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Gli shebab minacciano e la paura serpeggia a Nairobi e sulla costa del Kenya

Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 23 maggio 2014
Se i bombaroli che hanno martellato negli ultimi mesi il Kenya volevano terrorizzare la gente ci sono riusciti. A Nairobi serpeggia la paura, specie dopo la minaccia degli shebab, gli integralisti islamici filiale di Al Qaeda in Somalia, lanciata ieri da Fuad Mohammed Khalaf Shongole vice del capo indiscusso degli shebab, Ahmed Abdi Godane. “Il Kenya ci ha aggredito e noi porteremo la guerra in Kenya. Per ogni ragazza somala uccisa, noi uccideremo una donna keniota”.  Il riferimento è all’invasione delle truppe keniote cominciata nell’autunno 2011 per combattere la rivolta islamica contro il governo.

Parlando a Radio Andalus, l’emittente degli shebab, Fuad Shongole ha continuato la sua filippica contro l’ex colonia britannica: “Invitiamo i musulmani kenioti di prendere le armi e combattere il loro governo”. Fuad, sulla cui testa gli americani hanno messo una taglia di 5 milioni di dollari, ha vissuto in Svezia per una decina d’anni ed è diventato cittadino svedese.

La sua minaccia ha colpito nel segno e la capitale keniota ha cambiato faccia. Il traffico di giorno – normalmente più che caotico – è sempre intenso, ma diminuito di molto. La sera, poi, si riduce spaventosamente. Con il calar del buio, prima delle sette, i supermercati si svuotano e nei parcheggi dei centri commerciali si trova comodamente posto.

Un certa paura si legge sui volti della gente: “Aspettiamo di vedere cosa succede questo weekend – sbotta un cassiere del supermercato Nakumatt, la catena più diffusa del Paese. situato nel centro commerciale Village Market, indicato come uno dei possibili target dei terroristi -. Di solito sabato e domenica siamo affollatissimi. Ora però la gente ha paura e teme un altro Westgate”.

Nello stesso centro commerciale c’è il piccolo stand di uno sciuscià, Francis: “Gli affari sono crollati, qui non viene più nessuno. Prima ero aperto fino alle 6/7 di sera. Ora vado via verso le 4, dopo quell’ora passa solo gente frettolosa che entra al supermercato, compra le sue cose e va via al più presto possibile”.

Le ambasciate occidentali (compreso quella italiana che, come Africa ExPress ha scritto più volte è ospitata in un grattacielo pericolosissimo nel centro di Nairobi) hanno lanciato avvertimenti ai loro cittadini di evitare i luoghi affollati.

In settembre il centro commerciale più moderno di Nairobi, il Westgate, è stato attaccato dai terroristi che l’hanno messo a ferro e a fuoco per quattro giorni. I morti furono ufficialmente 67 ma si sospetta che fossero moli di più, così come il numero di terroristi, quattro. Secondo alcuni quotidiani di qui, erano molti di più; alcuni riuscirono a scappare attraverso dei condotti sotterranei.

In questi mesi c’è stato uno stillicidio di esplosioni. Prese di mira chiese, mercati, ristoranti, una stazione di polizia. L’ultimo attentato venerdì scorso. Al mercato di indumenti usati di Gikomba (uno dei più grandi e famosi dell’Africa centrale e orientale) sono esplose due bombe gemelle che hanno provocato 10 morti e decine di feriti, almeno 70. Le fotografie scattate dai reporter mostrano vestiti “saltati” da tutte le parti, rimasti appesi ai fili della luce del telefono. Il primo ordigno era stato piazzato su un autobus, il secondo tra le bancarelle, due presunti terroristi sono stati arrestati sul posto.

Gli ospedali hanno lanciato appelli perché la gente donasse sangue, giacché i feriti lo perdevano copiosamente.

Nelle ore successive almeno 500 turisti sono stati evacuati dagli alberghi della costa, dalle parti di Mombasa, Bamburi e Diani, per paura di nuovi attacchi e molti tour operator britannici hanno sospeso i voli per Mombasa, la seconda città del Paese. Nelle località balneari le presenze sono crollate e i prezzi pure. I media parlano di “alto rischio”, un fattore che viene confermato confidenzialmente dai funzionari di polizia.

Il presidente Uhuru Kenyatta ha rivolto un appello ai kenioti: “Dobbiamo restare uniti per combattere tutti assieme il terrorismo”. Ha poi rafforzato le pattuglie incaricate di vigilare nei punti strategici di Nairobi, le stazioni centrali dei minibus e i centri commerciali frequentati soprattutto dagli stranieri. E’ stato ordinato ai proprietari di tutte le auto di staccare dai finestrini le pellicole oscuranti, che impediscono di vedere che sono i passeggeri.

La colpa degli attentati viene data indiscriminatamente agli shebab, che si vantano di essere la filiale di Al Qaeda nell’ex colonia italiana. Ma se l’attacco di settembre al Westgate è senza dubbio opera di un gruppo organizzato e ben addestrato come quello dei terroristi somali, sembra che gli attentati nei mercati come quello della scorsa settimana siano più opera di gruppetti di dilettanti senza grande training.

Ne conviene Mathias Mutta Nzaka, un operaio specializzato nel montaggio di pannelli solari: “Tutti parlano di estremismo islamico. No. Questi sono giovani spinti dall’estrema povertà e dalla fame. In Kenya il gap tra ricchi e poveri si sta allargando sempre di più e le conseguenze sono disoccupazione e mancanza di prospettive. In queste condizioni non è difficile capire perché i giovani si arruolano nei ranghi dell’eversione. Credere che i terroristi si battano con la forza e con le armi è sbagliato. Si combattono vincendo la corruzione, il cancro che sta divorando il mio Paese”.

E il cliente di un bar conclude con una domanda sorseggiando un the: “Secondo te dove scoppierà la prossima bomba, sabato o domenica”?

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi 

Nelle prime due foto immagini dell’attentato al mercato dei vestiti usati, poi due immagini del Village Market e infine un ristretto di Fuad Shongole 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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