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Bocche cucite sulla sorte dei missionari sequestrati in Camerun: rapiti da terroristi o da criminali?

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
14 aprile 2014
Silenzio tombale sulla sorte dei due missionari italiani della diocesi di Vicenza, Gianmario Marta e Gianantonio Allegri, e della suora canadese, Gilberte Bussier, rapiti nel nord del Camerun, ai confini con la Nigeria. Nessuno parla e nessuno fa commenti: né in Italia, né in Africa. Ma ormai è chiaro che i tre religiosi sono nelle mani del gruppo terrorista Boko Haram.

In quell’area però sotto il nome di Boko Haram operano diverse fazioni: alcune estremamente religiose e radicali, altre più inclini al crimine che a terrorismo: si spera che gli ostaggi siano nelle mani di questi ultimi con cui si può sempre trattare. La loro vita sarebbe quindi meno in pericolo e sarebbe solo una questione di soldi. Se fossero invece nelle mani  dei fedeli di Allah allora la matassa sarebbe più complicata e difficile da sbrogliare.

Nigeria e Camerun da un paio d’anni hanno cominciato una sorta di cooperazione per combattere violenza e terrorismo. Un patto di consultazione per scambiarsi idee e informazioni sui problemi che attanagliano i due Paesi. Martedì scorso, esponenti dei due governi si sono riuniti a Yaounde, la capitale del Camerun. I primi punti all’ordine del giorno sono stati : Boko Haram e il rapimento dei tre religiosi prelevati la notte 4 e il 5 aprile dalla missione di Tchéré, dove erano molto attivi nel campo dell’educazione.

Sul loro sequestro la procura di Roma ha aperto un fascicolo qualche giorno fa. Ipotesi di reato: rapimento a scopo di terrorismo. La nostra ambasciata a Yaoundé e la Farnesina hanno inviato le loro relazioni al PM Sergio Colaiocco.  Non ci è dato di sapere se anche la rispettiva procura canadese abbia aperto un dossier per quanto concerne suor Gilberte.

Pochi giorni dopo il loro rapimento Radio Camerun ha annunciato il ritrovamento di un arsenale, probabilmente appartenente ai Boko Haram, nel piccolo villaggio di Kokle, nel nord del Paese: cinquemila quattrocento mitra e armi leggere. Nell’occasione sarebbero stati arrestati alcuni estremisti islamici.

Il capo del villaggio Alim Baobir è convinto che si tratti solamente di propaganda governativa. “Se ci fosse stato un arsenale nelle vicinanze, lo avrei saputo”, ha dichiarato alla Deutsche Welle (DW). Anche l’Imam Hamounde non è a conoscenza che ci siano dei detenuti islamici nella prigione di Kolofata.

Possibile propaganda governativa, possibile paura dei leader locali. Poco tempo fa – afex ne parlò in un articolo – è stato rapito dai Boko Haram un capo villaggio. I terroristi hanno minacciato di uccidere chiunque avesse anche solo cercato di recuperare  il corpo.

Secondo un rapporto dell’UNHCR a causa dei continui attacchi del gruppo terrorista negli Stati Adamawa, Borno e Yobe, nel nord-est della Nigeria, al confine con il Camerun, gli sfollati sarebbero quattrocentotrenta mila. Altre cinquantasette mila persone si sono rifugiati negli Stati confinanti. Già nel maggio scorso il presidente nigeriano Goodluck Jonathan aveva dichiarato nei tre Stati della confederazione lo stato di emergenza. Malgrado ciò gli attacchi si sono intensificati, spargendo morte e terrore tra la popolazione.

Anche le forze di sicurezza nigeriane sono state accusate da Amnesty International di non essere in grado di proteggere la popolazione e di violare continuamente i diritti umani. Molti civili vengono uccisi durante i contrattacchi delle forze regolari, non sempre fondati. Il 20 marzo scorso è stata segnalata la presenza di militanti del gruppo Boko Haram nel villaggio di Kayamla, nello Stato del Borno. I terroristi uccisero 15 civili, disarmati e innocenti.

Per non parlare di ciò che è successo dopo l’attacco dei terroristi alle baracche militari, che comprendevano anche una prigione. Quel giorno le forze di sicurezza hanno ucciso centinaia di persone, prevalentemente ex-detenuti.

Gli assalti dei militanti islamici si intensificano continuamente. Il loro scopo è quello di trasformare – almeno in parte – la Nigeria in uno Stato islamista. Infatti, tradotto liberamente “boko haram” significa: “L’educazione occidentale è peccato”. E chi pecca, nelle loro concezione fanatica e violenta, dev’essere ucciso.

L’ultimo attacco risale a stamattina, alla periferia di Abuja, la capitale della Nigeria. Nel “Nayam Motor Park”, una stazione di autobus, è stato fatto esplodere un pullman, minato con una bomba ad alto potenziale. A quell’ora del mattino, tutti i mezzi erano appena stati riforniti di carburante, dunque 24 minibus e 16 autobus di lusso, secondo il portavoce della polizia, Frank Mba, sono saltati per aria.

Secondo Abbas Idris, capo dell’agenzia “Abuja Emergency Agency” sono state uccise 71 persone e ferite 124. “L’attacco non è stato rivendicato immediatamente –  ha detto Idris – ma è ovvio che l’impronta è quella dei Boko Haram”.

Domenica, cioè ieri, i terroristi hanno messo a segno un altro attentato, proprio al confine con il Camerun, ad Amchaka. I membri della setta sono arrivati in camion, motociclette e due mezzi blindati. Hanno sparato sulla folla spaventata che tentava di scappare e poi hanno incendiato diverse case. Secondo le dichiarazioni all’Agenzia France Presse di Baba Shehu Gulumba, amministratore del governo locale, i morti sarebbero sessanta, un numero imprecisato i feriti. I miliziani folli, sempre secondo Gulumba, avrebbero distrutto anche l’unica pompa per l’acqua potabile del villaggio.

Sabato quattrocento studenti non si siano presentati agli esami di ammissione all’università in segno di protesta. Nelle ultime settimane nella regione sono state chiuse ottantacinque scuole secondarie, centoventimila ragazzini resteranno senza regolare istruzione per mesi, forse anni, perché le forze dell’ordine nigeriane non sono in grado di proteggere le scuole.

Un problema che Goodluck Jonathan dovrà affrontare in modo serio, viste anche le accuse che gli sono state rivolte da autorevoli enti internazionali.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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