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Centrafrica, l’ONU manda le truppe, peccato che arriveranno solo a settembre

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
27 novembre 2014
Risale a sole tre settimane fa la visita lampo di Ban-Ki Moon nella Repubblica Centrafricana. Con grande preoccupazione aveva esclamato: “Qui c’è il rischio di un genocidio com’è avvenuto venti anni fa in Ruanda. Allora la comunità internazionale aveva fallito, non succederà di nuovo. Non siete soli”.

Ban-Ki Moon ha mantenuto il suo impegno. Infatti il 10 aprile 2014 il Consiglio di sicurezza delll’ONU ha approvato la missione MINUSCA (acronimo per: Missione multidimensionale delle Nazione Unite nella Repubblica Centrafricana).

Sarà composta da quasi dodicimila uomini: vale a dire da diecimila soldati e da milleottocento poliziotti. La maggior parte degli uomini di MISCA (truppe dell’Unione Africana già presente con seimila soldati, eccezion fatta per quelli del Ciad con ottocentocinquanta uomini, che hanno dovuto lasciare il paese negli scorsi giorni, perché si erano resi colpevoli per  aver usato la popolazione come scudi umani)  e quelli della missione SANGRIA (le truppe francesi presenti sul territorio con duemila unità) dovranno sottostare al commando MINUSCA.

“Sarà un’operazione complessa”, ha detto Hervé Ladsous, sotto-segretario generale per le missioni di pace ONU. “Tutte le infrastrutture sono inagibili, c’è grande difficoltà nell’agire in un paese senza sbocchi sul mare, con poche strade, e quelle poche sono dissestate e saranno praticamente impraticabili con l’arrivo della stagione delle piogge. Minusca godrà di un mandato speciale, perché si deve adattare alle circostanze sul terreno”.

Sì, Ban-ki Moon è stato di parola, peccato che MINUSCA sarà operativa solamente da metà settembre 2014. Nel frattempo, quante persone dovranno ancora morire? Chi fermerà la violenza di entrambe le fazioni, cioè dei Seleka (per lo più di religione musulmana) e degli anti-balaka (cristiani o animisti)?

Pochi giorni fa sono arrivati cinquantacinque gendarmi francesi, faranno parte del corpo EUFOR RCA (corpo di pace della comunità europea) che sarà composto da ottocento uomini e giungerà a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana a fine maggio 2014. Nel frattempo i gendarmi stanno già pattugliando alcuni quartieri della capitale. EUFOR RCA avrà compiti speciali: si occuperà della sorveglianza di aeroporti ed altri siti strategici, nonché della formazione e dell’addestramento dei soldati e della polizia locale.

“Le truppe dell’ONU arriveranno troppo tardi – spiega Moustapha Naiss, un musulmano di Bangui che aggiunge – Dovevano venire prima che iniziassero i massacri”. E una donna cristiana, Fredithaya, sostiene: “I caschi blu devono arrivare in fretta, prima che sia troppo tardi. Ci sono morti in ogni famiglia, sia cristiana sia musulmana”.

Le violenze nel CAR sono scoppiate nel dicembre del 2012. Da allora sono morti in migliaia. Duemilioniduecentomila persone (quasi la metà dell’intera popolazione del Paese) necessità di aiuti umanitari, oltre seicentocinquantamila sono sfollati e quasi trecentomila sono rifugiati nei paesi confinanti.

E malgrado l’appello alla pace di Ban-Ki Moon le atrocità non cessano. Il 19 aprile è stato ucciso un sacerdote cattolico, Christ Forman Wilibona, a Paoua, nel nord del Paese, mentre faceva rientro in motocicletta nella sua parrocchia. Pare fosse stato aggredito da pastori Fulani armati, vicini ai Seleka. Prima di sotterrare la salma, il corpo è stato mutilato.

Il vescovo, Desiré Nestor Nongo Aziagba  della diocesi Bossangoa di cui faceva parte anche Padre Wilibona, era stato sequestrato con altre due persone qualche giorno prima e poi rilasciato.

Qualche giorno dopo sono stati evacuati novanta musulmani da Bangui. Sono stati portati a Bambui, una città al centro della Repubblica centrafricana, a trecento chilometri da Bangui. L’evacuazione è stata organizzata dall’UNHCR (l’Alto Commissariato per i Rifugiati) e secondo il responsabile per il Centrafrica, Tammi Sharpe, era questa l’unica soluzione possibile.

Altri disordini si sono registrati a Grimari, al centro del Paese. Un testimona, Dimanche Ngodi, ha dichiarato all’agenzia americana Associated Press (AP) che i combattimenti sarebbero scoppiati domenica tra gruppi di cristiani ed ex membri di un gruppo ribelle musulmano. Ngodi, che era presente, ha dichiarato che le truppe francesi sarebbero intervenute, uccidendo alcuni dei combattenti. Ma tra i morti ci sarebbero anche dei civili, che non hanno partecipato agli scontri.

Il capitano Sebastien Isern, portavoce delle truppe francesi, ha commentato così l’accaduto: “Abbiamo fatto regolari controlli in città e sedato combattimenti importanti; abbiamo risposto al fuoco e neutralizzato il gruppo”.

Nella capitale Bangui ci sono stati pochi scontri negli ultimi giorni, repressi sul nascere dalle truppe francesi e/o da quelle dell’Unione Africana, anche perché la maggior parte dei musulmani che una volta vivevano a Bangui, sono fuggiti verso il nord del Paese, al confine con il Ciad. Solo uno è da registrare nei quartieri dei fedeli islamici, seppure semi deserti, alla periferia della capitale, un paio di morti e tredici feriti.

Il  26 aprile,  sono state uccise morte ventidue persone a Nanga Boguila, a circa 450 km da Bangui durante un attacco all’ospedale di Medici Senza Frontiera (MSF). Tra i morti anche tre persone dello staff locale. Gilles Xavier Nguembassa, un ex-paralmentare della zona riferisce all’Associated Press: “Un gruppo di militanti Seleka, appena entrati nella città hanno ucciso quattro persone, poi si sono diretti verso l’ospedale di MSF, dove un gruppo di capi locali stavano tenendo una riunione. Quindici di loro sono stati ammazzati”. Pare che i Seleka si fossero recati nella clinica per cercare soldi. Per ora nessun commento da parte di esponenti del gruppo.

Cornelia I. Toelgyes
Corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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