Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 25 aprile 2014
Pugno di ferro della corte di Cassazione francese contro Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorino, il figlio del dittatore della Guinea Equatoriale Teodoro Nguema Obiang Mbasogo, il più brutale e ricco sfondato dei cleptocrati africani, l’uomo che, in barba a tutte le convenzioni e tutte le promesse, tiene in carcere da quasi un anno e mezzo l’imprenditore italiano Roberto Berardi.
Guanto di velluto invece del Vaticano che ha invitato a Roma il feroce dittatore, Teodoro padre, per partecipare il 27 aprile alla canonizzazione di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII. Papa Francesco lo riceverà con tutti gli onori che si devono a un capo di Stato. Non importa che si tratti di un brutale criminale.
La suprema corte francese, con una decisione presa il 5 marzo scorso, ma resa nota solo ora (qui l’intero documento), ha convalidato la sentenza dei magistrati René Grouman e Roger Le Loire, che a suo tempo hanno sequestrato il palazzo di proprietà di Teodorino, al numero 42 della lussuosissima avenue Foch a Parigi, (sarebbe la via Montenapoleone della capitale). La confisca è legittima, perché “il bene è stato acquisito con la frode”, e quindi il palazzo può essere messo in vendita.
Un po’ quello che accade in Italia, quando viene sequestrato un bene comperato dalla mafia con mezzi illeciti o con denaro sporco. Ecco il paragone è sostanzialmente esatto.
Se i giudici d’Oltralpe sono severissimi con il capriccioso rampollo guineoequatoriale, non lo sono altrettanto quelli italiani, che forse avrebbero qualche elemento in più per agire contro la sanguinaria famiglia del tiranno. In Guinea Equatoriale dal gennaio del 2013 è detenuto Roberto Berardi, prigioniero in una fetida galera soltanto perché ha “osato” chiedere conto al figlio del dittatore della sparizione di denaro dalle casse della società comune. Tenuto in isolamento da più di cento giorni è stato picchiato e torturato così, senza motivo apparente.
Quando l’italiano si è accorto di un ammanco nelle casse, ha chiesto spiegazioni al suo socio, il quale, essendo il figlio del padre-padrone della Guinea Equatoriale, si è sentito colpito nella sua dignità regale (una volta si chiamava lesa maestà). Così l’ha portato in tribunale e l’ha fatto condannare a oltre due anni di galera (se non lo avessero condannato, quei giudici sarebbero finiti loro in carcere; così funziona da quelle parti). Tra l’altro i soldi sottratti all’Elba sono serviti a Teodorino per comprare un bel po’ di cimeli di Michel Jackson.
Qui non si tratta di invadere la Guinea Equatoriale con il battaglione San Marco o i parà della Folgore, ma piuttosto di esercitare tutte le pressioni necessarie perché un cittadino italiano non venga maltrattato in una fetente galera africana, da una famiglia di sanguinari dittatori che affamano il loro popolo. La famiglia Obiang possiede proprietà anche in Italia. Non sarebbe male un’inchiesta della magistratura per stabilire se quei beni sono stati acquisiti con corruzione e malaffare e quindi sono sequestrabili al pari di quelli di proprietà della mafia e dei capimafia.
La Guinea Equatoriale è un Paese che galleggia sul petrolio. La sua popolazione, meno di un milione di abitanti, potrebbe vivere a livello scandinavo. Invece, poverissima, è costretta a un’estrema indigenza, senza acqua potabile, servizi sanitari decenti, scuole degne di questo nome. Le royalty del petrolio finiscono tutte nei conti in banca (all’estero e forse anche in Italia) della famiglia “imperiale” che si guarda bene dall’investirli in infrastrutture sociali.
Il despota vince in continuazione le elezioni (ovviamente truccate) con maggioranze bulgare: 97/98 per cento dei voti. In alcune circoscrizioni, nell’ultima tornata elettorale ha addirittura raggiunto il 103 per cento dei suffragi.
Ma quello che francamente sorprende è che il tiranno Teodoro Obiang padre (salito al potere nel 1979 con un sanguinoso colpo di Stato contro lo zio Francisco Macìas Nguema, fatto fucilare poco dopo) è ora a Roma con la moglie Costancia.
Lo scrive con un comunicato trionfante il sito del suo governo, secondo cui il sanguinario dittatore è in Italia per partecipare in Vaticano il 27 aprile alla cerimonia di canonizzazione di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII.
C’è parecchia gente che è stata scomunicata per molto meno, invece il tiranno continua imperterrito a viaggiare e a essere ricevuto in udienze private dal papa. Di solito le persone che hanno le mani grondanti di sangue vengono allontanate dalla Chiesa. Ci faccia un pensierino il nuovo pontefice. Le galere della Guinea Equatoriale sono piene di dissidenti che vengono torturati e lasciati marcire, quando non vengono ammazzati dagli scherani del regime.
E da parte italiana non viene in mente a nessuno di appioppargli un bel travel ban, cioè un divieto di venire sul nostro territorio? In fondo un provvedimento di questo genere colpisce il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, un dittatore che al confronto di Teodoro Obiang è un ragazzino alle prime armi (nonostante abbia da poco compiuto 90 anni).
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
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Nelle foto dall’alto: papa Francesco con Teodoro Obiang padre, Roberto Berardi, una cella della Guinea Equatoriale, Teodorino Obiang, la mappa del Paese e uno slam a Malabo la capitale.
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