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Cornelia I. Toelgyes
14 marzo 2014
Il riscaldamento della Terra, lieve ma costante, sta provocando una maggiore diffusione della malaria. La zanzara anofele, responsabile della trasmissione della malattia, infatti, si spinge in aree che prima le erano proibite perché troppo fredde per la sua sopravvivenza.
Ricercatori britannici e americani hanno studiato due Paesi nei quali si è registrato un aumento termico. Hanno potuto constatare che negli anni più caldi, la zanzara si è spostata in zone più elevate rispetto al livello del mare, per poi ridiscendere nuovamente nelle zone endemiche conosciute, negli anni in cui la temperature si è mantenuta ai livelli normali. Menno Bouma, lettore clinico onorario della Scuola di Igiene e Medicina tropicale di Londra, teme quindi (anzi è sicuro!) che, con il progressivo aumento della temperatura del globo terrestre, la malaria farà il suo ingresso anche nelle zone di montagna che ora le sono inaccessibili per il freddo. Saranno dunque colpite dalla malattia nuove popolazioni che ora ne sono immuni.
Le popolazioni residenti in tali aree non hanno le difese immunitarie necessarie per proteggersi naturalmente e perciò sono particolarmente vulnerabili ed esposte al parassita.
Le ricerche di Bouma e altri colleghi dell’università del Michigan (negli Stati Uniti) si sono concentrate su dati racconti ad Antioquia (regione della Colombia) e Debre Zeit (in Etiopia). Sono stati tenuti in considerazione ed esclusi altri fattori come programmi per il controllo della malaria, resistenze agli antimalarici, aumento della malattia nel periodo delle piogge. Alla fine i risultati hanno dimostrato che effettivamente le zanzare si sono spostate e con la temperatura aumentata avevano la tendenza a muoversi verso altitudini più elevate. Quando invece scendeva ai livelli di sempre, gli insetti ritornavano al loro habitat originario.
Tra l’altro gli scienziati americani e britannici suggeriscono di effettuare studi e ricerche dello stesso genere anche in altri Paesi, per avere dei risultati più precisi e attendibili.
Ma,dal fronte della malaria ci sono anche buone notizie. Annuncia Desmond Chavasse, responsabile per il programma malaria e la sopravvivenza infantile per “Population Services International”: “Abbiamo una riduzione di un terzo nell’incidenza della malattia e la mortalità dei bambini colpiti si è dimezzata. Questo – aggiunge poi – anche grazie al fatto che nelle zone sub-sahariane il quarantadue per cento della popolazione possiede ora delle zanzariere”. “Ma – conclude infine – dobbiamo stare molto attenti alle resistenze, sia per quanto concerne gli insetticidi che i medicinali antimalarici”.
A trasmettere la malaria e la zanzara femmina del genere “Anopheles”. La malattia ogni anno miete ancora oltre seicentomila vittime e colpisce quasi due milioni di persone. E provocata da un protozoo, un microrganismo parassita del genere plasmodium, che, durante il periodo della riproduzione, passa dall’insetto all’uomo quando il primo lo punge e gli succhia il sangue necessario a nutrire le uova. Il microscopico parassita è presente nella saliva della zanzara. Il maschio invece è vegetariano. La malaria è presente in gran parte dell’Africa, nel sub-continente indiano, nel sud-est asiatico, in America Latina e in parte di quella centrale. Il 40 per cento della popolazione mondiale vive in aree in cui la malaria è endemica.
Ecco cosa dice il sito del ministero della Sanità sulla malattia: “La malaria può presentarsi con sintomatologia variabile: nella maggior parte dei casi essa si presenta con febbre accompagnata da altri sintomi quali brividi, mal di testa, mal di schiena, sudorazione profusa, dolori muscolari, nausea, vomito, diarrea, tosse. La diagnosi di malaria dovrebbe essere presa in considerazione per tutti i soggetti che presentino tale sintomatologia e che abbiano soggiornato in Paesi in cui è presente la malaria. Le infezioni da Plasmodium falciparum (la specie di plasmodi responsabile della forma più grave di malaria, anche definita terzana maligna) non curate possono complicarsi con insufficienza renale, edema polmonare, coma e progredire fino al decesso”.
Cornelia I. Toelgyes
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