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Cornelia Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 10 agosto 2014
10 agosto 2014
Il virus ebola non arresta la sua folle corsa. I dati sono davvero inquietanti: finora 1779 persone sono state contagiate dal virus. Di queste 961 sono morte. L’Organizzazione mondiale alla sanità (OMS) precisa che solo nell’ultimo mese i nuovi infettati sono stati 815i i morti 358. Le cifre parlano chiaro e per questa ragione Margaret Chan, direttore generale dell’OMS ha dichiarato venerdì, 8 agosto 2014: “L’Ebola è un’emergenza sanitaria internazionale”. Ha inoltre precisato: “Per il momento non raccomandiamo la chiusura delle frontiere, limitazioni di viaggi o scambi commerciali con i Paesi colpiti dall’epidemia. Chiedo però la massima collaborazione della comunità internazionale per assistere con ogni mezzo possibile gli Stati così duramente provati dl virus ebola”.
Poche ore dopo la dichiarazione dell’OMS, ecco una notizia confortante che giunge dal reparto di isolamento dell’Emory University Hospital, Atlanta, dove è ricoverato Kent Brantly, il medico che colpito dal virus in Liberia è stato fatto rimpatriare negli Stati Uniti. In un breve comunicato annuncia: “Sto migliorando di giorno in giorno”.
Brantly e la missionaria Nancy Writebo erano stati trasportati dalla Liberia ad Atlanta con un volo speciale, superblindato ed ora sono sottoposti ad una terapia sperimentale con una nuova specialità farmaceutica ZMapp, non ancora disponibile in quantità sufficiente per poter essere distribuita su larga scala. Finora è stato sperimentato, con ottimi risultati, solamente sulle scimmie Rhesus.
Poche ore fa il Ministero alla sanità spagnolo ha annunciato che anche il missionario Miguel Pajares, 75 anni, rimpatriato anche lui con volo speciale, ora ricoverato nel reparto di isolamento La Paz-Carlos III di Madrid, sarà trattato con ZMapp.
Sono quasi mille i morti di ebola nell’Africa occidentale. Le popolazioni sono terrorizzate e la paura, si sa, non è un buon alleato. La scorsa settimana in Sierra Leone il presidente, Ernest Bai Koroma, ha dichiarato lo stato d’emergenza in tutto il Paese. “I distretti più colpiti, Kailahun e Kenema sono stati completamente isolati. Sedici posti di blocco fanno sì che nessuno possa entrare o uscire” ha dichiarato il capo della polizia Alfred Karrow-Kamara ai giornalisti.
Il 7 agosto 2014 la presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, ha seguito l’esempio di Koroma e anche lei, in un breve comunicato ha annunciato lo stato d’emergenza e ha chiuso le frontiere. Nella città di Weala, una cinquantina di chilometri da Monrovia, i cittadini sono contro le autorità accusate di non aver rimosso i poveri resti di persone decedute da ebola. E’ intervenuto l’esercito per disperdere i manifestanti.
La coordinatrice di Médecins sans frontières (MSF) per la Liberia, Lindis Hurum, è molto preoccupata per la situazione nel Paese. “Il sistema sanitario è al collasso – ha spiegato ai reporter della BBC -. Inoltre – ha aggiunto – i più grandi ospedali della capitali sono stati chiusi per una settimana; anche se ora sono stati riaperti, quelli in altre contee sono totalmente abbandonati al solo staff”.
Ieri il ministro alla sanità della Guinea, Remy Lamath, ha annunciato la chiusura delle frontiere con la Liberia e Sierra Leone. Comunicazione smentita in serata dalla televisione di Stato secondo cui sono state semplicemente prese delle precauzioni sanitarie ai posti di frontiera.
Cornelia I. Toelgyes
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