Ebola non si ferma: decine di contagiati, molti morti ma molti son guariti

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Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 1. Settembre 2014
Mentre in Africa si continua a morire di ebola, il primo paziente britannico, William Pookey, 29 anni, sta migliorando di giorno in giorno. Lo hanno riferito ai reporter della BBC i genitori del giovane, Robin e Jackie.

Pookey è stato contagiato dal terribile virus mentre lavorava in un ospedale della Sierra Leone come infermiere volontario. Con un volo speciale della RAF (la britannica Royal Air Force) è stato immediatamente rimpatriato il 24 agosto 2014 e ricoverato nell’unità di isolamento speciale del Royal Free Hospital di Londra.

Anche a Stoccolma si è temuto durante questo fine settimana per un giovane che mostrava i sintomi dell’ebola, dopo un viaggio in uno dei Paesi colpiti dall’epidemia. Di lui non si conoscono né il nome, né l’età, né lo Stato nel quale ha soggiornato prima di raggiungere la Svezia.  Attualmente è ricoverato in osservazione in un nosocomio della capitale svedese e sottoposto ai test. I primi risultati, resi noti solo poche ore fa, sembrano confortanti: le analisi finora eseguite risultano essere negative.

Si parla ovunque di ebola, nel mondo intero, e, alcuni governi – e non solo africani – stanno prendendo provvedimenti severi per proteggere la saluta pubblica. L’Arabia Saudita ha congelato tutti i visti per i lavoratori provenienti dalla Guinea, Sierra Leone, Liberia. Il ministro della salute saudita, in una conferenza stampa, ha dichiarato: “E’ stato un provvedimento necessario. Nessuno straniero può entrare nel Regno saudita proveniente dai tre Paesi più colpiti dall’ebola; chiunque arrivi dal resto dell’Africa occidentale deve poter dimostrare, con relativi certificati di laboratorio, di essersi sottoposto alle analisi del sangue e al test ebola”. Un provvedimento simile è stato già preso ad aprile per i viaggiatori della Guinea e della Liberia per l’hajj, il più grande pellegrinaggio per il mondo musulmano e che ogni anno porta oltre due milioni di fedeli in Arabia Saudita.

Mentre in Europa, nell’Occidente, di ebola si guarisce, in Africa il letale virus non tende a placarsi. I morti sono ormai 1552, i casi confermati 3069. Con 694 decessi, la Liberia registra il più alto numero di vittime, seguita dalla Guinea con 430, in Sierra Leone sono 422 e in Nigeria 6.

Da due settimane anche il Senegal ha chiuso le proprie frontiere marittime, aeree e terrestri con i Paesi dove imperversa la temibile epidemia. Malgrado ciò, pochi giorni fa è stato registrato il primo caso di ebola. Lo ha confermato la ministro della sanità Awa Marie Coll Seck alla stampa un paio di giorni fa: “Si tratta di un giovane studente universitario di Conakry (capitale della Guinea) – ha detto la signora Awa -. Il ragazzo originario di una località che si trova nei pressi  del confine con la Sierra Leone”.

“E’ stato contagiato da un suo amico, che pochi giorni dopo è morto – ha precisato il ministro della sanità della Guinea, Remy Lamah -. Abbiamo contattato la famiglia del giovane, dopo aver saputo che è stato in contatto con l’amico deceduto. Ci hanno fornito il suo numero di cellulare, che purtroppo risultava irraggiungibile. Nessuno sapeva che fosse diretto in Senegal”. Il ragazzo è ora ricoverato all’ospedale Fann di Dakar, la capitale del Senegal.

In Nigeria le persone sotto osservazione sono duecento, i morti registrati sei, ma non solo a Lagos, una metropoli con 21 milioni di abitanti. Si sono verificati casi anche a Port Harcourt, capitale del River State, lo Stato del petrolio. Il Ministro della sanità nigeriano, Onyebuchi Chukwu, ha precisato ai giornalisti: “Un uomo, venuto a contatto con Patrich Sawyer, il passeggero che proveniente dalla Liberia ha ‘importato’ il micidiale virus nel nostro Paese, ha proseguito il suo viaggio verso Port Harcourt, dove è morto. Lui e anche il medico, che lo ha seguito in ospedale.

Nella seconda città della Guinea, Nzerekore, un gruppo di manifestati, solo un paio di giorni fa ha assalito l’ospedale della città e gli operatori sanitari che ci lavorano, dopo che un équipe specializzata ha disinfettato il mercato locale. Hanno urlato a gran voce “L’ebola non esiste, è tutto una bugia” mentre cercavano di aggredire il personale medico e paramedico. Non si capisce la vera causa della rabbia della popolazione, Forse, come qualcuno ha riferito, si teme che lo spray usato per la disinfestazione contenga il virus dell’ebola.

“In Liberia l’ebola è peggio della guerra, hai paura di tutti, perché chiunque può contagiarti e ucciderti. Nessuno, bambini e staff, può uscire dal villaggio SOS”, sono le parole di George Kordahi, direttore dei villaggi dei bambini SOS in Liberia.

A Monrovia, molti ospedali e cliniche hanno dovuto chiudere dopo lo scoppio dell’ebola, perché sono in tanti i medici e infermieri deceduti a causa del terribile killer invisibile. L’unico ospedale a essere operativo 24 ore su 24 è il Centro Medico del villaggio SOS. In realtà cura pazienti con altri disturbi, ma se si presenta una persona con i tipici sintomi del virus, gli addetti avvisano il Ministero della Sanità, che provvede al suo immediato trasferimento in un centro specializzato.

In Liberia il clima è grave. Il governo ha dovuto schierare polizia ed esercito davanti agli ospedali per tenere la situazione sotto controllo. Le informazioni che giungono da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) non sono confortanti: tutto potrebbe peggiorare e gli ammalati potrebbero diventare oltre ventimila.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

 

 

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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