Nostro servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
29 maggio 2014
Un uomo di sessantatré anni è stato condannato a quattro anni di prigione per aver tenuto in stato di schiavitù la “quinta” moglie. E’ successo a Birnin-Konni, in una località nel sud-ovest del Niger, al confine con la Nigeria.
Per un’interpretazione della legge islamica locale, un uomo non può sposare più di quattro mogli. Dunque, con il matrimonio entrambe le parti sono tutelate, si devono rispettare diritti e doveri. Senza nozze ufficiali, ciò decade. Dunque la quinta moglie (che non può per legge essere sposata) diventa esclusiva proprietà del marito. Non è protetta dal diritto di famiglia.
L’organizzazione “Anti-slavery International” afferma che in Niger migliaia vivono ancora in totale stato di assoggettamento, malgrado l’abolizione della schiavitù nel 2003. Spesso le mogli non ufficiali sono ragazze giovanissime. Vengono vendute dalle famiglie ad uomini vecchi e ricchi. E’ cosa risaputa che in certi ambienti una “moglie giovane” contribuisce ad aumentare il proprio prestigio. Generalmente le ragazzine subiscono abusi di ogni genere: fisici e psicologici, a volte condannati a vita a lavori forzati dal “marito”.
Nel 2008 l’organizzazione regionale Ecowas (acronimo inglese che sta per comunità economica degli Stati dell’’Africa occidentale) aveva accusato il governo del Niger di essere incapace di tutelare le donne dalla schiavitù e ordinato che pagasse un risarcimento alle vittime.
Il caso specifico è stato sottoposto alla Corte dal partner locale di Anti-slavery International, Timidria. Timidria in lingua tamashek (l’idioma dei tuareg) vuol dire solidarietà. Riproponiamo qui due articoli con interviste di Massimo Alberizzi con un gruppo di schiave in Niger di qualche anno fa.
Sarah Mathewson, coordinatore del programma Africa di Anty-slavery International spiega: “Sembra un sogno essere arrivati al processo, figuriamoci ad una condanna”. E poi aggiunge: “son passati oltre dieci anni dall’abolizione della schiavitù in questo Paese. Abbiamo lavorato duramente tutto questo tempo per raggiungere un risultato come questo”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter: @cotoelgyes
Le foto di un gruppo di schiavi in Niger sono di Massimo A. Alberizzi
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