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Cornelia I. Toelgyes
18 giugno 2013
Depenalizzare le droghe in Africa occidentale: tema di un meeting che si è tenuto a Dakar (capitale del Senegal) giovedì 12 giugno, organizzato dalla West Africa Commission on Drugs (WACD). Nel rapporto della WACD emerge che il giro d’affari del solo traffico di eroina nell’Africa occidentale è di 12,5 bilioni di dollari, somma che corrisponde al budget annuale di alcuni Stati messi insieme.
La WACD sottolinea che è indispensabile depenalizzare chi fa uso di droghe. Deve essere curato, trattato come una persona ammalata, non come un criminale, come avviene ora nella maggior parte dei paesi dell’Africa occidentale.
Olusegun Obasanjo, ex-capo del governo nigeriano, presidente della WACD, dichiara:”Facciamo appello ai governi affinché varino riforme in materia di droghe e dille politiche che riguardano il problema. Chi fa uso di droga non deve essere attaccato in modo violento o/e offensivo. Le pene prevista per i tossicomani vanno abbassate. Forse il reato va depenalizzato”. L’ex leader sottolinea inoltre: “Chi fa uso di droghe non ha praticamente accesso a cure e ciò facilita il contagio di alcune malattie ed espone drogati e non, un’intera generazione, ad alti rischi. Questo è diventato perciò un problema di salute pubblica. Bisogna tener conto che l’Africa occidentale non è più una zona di transito per la droga come lo fu in passato: una volta la droga arrivava qui dal Sud-America, per poi essere trasferita sul mercato europeo. Oggigiorno questa parte del mondo non solo è diventata anche consumatrice di droghe, ne produce pure”.
La commissione ha preso come esempio la Guinea-Bissau, Paese che conta solamente un milione e mezzo di abitanti, la cui instabilità è legata al traffico di droga, flagellato da conflitti tra esercito e Stato sin dalla sua indipendenza dal Portogallo nel 1974.
Nel rapporto della commissione WACD, “Non solo in transito – Droghe, lo Stato, la Società nell’Africa occidentale”, si legge: “ Raramente i detenuti migliorano, anzi, nella maggior parte dei casi, se non lo erano prima, diventano dei veri e propri criminali, oppure sono più ammalati di prima”.
Kofi Annan, ex-segretario generale dell’ONU ha commissionato questo rapporto per la stesura del quale ci son voluti ben diciotto mesi, frutto di studi e consultazioni con l’Unione Africana, l’Ufficio ONU per droghe e crimini. La psichiatra senegalese Idrissa Ba, la giudice in pensione Justice Bankole-Thompson della Sierra Leone e Pedro Pires, ex-presidente di Capo Verde, sono stati tra i più validi collaboratori..
Lo studio espone i cambiamenti politici ed economici che le Regioni dovrebbero affrontare per prevenire il traffico, la produzione e il consumo di droga, per impedire un indebolimento dello Stato e della società e della distruzione di vite umane.
Kofi Annan specifica: “La reazione della maggior parte dei governi è quella di criminalizzare chi fa uso di droga, senza elaborare un piano di prevenzione e all’accesso di cure specifiche e la disintossicazione per i tossicodipendenti. Ciò comporta sovraffollamento delle galere e il diffondersi di malattie”.
Gli autori suggeriscono agli Stati dell’Africa occidentale di trattare il problema droga come un fatto di salute pubblica piuttosto che come un crimine. E sottolineano che affrontando il problema droga, si combatte anche la corruzione nei governi, nei palazzi di giustizia, nelle forze dell’ordine, patologia ormai endemica in molti Paesi dell’Africa occidentale. Non bisogna assolutamente “militarizzare la politica della droga”, cosa che non ha prodotto nulla nei Paesi sud-americani. Anzi, attenzione, gli Stati qui coinvolti non devono diventare il nuovo fronte della guerra contro la droga, una guerra che non ha mai prodotto nulla: non ha ridotto né il consumo e tanto meno ha portato frutti nel ridurre il traffico di stupefacenti.
Cornelia I. Toelgyes
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