Tre reporter di Al Jazeera da 100 giorni in prigione in Egitto: la loro colpa? Fare giornalismo

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Dal Nostro Inviato
Massimo A. Alberizzi
#freealstaff
Nairobi 12 aprile 2014
Vorreste i giornalisti imbavagliati così? Giornalisti con il bavaglio che riferiscono solo quello che vogliono i governi o i potentati economici?

posterNo. Credo che nessuno di voi lo vorrebbe. Eppure da oltre 100 giorni in Egitto tre giornalisti del canale in inglese di Al Jazeera – Peter Greste,  Mohamed Fahmy e Baher Mohamed – sono in prigione, accusati di un crimine che non esiste in nessun codice: fare i giornalisti.

Come se il giornalismo, cioè informare l’opinione pubblica, fosse un crimine. Il giornalismo onesto non guarda e non deve guardare in faccia nessuno. Non deve favorire gli amici e non deve criminalizzare pregiudizialmente quelli di cui si occupa. Il potere – tutti i poteri – non amano il giornalismo onesto e dalla parte dei lettori e degli spettatori e vorrebbero usarlo a loro piacimento. Trasformarlo in strumento di propaganda. Vogliono tagliare le unghie ai giornalisti sottrargli il loro ruolo di cane da guardia che difende i cittadini dall’arroganza del potere.

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Peter gresteI governanti, che non tollerano controlli e critiche,  trattano i giornalisti come potenziali nemici. Secondo loro stiamo meglio in galera.

Infatti un altro collega, del servizio di Al Jazeera in lingua araba,  Abdullah Al-Shami langue senza processo in una galera egiziana dall’agosto scorso. E da 80 giorni è in sciopero della fame.

Africa ExPress si associa all’appello rivolto al governo egiziano dai giornalisti di tutto il mondo: liberate immediatamente Peter, Mohammed, Baher e Abdullah. #freealstaff

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

Nelle foto il poster di Al Jazeera in cui si chiede a liberazione dei giornalisti in carcere e Peter Greste.

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