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Eritrei a Bologna: pro e contro una dittatura sanguinaria e dal pugno di ferro

Africa ExPress
4 settembre 2014
C’è una cosa su cui tutti gli eritrei sono d’accordo: Bologna è per l’Eritrea città simbolo d’indipendenza e di libertà.

“La città emiliana, infatti, dall’inizio della  guerra di liberazione eritrea dal regime etiopico, è stata al centro della solidarietà attiva di sindacati e partiti della sinistra interessati a conoscere e sostenere un movimento rivoluzionario che progettava e iniziava a costruire  un futuro indipendente, basato sull’eguaglianza sociale e sul rispetto delle diversità etniche e religiose”. Così si legge sui siti di propaganda del regime di Isayas Afewerki, i cui sostenitori hanno scelto ancora una volta Bologna per organizzare il 40° festival della diaspora.

Così invece si legge in una lettera alle istituzioni italiane scritta dai rifugiati eritrei riuniti nel Coordinamento Eritrea Democratica: “Bologna ha rappresentato un importante punto di riferimento per la diaspora eritrea durante la lotta per la liberazione dell’Eritrea. Oggi, però, il popolo eritreo patisce una dittatura riconosciuta come una delle più violente del mondo. Il governo eritreo è responsabile del genocidio del suo popolo in fuga dall’oppressione. Le centinaia di migliaia di eritrei fuggitivi nel tentativo di sottrarsi alla violenza del loro Paese che calpesta ogni diritto umano, trovano la morte nei deserti o nelle acque del Mediterraneo, come le cronache hanno reso noto. Bologna, ospitando oggi il Festival che celebra l’attuale dittatura, offende il suo passato di solidarietà e democrazia, così come il governo di Isayas Afwerki tradisce ormai da più di un decennio il suo popolo”.

Comunque la si pensi, durante la prima settimana di luglio per le strade di Bologna, gremite di turisti, la lingua predominante è stata il tigrino, perché  tanti eritrei sono venuti da tutta l’Europa per partecipare al festival del regime e tanti eritrei sono venuti da tutta l’Europa per contestarlo.

Una situazione strana e paradossale, affascinante e allo stesso tempo inquietante.

Si è scatenata una vera e propria tempesta mediatica sull’errore del Comune di Bologna che aveva concesso il Parco Nord al festival della dittatura che (come dice chi protesta) “balla sui morti di Lampedusa”.

I bolognesi, aperti, ospitali e tolleranti per natura, hanno fatto un grande sforzo per cercare di capire cosa stesse succedendo. In particolare i tassisti che facevano la spola tra l’aeroporto e il Parco Nord, abituati da tempo a vedere solo gli eritrei che ogni giorno sbarcano in fin di vita dalle carette del mare, erano confusi mentre trasportavano eritrei ben vestiti con Rolex al polso e catene d’oro al collo.

La sottile propaganda del regime, piena di colori e musica, non è riuscita comunque a conquistare i bolognesi che hanno avuto una chiara panoramica della situazione quando la città è diventata testimone del lungo corteo di rifugiati e di oppositori che, dal Parco Nord (dove avevano già fatto sentire la loro voce disperata), sono arrivati fino a Piazza Maggiore.

Una situazione pericolosa. Pericolosa per i rifugiati e per gli attivisti sempre bersaglio degli attacchi verbali e fisici da parte dei fanatici del regime e del loro servizio d’ordine. Due rifugiati sono stati picchiati con spranghe e bottiglie durante la  notte da una squadra di sei persone del gruppo filogovernativo Eriblood. Altri due sono stati investiti da auto che uscivano dal festival.

Grande imbarazzo per le Forze dell’Ordine che, rendendosi conto di quanto la situazione fosse complicata, dovevano da una parte garantire l’ordine pubblico e scongiurare incidenti proteggendo i manifestanti, dall’altra assicurare che il festival andasse a buon fine, soprattutto perché il nostro sottosegretario agli Affari Esteri, Lapo Pistelli, era reduce da un incontro con il dittatore Isayas Afewerki per riallacciare i rapporti di amicizia Italia – Eritrea.

Dopo questa grande confusione, l’unica certezza è che Bologna continua ad essere teatro delle vicende eritree ed infatti a distanza di poco più di un mese intellettuali eritrei di varie organizzazioni, attivisti per i diritti umani e simpatizzanti si sono riuniti  per un seminario di studio sulle strategie politiche rivolte alla svolta democratica in Eritrea e naturalmente anche il loro programma inizia così: “Vi aspettiamo nella storica città di Bologna per un dibattito costruttivo che possa portare a collettivamente a soluzioni concrete….”

Tutti gli eritrei che combattono civilmente e pacificamente contro il regime dittatoriale eritreo per realizzare la transizione del proprio paese verso la democrazia e la dignità sperano che ci possa essere presto un fronte unitario di opposizione forte, compatto e credibile  affinché non sia sempre e solo “l’amico” Isayas l’unico interlocutore possibile.

Africa ExPress

Nelle foto: eritrei con l’ombrello parasole con i colori della bandiera, il manifesto del coordinamento dell’opposizione eritrea, un manifesto filogovernativo, un momento dalla manifestazione contro Isayas Afeworki, un altro manifesto dell’opposizione e il dimostrante investito da un’auto.

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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