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Dossier Nigeria – 2/I musulmani quasi sempre al potere: il ruolo dei militari

Speciale per Africa ExPress
Blessing Akele
Lagos, 17 luglio 2014
In Nigeria il potere, praticamente da sempre, è rimasto nelle mani delle tre maggiori etnie, con la presenza di una quarta, la edo, che gioca ruoli rilevanti per via dell’influenza intellettuale, socio-politico millenaria esercitata non solo in Nigeria, ma anche nel resto del continente. Soprattutto sono però gli hausa ad aver tenuto saldamente in mano il potere per la maggior parte del tempo. Forse per questa ragione si arrogano il diritto di occupare il posto di presidente della repubblica.

IL DIRITTO DI REGNARE

In verità i nigeriani non-hausa accusano gli hausa di sentirsi in diritto di regnare, quasi come fosse un loro privilegio soggettivo, indisponibile, che gli appartiene per nascita e provenienza. Si presentano, si atteggiano come gli “unti dal Signore”.

E l’etnia igbo in tutto questo? Dopo il 1968, ai tempi della guerra per l’indipendenza del Biafra, gli igbo sconfitti nel loro obiettivo separatista, sono stati per lungo tempo emarginati e relegati a ruoli secondari all’interno del Paese. Sempre Obasanjo ha spezzato la marginalizzazione degli Igbo con il ritorno al potere nel 1999. Comunque il presidente in carica è un igbo, delfino di Obasanjo.

E finalmente veniamo agli attacchi del gruppo terrorista Boko Haram. Già nel 1999, all’indomani dell’insediamento del governo democratico guidato da Obasanjo, vi era stato un attacco nel nord del Paese: una chiesa era stata rasa al suolo e c’erano state decine di morti e feriti. Il  fatto che un luogo di culto fosse stato bersagliato, aveva reso automatica la conclusione che si trattasse di guerra di religione tra cristiani e musulmani. Deduzione assai superficiale. Il giorno di quella strage terrorista mi trovavo a New York e ricordo che giornali e osservatori avevano avallato questa tesi.

BIANCO DALLA RABBIA

Il Presidente Obasanjo si era infuriato, come si dice da noi, bianco dalla rabbia. Un benvenuto intollerabile riservatogli dagli alleati di governo. Anche all’interno del Paese la stampa aveva rispolverato la tesi religiosa ma per poco, giacchè la realtà in Nigeria è di evidenza cristallina. Il presidente Obasanjo, conscendo i suoi alleati ed essendo lui stesso una figura di primo piano negli affari militari e della politica, è riuscito a far rientrare gli attacchi mortali nel Nord. Qualche mese dopo, faceva l’ingresso nella scena nazionale e internazionale il gruppo armato MEND. Stavolta nella ricca zona petrolifera del delta del Niger, cioè a sud.

Il MEND ha delle precise rivendicazioni sociali, che si deducono anche dal nome: “Movement for the Emancipation of Niger Delta” (Movimento per l’Emancipazione della Delta del Niger).  La sua strategia prevede il sequestro di uomini politici locali e d’affari in vista, siano essi locali o stranieri. I militanti del Mend con le loro operazioni causano morti e feriti. Ma nel caso, sono morti come dire, preterintenzionali. Non voluti ma previsti.

La realtà dei sequestri che imperversa in Nigeria tra il 2004 fin al 2008, non giova al governo che vuole stabilità sociale interna e intende mostrare all’estero la nuova veste di Paese “conducive for business”, cioè interessante per gli investimenti.  Eppure, l’amministrazione Obasanjo trova la quadratura prima di lasciare l’ufficio di Presidenza per un passare il potere al successore con il metodo democratico.

Certo, Obasanjo tenta di stralciare dalla Costituzione fresca di stampa, quella parte che prevede che il mandato presidenziale sia al massimo due volte consecutive. Dopo la seconda volta voleva la terza. Ma in parlamento e al Senato gli emendamenti e le modifiche proposte dal presidente vengono respinte. Non è difficile ipotizzare che i soldi distribuiti non sono stati sufficienti a comprare i voti. Così il suo proposito di restare al potere per un terzo mandato fallisce.

