Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 6 novembre 2014
Nella Repubblica centrafricana la gente ha paura. Vive nel terrore dopo la nuova ondata di violenze scoppiate a metà ottobre. Gli sfollati sono oltre 410.000. Tutto ciò succede nel silenzio. La stampa internazionale non mostra molto interesse per sofferenze del CAR. Lo ha dichiarato durante una conferenza stampa, tenutasi a Ginevra (Svizzera) il 31 ottobre scorso, Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio dell’ONU per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). “Siamo di fronte ad un’emergenza umanitaria importante. La nuova ondata di violenza ha riportato insicurezza e timore nella popolazione e anche gli operatori umanitari sono in grave difficoltà. Dall’inizio dell’anno sono stati ben 19 gli attacchi effettuati contro le nostre equipes”, ha sottolineato Laerke.
“Migliaia di persone sono state uccise: 2,2 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari e 2,3 milioni di bambini soffrono a causa delle violenze di questa assurda guerra; molti di loro non possono ricevere un’adeguata istruzione, anzi sono in tanti che hanno dovuto interrompere il corso di studi, ha aggiunto Christopher Boulierac, portavoce dell’UNICEF, presente alla stessa conferenza stampa.
Mentre la portavoce del World Food Programme (WFP), Elisabeth Byrs, ha sottolineato con rammarico: “La situazione nel CAR è sempre più precaria. A causa della grave crisi che sta attraversando il Paese, le riserve alimentari, specie nelle zone rurali, sono scese del 70 percento. Se le violenze e gli attacchi contro il nostro personale continueranno, dovremo sospendere la distribuzione di cibo”.
Il compito di MINUSCA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic) non è certamente semplice: disarmare le varie fazioni, riportare la stabilità nel Paese, sostenere il governo di transizione per arrivare a nuove elezioni.
Una decina di giorni fa, durante la perquisizione di una casa nel quartiere di Boy Rabé, nella capitale Bangui,sono scoppiati nuovamente violenti incidenti. Militari di MINUSCA hanno appoggiato le forze dell’ordine interne (FSI) durante il loro intervento nel rione, considerato la roccaforte degli anti-balaca (gruppo sostanzialmente composto da cristiani) a Bangui e per mesi teatro di violenti scontri tra cristiani e musulmani (Seleka). Gli agenti stavano cercando un capo degli anti-balaka, un certo Andilo, sospettato di essere il responsabile di molte esecuzioni sommarie, quando un commando di tre uomini armati li ha attaccati. In loro soccorso sono intervenuti i militari di MINUSCA. Uno di loro ha puntato il fucile contro un soldato francese, ma è stato subito neutralizzato. Durante la perquisizione è stato effettuato un importante sequestro di armi e munizioni.
Tuttavia gli scontri e le sparatorie si sono protratte per tutta la giornata e i residenti del quartiere sono rimasti chiusi nelle loro case. Hanno paura che scene del genere si possano ripetere. In Centrafrica si può morire da un momento all’altro.
Sono mesi che gli abitanti di Bangui chiedono il disarmo delle bande armate. Una fonte diplomatica che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha rivelato che MINUSCA dopo forti pressioni dall’ONU ha finalmente avviato questa operazione. Perquisizioni di abitazioni e arresti di un’ottantina di persone sono stati effettuati nelle ultime settimane e continuano su più fronti in tutto il Paese.
La portavoce di MINUSCA, Myriam Dessables, in un breve comunicato di qualche giorno fa ha annunciato: “I nostri caschi blu hanno liberato 67 donne nel centro del Paese. Erano state sequestrate da milizie armate appartenenti ai Seleka che le hanno tenute in ostaggio per oltre una settimana. Grazie ad altre operazioni militari hanno ritrovato la libertà anche altre quattro donne, rapite nella capitale dagli anti-balaka. Altre azioni militari sono in corso in tutto il Centrafrica per cercare di liberare tutti gli ostaggi ancora in mano alle bande armate”.
Nella Repubblica Centrafricana si dovrebbero svolgere le elezioni nei primi mesi del prossimo anno; vista la forte instabilità e le violenze ancora in corso, anche MINUSCA, durante l’ultimo briefing politico ha suggerito al governo di transizione di far slittare questo appuntamenti così importante per il Paese di almeno sei mesi.
Cornelia I. Toelgyes
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