Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
30 aprile 2014
Chibok, una località dello Stato del Borno, nel nord-est del colosso dell’Africa, la Nigeria, cittadina sconosciuta ai più fino al 15 aprile 2014, ora nota nel mondo intero per l’assalto ad una scuola, durante il quale sono state rapite oltre duecento ragazze. Una terribile vicenda ancora avvolta nel buio più totale. Non si sa nemmeno con certezza il numero esatto delle giovani ancora in mano ai loro rapitori e quante siano riuscite a scappare. I più accusano militanti del gruppo terrorista-jihadista Boho Haram, anche se il loro capo, Abubakar Shekau, non ha mai rivendicato il sequestro di massa.
La scuola di Chibok era una delle poche scuole ancora aperte nello Stato del Borno. Alcune settimane prima erano state chiuse ottantacinque scuole secondarie e oltre centoventimila studenti mandati a casa, perché né le autorità del Borno, né quelle del governo centrale nigeriano sono in grado di proteggere i giovani dai continui assalti dei Boko Haram. Questo istituto era aperto, perché le studentesse si stavano preparando per sostenere gli esami di fine corso.
Ieri, un esponente di spicco della comunità di Chibuk, Pogo Bitrus, parlando alla BBC, ha fatto delle dichiarazioni sconvolgenti: “Le ragazze ancora in mano ai rapitori, duecentoquaranta, sono state portate all’estero, alcune nel Ciad, altre nel Camerun e le più grandi sono state costrette a sposare militanti del gruppo Boko Haram”.
Bitrus ha concluso infine: “I militari sono stati avvisati da tempo dai residenti. Hanno persino cercato di rintracciare telefonicamente il senatore responsabile della zona. Disperati, si sono recati alle baracche di Bama, dove hanno riportato i fatti. Nessuno ha fatto nulla, o non ha fatto abbastanza. I genitori sono disperati, arrabbiati con chi avrebbe dovuto portare a casa le loro figlie da tempo”.
Il portavoce del Ministero della Difesa nigeriano, Chris Olukolade ha dichiarato al Daily Trust “Tutte le informazioni ricevute ed in nostro possesso vengono analizzate dettagliatamente, nessuna viene sottovalutata. Preghiamo affinchè le ragazze possano essere liberate presto.”
Forse non basta una semplice preghiera. Per ritrovare (e liberare) le ragazze, occorre prima di tutto volerlo veramente.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes
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