Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
19 giugno 2014
Un’esplosione terribile. Una bomba piazzata su un motociclo a tre ruote ha scosso Damaturu, la capitale dello Stato di Yobe alle 20.15 di martedì sera, 17 giugno, davanti a un bar dove gli avventori erano assiepati per guardare la partita Messico-Brasile. I morti sono almeno ventuno, i feriti ventisette, forse anche di più. Tutti giovani uomini e ragazzini.
Lo Yobe è uno dei tre Stati nel nord-est della Nigeria dove vige lo stato d’emergenza dallo scorso anno per i continui attacchi del gruppo jihadista, Boko Haram. Per il momento l’attentato non è stato ancora rivendicato.
Abadukar Shekau, leader della setta, ha sempre predicato che il calcio è una mania degli occidentali. Dunque, bisogna combatterlo. “La musica e il calcio – aveva dichiarato Shekau in alcuni video – distraggono il musulmano dalla religione”.
Anche il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, ha spiegato alla popolazione che per motivi di sicurezza sarebbe opportuno non uscire di casa durante la trasmissione delle partite di calcio e di evitare i luoghi affollati: “Insomma, guardatevi le partite a casa vostra”, ha detto il presidente. Sagge parole, ma una buona fetta della popolazione vive in povertà, figuriamoci se può permettersi un televisore.
Non solo la Nigeria vive momenti difficili, anche altri Paesi africani sono in ansia: Etiopia, Djibuti e Kenya, Stati che hanno mandato truppe in Somalia, sono terrorizzati. Per due giorni di seguito il gruppo al-shabab ha fatto stragi sulla costa del Kenya, spargendo morte, distruzione e paura.
Il Foreign Office”ha annunciato possibili attacchi da parte degli shabab e avvertito di non frequentare luoghi affollati. Da tempo il governo britannico sconsiglia ai propri cittadini di recarsi in vacanza nella sua ex-colonia ed è proprio alla fine della scorsa settimana che il Regno Unito ha chiuso il suo consolato a Mombasa per motivi di sicurezza.
I Boko Haram continuano indisturbatamente con i loro attacchi; non si parla praticamente più delle oltre duecento ragazze rapite a Chibok durante la notte del 14 aprile. Il mondo intero aveva offerto la sua intelligence per ritrovarle. Dove sono? Chi le sta cercando? Anzi, meglio, le stanno ancora cercando? Che risposte hanno avuto i genitori? Sono passati oltre due mesi. #BringBackOurGirls si legge sempre più raramente in rete.
Più di ottanta scuole erano state chiuse nello Stato del Borno per i continui attacchi dei terroristi . Nessuno è stato in grado di proteggere vite innocenti, malgrado la massiccia presenza dei militari nei tre Stati, dove , dallo scorso anno, è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Gordon Brown porta avanti con entusiasmo questo progetto, anche perche solo pochi giorni fa un rapporto l’UNICEF ha sottolineato che in Nigeria la scolarizzazione delle ragazze è tra le più basse, se non la più bassa, del mondo. Diecimilioni e mezzo di ragazze non vanno a scuola, specie nei tre Stati Borno, Yobe, Adamawa, nel nord-est del Paese.
Questa mattina durante una conferenza stampa ad Abuja, capitale della Nigeria, Marylin Ogar , vice-direttore del “Departement State Security”, e Mika Omeri, coordinatore del “National Information Center” hanno dichiarato: “Militanti di Boko Haram hanno intenzione di attaccare la capitale con autobotti pieni di benzina ciò è emerso da rapporti dell’Intelligence. Chiediamo la collaborazione della cittadinanza. Deve essere attenta e informare le autorità nel caso in cui qualcuno avvisti un’autobotte che percorre le strade cittadine in modo veloce e pericoloso”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter: @cotoelgyes
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