Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
10 aprile 2014
“E’ la peggiore epidemia di ebola che abbiamo dovuto affrontare finora. Ci vorranno due, tre, forse anche quattro mesi prima di poterla arginare. Abbiamo intensificato i nostri sforzi per combatterla, estirparla. Negli ultimi giorni sono stati attivati dei corsi speciali per il personale sanitario. Simultaneamente è stato aperto un centro operativo unico a Conakry, capitale della Guinea, in collaborazione con il Ministero della sanità per un maggiore monitoraggio della malattia. Fino ad oggi sono stati accertati oltre centocinquanta casi, compresi i morti. Centouno in Guinea, dieci in altri paesi nell’ovest dell’Africa”.
Sono queste le parole espresse dall’assistente del direttore generale dell’Organizzazione mondiale per la sanità (OMS), Keiji Fukuda durante una conferenza stampa. E, continuando, Fakuda ha voluto sottolineare la solidarietà ed il supporto dell’OMS all’organizzazione non profit Medici senza Frontiere (MSF), i cui medici gestiscono il reparto di isolamento dei malati colpiti dal terribile filovirus a Douka. MSF è stato al centro di feroci polemiche qualche giorno fa.
La folla inferocita, forse impaurita, ha accusato il personale dell’organizzazione di diffondere il virus, di averlo portato anche a Macenta, città che dista 425 chilometri da Conakry. “Il centro è stato chiuso venerdì scorso, il nostro personale è stato evacuato – ha riferito Sam Taylor di MSF all’agenzia Reuters – ma speriamo di tornare in piena attività prestissimo”, ha aggiunto.
Non appena rientrato dalla Guinea, Stephane Hugonnet, funzionario medico dell’OMS ha invece fatto sapere che l’epicentro si trova proprio nella Guinea delle Foreste. Il virus si sta spargendo un po’ ovunque nei paesi dell’Africa occidentale: Liberia, Mali, altri casi sospetti in Uganda, Sierra Leone, forse anche uno in Kenya.
Anche in Europa è scoppiata la “fobia” del virus dell’ebola. Solo qualche giorno fa la Francia ha messo in quarantena per due ore i centottantasette passeggeri e gli undici membri dell’equipaggio di un volo dell’Air France proveniente da Conakry con scalo a Nouakchott. “E’ lo stato dei bagni dell’aereo che ha fatto scattare l’allarme a Parigi”, ha raccontato un portavoce della compagnia aerea francese al quotidiano Le Figaro, che poi ha aggiunto: “Tutti i passeggeri ed il personale di bordo sono stati sottoposti ad un’accurata visita medica. Per fortuna nessuno di loro è risultato essere positivo al virus ebola”.
Alcuni Paesi hanno chiuso le proprie frontiere, anche se l’OMS non ha dato alcuna indicazione in merito. E’ giusto che nel dubbio vengano effettuati accurati controlli per evitare il diffondersi della malattia. Questo per la tranquillità di tutti, ma è altrettanto ridicolo accusare i richiedenti asilo che giungono sulle nostre coste di “importare” il virus in Italia. I profughi provengono per la maggior parte dal Corno d’Africa, non colpito da ebola. Quasi tutti sono partiti, fuggiti, mesi addietro – se non anni – prima per raggiungere la Libia e potersi imbarcare.
Il periodo di incubazione del virus ebola è di sette, dieci giorni. Dunque queste persone non saranno mai portatori di ebola. Al massimo potrebbero ammalarsi di tubercolosi, viste le pessime condizioni di vita che hanno dovuto sopportare prima di imbarcarsi. Molti di loro nel loro errare in Africa sono stati arrestati per immigrazione clandestina o perché cristiani e di origine sub-sahariana, come spesso accade in Libia.
Cornelia I. Toelgyes
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