Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Juba, 17 settembre 2014
Dallo scoppio della guerra civile, il 15 dicembre dell’anno scorso, più di un milione e settecento mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case. Un milione e duecentomila si sono riversati nei campi dei rifugiati all’interno del Paese, mentre 500 mila sono scappati oltre i confini, in Uganda e in Etiopia.
Le condizioni di questa gente sono drammatiche. Non vogliono tornare a casa perché conoscono le condizioni precarie della situazione bellica e ora hanno bisogno di tutto: cibo, acqua pulita, assistenza sanitaria, un tetto e protezione fisica. Quest’ultima è garantita dalle truppe del contingente dell’Onu, che talvolta però devono cedere alle pressioni delle forze dell’ordine locali.
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“Ieri mattina – racconta uno dei rifugiati nel campo PoC (Protection of Civilian) 3 – E’ arrivata la polizia governativa e ha portato via un uomo che è sparito. Non sappiamo perché sia stato arrestato, né dove l’hanno portato. Viviamo nella paura e nel terrore che vengano a prelevarci uno per uno”.
Nei giorni successivi migliaia di nuer per cercare protezione si sono riversati nelle basi dove sono ospitati i militari del contingente UNMISS (United Nations Mission in South Sudan). Non solo a Juba, ma anche a Bentiu, Bor, Malakal e nelle città più piccole. Un gran numero di nuer è stato massacrato. La vendetta/risposta sui dinka non si è fatta attendere. I morti, molti dei quali uccisi a sangue freddo, sono stati migliaia da entrambe le parti e la guerra, come sempre in Africa, si è trasformata in conflitto tribale, anche se le vere motivazioni restano economiche per il controllo dei pozzi.
Che la situazione sia drammatica lo dimostra il fatto che a Juba è arrivato in visita il direttore delle operazioni della Commissione per l’aiuto umanitario e la protezione dei civili dell’Unione Europea, Jean-Louis de Brouwer: “La situazione è drammatica – ha sottolineato in una conversazione coi i giornalisti -. Non ci sono più soldi per aiutare i rifugiati e gli sfollati. Occorre che i donatori facciano la loro parte per evitare la più grande catastrofe umanitaria della storia”.
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De Brouwer ha poi snocciolato i numeri della crisi: “Sette milioni di persone son a rischio fame, e 3,9 sono già in gravi condizioni di sicurezza alimentare. L’Unione Europea – ha poi aggiunto – condanna l’assassinio degli operatori alimentari e ricorda agli attori di questa guerra gli obblighi imposti dalla legge internazionale”.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
Nel video in alto Massimo Alberizzi ieri in un campo di sfollasti a Juba, in basso il direttore delle operazioni della Commissione per l’Aiuto umanitario e la protezione dei civili dell’Unione Europea, Jean-Louis de Brouwer, durante il colloquio con i giornalisti sud sudanesi
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