Renzi in Africa: business di Stato e rappresentanza di gruppi industriali

Nostro Servizio Particolare
Vincenzo Gallo
27 agosto 2014
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha inaugurato con il suo recente viaggio in Mozambico, Congo Brazzaville e Angola una serie di iniziative volte al rafforzamento della cooperazione che, stando alle dichiarazioni dello stesso Renzi, dovrebbe fornire un aumento di un punto percentuale  di PIL grazie all’export.

La delegazione governativa è stata affiancata dai rappresentanti di una ventina di imprese candidate a partecipare ad importanti investimenti di lungo periodo nel settore energetico, sicurezza, difesa e infrastrutture, tra cui spiccano ENI, Finmeccanica e Saipem. Si tratta di aree estremamente importanti non solo per una questione di approvvigionamenti di gas naturale e petrolio, ma anche perché questi paesi rappresentano un importantissimo mercato di sbocco per le imprese italiane d’eccellenza nel settore militare, in primis la Finmeccanica, ed in generale per quelle che  aspirano a conquistare quote di mercato in paesi che si sono distinti nell’ultimo decennio per tassi di crescita eccezionali.

Angola e Mozambico si sono lasciati alle spalle l’instabilità e la guerra civile e si sono candidate ad entrare nel novero delle principali economie africane in grado di attirare sempre maggiori investimenti grazie alle prospettive interessanti che derivano dallo sfruttamento delle risorse del sottosuolo[1].  Ma si tratta anche di paesi che hanno urgente necessità di adeguare  le proprie infrastrutture e di rafforzare i sistemi di difesa e di sicurezza. Le tappe africane del governo Renzi, quindi, dovrebbero mirare a fare dell’Italia un partner pronto a cogliere queste opportunità.

Energia, armi e appalti: ENI e Finmeccanica pronte ad investire

Al di là delle dichiarazioni ufficiali con cui il Presidente del Consiglio si è rivolto ai partner africani  parlando di “pace, cooperazione e investimenti” quasi nessuno dubita sulle reali motivazioni che hanno spinto il primo politico italiano, se si esclude Romano Prodi in rappresentanza dell’Unione Africana, a recarsi in visita ufficiale nel continente africano. Approvvigionamenti energetici, fornitura di armi e appalti.  Fin dall’inizio dell’incontro col presidente mozambicano, Armando Guebuza, i partecipanti, in particolare l’Amministratore Delegato di ENI, Claudio Descalzi,  hanno focalizzato l’attenzione sulla necessità di molti Paesi europei di limitare la dipendenza dal gas russo, specialmente ora che Mosca è interessata da sanzioni commerciali in questo settore.

Il colosso energetico italiano si trova in una posizione privilegiata per dialogare con il governo di Maputo. Le esplorazioni dell’ENI, infatti, hanno portato alla scoperta al largo delle coste mozambicane di un giacimento accreditato di 2.400 miliardi di metri cubi di gas naturale, una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno italiano per oltre un trentennio. Per sfruttare questa risorsa, però, il cane a sei zampe dovrà affrontare investimenti per un valore di cinquanta miliardi di dollari in sei anni in joint venture con la statunitense Anadarco[2].  L’impegno, però, è subordinato all’approvazione di un’apposita legge. La somma che ENI stanzierà, in quanto azienda a partecipazione statale, sarà prelevata anche dal bilancio pubblico.

“Stiamo gettando le basi per il futuro dei nostri figli”, ha affermato Renzi parlando di sicurezza degli approvvigionamenti energetici, ma al di là delle dichiarazioni resta da verificare se ed in che misura sarà il paese a beneficiarne o se questa operazione non si rivelerà l’ennesimo affare per le compagnie petrolifere con pesanti ricadute economiche e occupazionali per i lavoratori italiani.

