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Cornelia I. Toelgyes
19 giugno 2014
Il rapporto dell’Organizzazione mondiale alla Sanità (OMS), aggiornato al 17 giugno 2014, parla chiaro: i morti per contagio da ebola nell’Africa occidentale (Guinea, Liberia e Sierra Leone) sono 387. Secondo lo stesso documento sono così suddivisi:
Guinea: attualmente ci sono trecentonovantotto casi, di cui duecentocinquantaquattro accertati, ottantotto probabili, cinquantasei sospetti. I decessi sono stati duecentosessantaquattro.
Sierra Leone: novantasette casi, di cui novantadue acclamati, tre probabili, due sospetti. Fino ad oggi sono morte quarantanove persone.
Liberia: trentatré casi, diciotto confermati, otto probabili, sette sospetti. In totale hanno perso la vita quarantanove persone.
E’ la prima volta che il virus ebola si espande contemporaneamente in tre Paesi. Esperti parlano della peggiore epidemia da quando il terribile microrganismo è apparso per la prima volta a Kikwit, nella Repubblica Democratica del Congo (ex-Zaire) nel 1975.
L’OMS, in collaborazione con Medici senza Frontiere (MSF), che vanta diversi virologi di fama tra il loro staff, assiste i tre Stati interessati, formando il personale medico e paramedico per dare la migliore assistenza possibile ai pazienti contagiati dal virus killer.
Il 23 giugno i ministri alla salute della Liberia, Guinea e Sierra Leone insieme a rappresentanti dell’OMS faranno nuovamente il punto della situazione a Conakry, capitale della Guinea; discuteranno sulle misure da intraprendere per circoscrivere il contagio e la diffusione della malattia.
Per ora l’OMS non sconsiglia viaggi nei Paesi colpiti. La situazione è seria, ma non tale da dover ricorrere alla chiusura delle frontiere.
Fadela Chaib, portavoce dell’OMS ha fatto sapere in una nota che il contagio è difficile da contenere, visto e considerato che le comunità di frontiera si muovono continuamente da un Paese all’altro, sia per seguire affari commerciali o semplicemente per visite di cortesia a parenti e amici.
Il vice-ministro alla sanità della Liberia Tolbert Nyenswah, ha detto di essere preoccupato per i nuovi casi e gli ultimi sedici decessi, che porta così a quarantanove il numero dei morti.
Remy Lamah, ministro alla salute ha evidenziato durante un briefing con i componenti della commissione interministeriale creata ad hoc sul caso ebola, che la situazione è critica, è necessario individuare la catena di contagio, identificare cioè chi è venuto in contatto con chi si è ammalato.
Marc Poncin, coordinatore d’urgenza per MSF ha invece spiegato: “Il problema è diventato assai complesso qui in Guinea. Ormai il virus si è diffuso un po’ ovunque nel Paese. Solo con la stretta collaborazione e l’incessante comunicazione si può combattere il cotagio”. Infine ha confermato che la sua organizzazione continuerà a occuparsi della parte medica.
Anche in Sierra Leone i casi accertati e i morti causati dalla terribile febbre emorragica sono in continuo aumento. Due giorni fa il ministro alla Sanità, la signora Miatta Kargbo si è presentata inaspettatamente in parlamento, difendendo l’operato del suo Ministero, duramente attaccato nelle ultime settimane perché il 26 maggio 2014, durante una conferenza stampa aveva dichiarato: “Il virus ebola è arrivato nel nostro Paese perché chi è morto non ha ascoltato gli ordini del governo: vietato attraversare le frontiere. I pazienti sono morti per colpa loro, sono andati a cercasi i guai da soli”. Affermazioni pesanti che le hanno procurato una valanga di critiche.
La signora Kargbo aveva poi proseguito, senza farsi scrupoli, accusando membri del suo dicastero, con nomi e cognomi, e attaccando un’ infermiera (deceduta a causa dell’ebola) che avrebbe avuto una relazione amorosa extraconiugale con funzionario medico: “E’ morta di febbre emorragica perché l’altro era infetto. e la trasmissione è avvenuta per via sessuale e non, come qualcuno mi ha accusato, perché il mio ministero non ha fornito gli abiti di protezione necessari”.
Cornelia I. Toelgyes
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