 è la seguente:
Spagna: 1 caso
Senegal: 1 caso
USA: 1 decesso, 4 casi
Nigeria: 20 casi, 8 decessi
Mali: 4 decessi
Guinea: 1878 casi, 1142 morti
Liberia: 6822 casi, i morti sono 2836
Sierra Leone: 5368 casi e 1169 decessi
Ad oggi ci troviamo di fronte 5260 persone uccise dal virus, le ultime due in Mali.
La United States House Committee on Appropriations sta valutando la possibilità di erogare ulteriori fondi, 4,64 milioni di dollari, per combattere l’ebola nell’Africa occidentale. Mentre ulteriori 1,5 milioni dovrebbero essere a disposizione in caso di necessità, per imprevisti.
Non sarà forse perché le elezioni sono alle porte? Se ne è discusso sia al Senato sia alla Camera dei deputati a Monrovia in questi giorni. Dovrebbero svolgersi il 16 o il 30 dicembre di quest’anno; difficili da attuarsi se nel Paese resterà in vigore lo stato d’emergenza.
E ora ebola è arrivata anche in Mali. Bamako, la capitale, vive nel terrore, dopo la morte dell’infermiera che ha curato la bambina, di soli due anni, arrivata in pullman dalla vicina Guinea. Più di 90 persone tra le forze di pace dell’ONU sono state messe in quarantena.
Ezéchiel Coulibaly, direttore del villaggio SOS di Khouloum (Mali) è molto preoccupato e in una lettera scrive ad Africa ExPress: “Anche se i bambini del villaggio sono al sicuro e non sono stati esposti al virus, non sono sereno. E’ necessario arginare immediatamente il terribile, invisibile killer, prima che sia troppo tardi. Questo è un Paese che ha già sofferto molto nel recente passato, non è pronto ad affrontare un’altra emergenza. I bambini sotto i 14 anni rappresentano il 48 percento della popolazione e sono i bimbi più poveri al mondo”.
Venerdì scorso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha disposto un nuovo protocollo per il seppellimento delle persone uccise da ebola. Sostiene, infatti, che funerali non sicuri aumentano il contagio del 20 percento. Durante i riti funebri tradizionali, molte persone vengono in contatto con il defunto e anche se la persona è morta, il virus rimane attivo. La linea guida dell’OMS è stata elaborata in modo tale che vengano rispettate tutte le religioni, specie quella cristiana e musulmana, le più praticate nei tre Paesi maggiormente colpiti dall’epidemia.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter: @cotoelgyes
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