ELETTO ALLA NIGERIANA

Il nuovo presidente viene eletto “alla nigeriana” nel 2007 con una votazione che gli Ossservatori dell’OCSE, dell’UE e degli USA definiscono regolarmente “free and fair”.  Il vincitore è un uomo di etnia hausa, Umaru Musa Y’Ardua. Un fedelissimo del presidente Obasanjo che, prima della sua uscita di scena (è il 2006), lo porta negli Stati Uniti e lo presenta all’amministrazione americana.

Y’Ardua, un nome, un programma. La famiglia Y’Ardua in Nigeria ha una storia di potere politico che risale nel tempo. Y’Ardua, zio, era il braccio destro di Obasanjo ai tempi del suo regime militare quale Capo di Stato. Ma questo Y’Ardua, nipote, scelto dai poteri politici del Nord è di salute cagionevole. I cittadini nigeriani in quell’arco di tempo della sua presidenza, l’avranno visto sì e no, una decina di volte. Nel 2009, per circa sette mesi, non l’hanno proprio né visto né sentito e si mormorava che fosse morto.

Nei primi mesi del 2010, veniva annunciata la sua morte. Qualcuno ha sospettato che fosse stata tenuta nascosta per mesi, conniventi tutti i politici degli schieramenti che compongono il Parlamento, il Senato e l’Esecutivo. Secondo queste insinuazioni i nigeriani non hanno potuto essere informati sulla morte del loro presidente immediatamente dopo il decesso perché, i ndel Nord dovevano raggiungere un accordo su chi l’avrebbe sostituito. Non volevano che fosse il vice presidente Goodluck Jonathan, come sancisce la Costituzione, perché di etnia igbo.

IL FIGLIO POLITICO

Comunque Goodluck Jonathan, sostenuto fortemente da Obasanjo, figlio politico prediletto suo e del PDP (People Democratic Party, partito fondato nel 1999 tra gli altri da Obasanjo e dal suo primo vice, Atiku Abubakar, di etnia hausa), diventa presidente, sconfiggendo la resistenza da parte dei gruppi politici del nord.

Porta a termine il mandato residuo e si ricandida come presidente. Vince nel maggio 2011. Subito dopo il giuramento, Mohamadu Buhari, l’ex dittatore militare golpista, pronuncia pubblicamente in televisione (con il sangue negli occhi, come si direbbe in Italia), il suo anatema rivolto a Goodluck Jonathan: “… il nord, Allah volendo, tornerà presto al potere e intanto con l’aiuto di Allah, noi del nord faremo fuoco e fiamme per rendere il governo di Jonathan impossibile…”.

PRIMI TIMIDI ATTACCHI

Trascorsi pochi mesi dal messaggio, i timidi attacchi del gruppo terrorista Boko Haram diventano sempre più efferati. La matrice è politica non religiosa. Il nord e il nordest sono determinati per designare il detentore del potere centrale e vogliono far capire agli alleati ora al potere, come e cosa sarà Nigeria se nel 2015 il potere non tornerà nelle loro mani. A questo mirano le violenze, gli omicidi, i sequestri, le mutilazioni dei propri cittadini nel nordest.

La Federazione della Nigeria conta 36 Stati. I terroristi di Boko Haram sono attivi soprattutto in tre Stati nordorientali: Yobe, Bornu e parte di Adamawa ma recentemente hanno attaccato, sebbene sporadicamente,  anche la capitale Abuja: una sede di rappresentanza estera, gli uffici pubblici e da ultimo un centro commerciale.

La cartina di tornasole di questo intreccio politico del gruppo terrorista Boko Haram si riscontra proprio nel sequestro di quasi 300 ragazze, studentesse, si è detto, e devono essere di scuola coranica per come sono abbigliate. Per quanto si sa, si dice e si legge in Nigeria, le giovani non spiccicano una parola d’inglese e ci si chiede come avrebbero potuto sostenere l‘esame WASC, equivalente alla maturità, se non conoscono la lingua della prova.

Blessing Akele
(2 – continua)

La prima puntata del Dossier Nigeria
Boko Haram: una minaccia che viene da lontano
http://www.africa-express.info/2014/09/15/dossier-nigeria-1boko-haram-un-problema-che-viene-da-lontano/

La terza puntata Dossier Nigeria
Complicità ad alto livello, ecco la forza dei Boko Haram
http://www.africa-express.info/?p=6226&preview=true

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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