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Calais: “C’è la festa, sgombrate i migranti per far bella la città”

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
28 maggio 2014
Era nell’aria. Da settimane le autorità di Calais parlavano di allarme scabbia negli accampamenti dei profughi a Calais. Così ieri mattina, 27 maggio, alle ore 08.00,il prefetto di Calais, Denis Robin, ha tenuto una  conferenza stampa durante la quale ha espresso la sua preoccupazione per la situazione sanitaria degli accampamenti, ma soprattutto per quella dei migranti. “C’è la scabbia – ha detto – è fortemente contagiosa, devono farsi curare”.

schieramento poliziaschieramento poliziaUna trentina di minuti dopo, duecento uomini della Compagnie républicaine de sécurité  (CRS), gendarmi della mobile e gendarmi marittimi si sono presentati davanti agli accampamenti, chiedendo ai migranti di uscire dalle tende; sì, avete letto bene, dormono in piccole tende, messe a disposizione dagli attivisti per i migranti, in vari punti della città.

Africa ExPress ha raggiunto telefonicamente un’attivista per i diritti umani dei migranti a Calais. Ha precisato che le autorità hanno fatto un appello ai giovani, in inglese, arabo e tigrino, trasmesso tramite un altoparlante. Gli è stato chiesto di recarsi in un centro, per sottoporsi ad una doccia. E’ stato loro assicurato che avrebbero ricevuto vestiti nuovi e che nessuno di loro sarebbe stato arrestato, nessun controllo dei documenti, permessi di soggiorno e altro.

“Erano impauriti – ha raccontato l’attivista -. Non so se qualcuno sia salito su quei mezzi. Posso comunque assicurare – ha aggiunto – che lo sgombero non è stato fatto con l’intenzione di arrestarli, come è successo spesso in passato. La ragione è un’altra. La maggior parte degli accampamenti si trova in città, nelle vicinanze del porto. Il prossimo week-end è prevista una grande festa qui a Calais, che si tiene ogni anno. La “Fête Maritime”. Imbarcazioni di lusso e di ogni genere saranno presenti nel porto. Si aspettano visitatori da ogni parte. Il vero motivo, di cui nessuno ha osato parlare, è questo: la città deve essere bella, pulita, accogliente”. I migranti avrebbero potuto rovinare l’immagine della centro situato a nord della Francia, bisognava trovare un modo per smantellare i loro giacigli, privarli di quell’angolino di “focolare” per rendere presentabile la città.

Solo una cinquantina di migranti sono saliti sulle navette che li hanno portati in un centro cattolico, nella zona Marcel-Doret, dove erano presenti anche medici del PASS (un servizio dei centri ospedalieri di Calais), operatori della Croce rossa e agenti regionali di sanità per visite di controllo.

Gli altri, duecento tra africani dell’area sub-sahariana, giovani afgani, siriani, pakistani ed altri, si sono recati nel centro dove viene loro regolarmente distribuito del cibo da volontari ed attivisti, che si trova di fronte al campo della Rue Lamy, bloccando l’entrata con bidoni della spazzatura per impedire l’accesso alle forze dell’ordine.

Durante una riunione, tenutasi nel primo pomeriggio nel centro “distribuzione pasti” con una delegazione di migranti, attivisti e il rappresentante del prefetto si è arrivati ad un compromesso: fino a giovedì, massimo venerdì mattina i migranti possono restare nel centro. La prefettura è stata molto severa e decisa nel sottolineare che in futuro non avrebbero più tollerati accampamenti in città.

Ogni etnia ha, aveva, il suo piccolo accampamento improvvisato, perché i migranti, qui a Calais, sono solamente di passaggio: ogni giorno qualcuno tenta di imbarcarsi per la Gran Bretagna. Spesso non ce la fa: c’è chi viene scoperto e arrestato, c’è chi cade da qualche camion nel quale ha cercato di nascondersi. Spesso si ferisce, non di rado muore. C’è chi cerca di raggiungere il porto a nuoto. Qui, a causa delle forte maree, degli improvvisi cambiamenti meteorologici, si annega. E’ successo a Robiel l’autunno scorso. E noi di Africa ExPress siamo venuti a Calais nel novembre 2013 insieme a una parente per recuperare la sua salma.

Ora la città è “pulita”. I migranti dovranno accamparsi nei boschi, nelle campagne, dovranno diventare invisibili. Per un rifugiato la vita è dura, pericolosa ed è quasi impossibile per loro raggiungere la libertà in modo completamente legale. Le leggi in vigore non gli permettono di scegliere il Paese nel quale vorrebbe vivere.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

Le foto sono di Veronika Boutinova

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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