Katanga, gruppo armato lancia la guerra di secessione e massacra i civili

Massimo A. Alberizzi
3 marzo 2014
In Congo-K finita una guerra (si fa per dire) se ne apre un’altra e le Nazioni Unite annunciano preoccupate che sta per scoppiare una nuova catastrofe umanitaria, stavolta in Katanga. Un gruppo conosciuto come mai-mai Bakata Katanga (in swahili corrotto “secessione in Katanga”) ha attaccato diversi villaggi seminando il terrore tra la popolazione, distruggendo in tre mesi di attività (come ricorda un comunicato di OCHA, UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) 600 abitazioni e provocando la fuga di almeno 400 mila persone.

Lo stesso inviato speciale dell’ONU Ban Ki Moon in Congo-K (il nome ufficiale è Repubblica Democratica del Congo), il capo della MONUSCO (Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la stabilisation en République démocratique du Congo), Martin Kobler, ha riconosciuto che gli sforzi della comunità internazionali sono stati rivolti finora solo alle regioni orientali del Paese, lasciando le altre in balia degli eventi.
SCONFITTO L’M23
L’hanno scorso la missione delle Nazioni Unite (la più potente mai dispiegata, 26 mila uomini) ha contribuito efficacemente a battere la ribellione dell’M23 nel Nord Kivu. Ma nessuno si è curato di quello che accadeva in Katanga, la più ricca regione del Paese.Grande come la Spagna, mezzo milione di chilometri quadrati, con un sottosuolo dove è stipato un terzo delle risorse mondiali di cobalto e il 10 per cento di quelle di rame, il Katanga fa gola a tutte le compagnie minerarie. Lubumbashi, la capitale, è la seconda citta del Congo-K e subito dopo l’indipendenza dal Belgio, nel 1960, ha ospitato la sede del governo che aveva dichiarato la secessione, al comando di Moise Tshombe. Una nazione durata tre anni: nel 1963 è stata riconquistata dal governo centrale.
ATTACCO A LUBUMBASHI
Nel marzo dell’anno scorso i Mai Mai Bakata Katanga sono entrati a Lubumbashi. Nessuno ha reagito, né la popolazione, né l’esercito regolare. Si sono arresi solo dopo l’intervento dei caschi blu e 35 morti. Gli insorti operano soprattutto tra Monono, Mitwaba e Pweto dove, dallo scorso ottobre, hanno attaccato undici villaggi, distruggendoli.
Le Nazioni Unite hanno battezzato quell’area “Triangolo della Morte” anche perché lì operano altri gruppi armati e la vita umana non vale neppure un euro.
Se nelle regioni orientali del Paese il gruppo ribelle M23 è stato sconfitto, grazie soprattutto all’intervento della brigata di intervento speciale di caschi blu (FIB Force Intervention Brigades, forte di 3069 uomini, soprattutto tanzaniani e sudafricani), un altro movimento l’Allied Democratic Force che combatte contro il governo ugandese ma che si è stabilito in Congo, continua a combattere e a terrorizzare i civili. Nell’ex colonia belga, racconta sempre OCHA, gli sfollati hanno raggiunto la cifra di poco meno di 3 milioni.
RIMUOVERE LE CAUSE
Già, perché da queste parti si vincono le guerre (spesso soltanto a parole con dichiarazioni trionfali ma non sul terreno) e inoltre non si rimuovono le cause che le hanno provocate. Il presidente Joseph Kabila e il suo governo sono al potere perché hanno vinto le elezioni truccandole, come hanno spiegato a suo tempo anche gli osservatori internazionali. Hanno poi rafforzato la loro autorità appoggiandosi a famiglie che potevano garantire stabilità e ricchezza per il regime. Ovvio che gli esclusi non fossero contenti e fossero pronti a reagire.
E così è stato anche per la crisi scoppiata ora in Katanga.MAI MAI SHEKA
Ma che il governo di Joseph Kabila non sia in grado di controllare un Paese troppo vasto, con troppe etnie e dalla ricchezza spropositata che fa gola a tanti è ormai pacifico. Un altro rapporto delle Nazioni Unite informa che un’altra ondata di violenza è scoppiata nel nord Kivu, nonostante la sconfitta dell’M23 a fine del 2013 avesse fatto credere che l’area fosse pacificata.Un gruppo armato l’NDC (Nduma Defense of Congo o mai mai Sheka dal nome del capo Ntabo Ntaberizi Sheka) ha occupato da oltre una settimana una dozzina di villaggi sull’asse stradale Walikale-Masisi, a una settantina di chilometri da Goma, capitale del Nord-Kivu.OCCUPATE LE MINIERE
Secondo quanto riportato da Radio Okapi (l’emittente dell’Onu) “Sheka ha cominciato a invadere l’area a fine dicembre quando le FARDC (l’esercito regolare, Forces armées de la RDC) hanno lasciato le loro posizioni a Rubonga e Ruvungi, per ritirarsi verso Walikale”. Secondo quanto riportato i mai mai di Sheka controllano una dozzina di siti minerari di cassiterite (minerale di stagno) e di oro. Inoltre impongono ai commercianti dei mercati dei villaggi una “tassa di protezione” mensile di cento franchi congolesi, più o meno un euro. I capi dei villaggi sono fuggiti

Inoltre, tutto l’est del Paese risente delle crisi in Repubblica Centrafricana e nel Sud Sudan. Ondate di profughi hanno varcato la frontiera cercando rifugio nel Congo-K e tra i civili in fuga si sono infiltrati anche gruppi armati che stanno seminando terrore nei villaggi.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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