Gli investimenti annunciati in Mozambico, infatti, stridono fortemente con la situazione di estrema incertezza in cui versano gli addetti della raffinazione. Emblematico è il caso dello stabilimento di Gela, che si è visto ritirare il piano di ammodernamento da 700 milioni euro[3].  Del resto, già il precedente AD di ENI, Paolo Scaroni, aveva annunciato che il gruppo puntava a dirottare risorse per rafforzare il settore Esplorazioni e Produzione all’estero  a scapito della raffinazione in Italia.

I recenti sviluppi della situazione ucraina, l’escalation di violenza in Libia e Iraq e le possibili ripercussioni sulla regolarità delle forniture energetiche potrebbero giocare a favore di questi piani e indurre la politica italiana ad accelerarne l’attuazione. Certo è che nell’immediato il paese non può assolutamente affrancarsi dalla dipendenza di queste aree a rischio. Ancora nel 2013, infatti, il 38% del gas consumato in Italia proveniva dalla Russia, il 18% dall’Algeria e l’8% dalla Libia.

Finmeccanica

Molto più agguerrita è Finmeccanica. Il gruppo, uno dei leader mondiali nel settore aerospaziale, sistemi di difesa, aereonautico e trasporti, ha fatto registrare un trend positivo nell’ultimo anno e cerca di consolidare la propria posizione sul piano globale in questi comparti attraverso la fornitura di sistemi sofisticati e all’avanguardia a nuovi acquirenti.

Galvanizzato dai recenti contratti stipulati al Salone di Farborough con cui ha piazzato elicotteri civili e militari e apparecchiature per la sicurezza per un valore di 500 milioni di euro, nonché  dai 3,35 miliardi di dollari messi a segno dalla joint venture  Alenia Aermacchi- Airbus(ATR)  per la fornitura di 139 aerei, il gruppo si è lanciato alla conquista di nuovi mercati in Africa con l’avallo del governo italiano[4].

L’AD di Finmeccanica, Mauro Moretti, ha affermato che i tre Paesi africani rappresentano delle opportunità per il futuro da non sottovalutare. In Angola, in particolare, si sono svolti in quest’occasione i colloqui con il presidente Josè Eduardo Dos Santos per il rafforzamento della cooperazione nel settore difesa. Il paese africano, il secondo produttore africano di petrolio dopo la Nigeria, è in trattativa per la sostituzione dell’intera flotta di elicotteri  ad uso civile e militare, oltre a sistemi elettronici per il controllo del territorio mediante droni e satelliti.

Allo stato attuale non si conoscono i termini degli accordi, ma le aspirazioni angolane a ricoprire un ruolo sempre più rilevante nello scenario economico e strategico africano fanno pensare a importanti sviluppi in prospettiva per le aziende italiane, tra le prime candidate a fornire materiale militare. Secondo le stime di Forecast International, la spesa militare di Luanda passerà dagli attuali 5,7 miliardi di dollari a 46 miliardi entro il 2018.

Il Paese è già stato visitato da delegazioni  italiane e dalla Marina Militare , tra cui la portaerei Cavour  e la fregata Bergamini a febbraio di quest’anno. Tra le priorità di Luanda rientra l’ammodernamento della flotta navale per aumentare la capacità di pattugliamento delle coste e della zona economica esclusiva in cui sono situati i giacimenti accreditati di sette miliardi di barili di petrolio[5].

Si prospettano contratti per diversi miliardi di dollari cui potranno partecipare aziende come Selex ES, Oto Melara, MBDA, Alenia Aermacchi,ecc.

Vincenzo Gallo
vincgallo@alice.it


[1] Renzi alla conquista dell’Arica nera, www.finanzaonline.com, 22/7/2014
[2] Renzi: Dal Mozambico gas per i prossimi 30 anni, www.ilsole24ore.com, 20/7/2014
[3] Gas: l’ENI di Renzi e Descalzi rilancia sull’Africa, ma compensare la Russia è difficile, www.ilfattoquotidiano.it, 27/7/2014
[4] Finmeccanica: semestrale in positivo, www.iltempo.it, 29/7/2014
[5] Angola: Nuovo “Eldorado” per le aziende italiane della difesa?, www.analisidifesa.it, 10/2/2014

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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